Ancora sull’ECM

Considerazioni in libertà sul Soggetto Responsabile della Manutenzione e non solo

  • Giugno 6, 2017
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  • Ancora sull’ECM
    Ancora sull’ECM

Prima di affrontare l’argomento del mese ritorno sui concetti riguardanti l’ECM presentati nel numero di maggio della rivista.

Infatti il convegno svoltosi il 20 aprile scorso a Napoli presso il Museo delle Ferrovie di Pietrarsa è stato una pietra miliare nel processo di riorganizzazione del sistema ferroviario a seguito dell’introduzione della figura dell’ECM.

Le posizioni di quelli che sono i più grossi players nel campo della manutenzione (per restare in Italia, Alstom, Bombardier, Hitachi, Trenitalia ed in prossimo futuro Siemens) vanno tutte nella direzione di dare sempre più maggiore forza al nuovo sistema manutentivo ferroviario.

Questo non può che farci piacere, vista l’attività che abbiamo svolto in questi anni al riguardo.

Spiace solo che il settore viario, nonostante i buoni esempi, sia praticamente fermo, non esistendo Organizzazioni europee e quindi italiane a fare da traino. Ci auguriamo quindi uno sforzo in più del Ministero dei Trasporti, da cui dipendono sia ANSF che USTIF, per fare partire anche una riorganizzazione del trasporto su gomma coerente con gli obiettivi di fruibilità, di sicurezza ed ottimizzazione del trasporto.

Ferrovie: gli investimenti che diventeranno inutili

Questo titolo, su un giornale nazionale, ha attirato la mia attenzione. Però leggendo l’articolo, dovuto alla penna di un professionista del settore (Marco Ponti – Il Fatto Quotidiano 24/05/17) e non di un giornalista qualsiasi, invece di trovare argomenti di carattere strategico sul dimensionamento e l’aggiornamento della rete ferroviaria, invece di trovare indicazioni sullo sviluppo non solo sostenibile ma omogeneo per tutta l’Unione Europea (in fondo siamo ancora in Europa), mi sono trovato di fronte a considerazioni di carattere bassamente politico ed a una esaltazione del car sharing e dei mezzi a guida automatica come panacea dei mali del trasporto.

Contemporaneamente il WTE di Genova (gestore del porto container di Genova Voltri) annunciava investimenti milionari per le gru dedicate allo scarico delle navi porta container in modo da poter operare su navi sempre più grandi e quindi con più containers.

Di colpo mi sono visto l’autostrada Genova Milano percorsa da file ininterrotte di camion con containers (già ora la situazione è pesantissima) che partono dalla Liguria per il nord.

E mi è ritornato in mente uno studio di una qualche associazione di operatori del settore che affermava che un container proveniente dall’India e diretto a Milano impiegava una settimana in meno se sbarcava a Rotterdam (Olanda) invece che a Genova.

Risparmio ulteriori considerazioni.

Ma tutto questo cosa c’entra con la manutenzione? C’entra eccome.

1. Manutenzione delle infrastrutture viarie. Abbiamo già avuto modo di illustrare i recenti problemi (crolli di cavalcavia, ponti e così via). Tutti hanno parlato dei mancati investimenti per le manutenzioni “straordinarie”, ma nessuno si è soffermato sugli aumenti delle manutenzioni “ordinarie” (e quindi dei costi), asfaltature più frequenti, rinforzi delle massicciate eccetera per fare fronte a traffici in continuo aumento (già adesso carenti) ed addirittura in aumento esponenziale se si verificassero le ipotesi di cui sopra. Questo per non parlare di inquinamenti di tutti i generi, dovuti ai carburanti, al rumore, all’usura dei pneumatici eccetera.

2.  Manutenzione delle infrastrutture ferroviarie. La maggior parte della nostra rete è centenaria e più. Se la rete non sarà in grado di fare fronte alle mutate e moderne esigenze, sicuramente la ferrovia perderà clienti.

Ma questa non è una scelta politica, è una scelta miope.

Mi limito qui a considerazioni regionali (ad esempio ricordo che un tratto del collegamento Genova - Francia è ancora a binario unico) in quanto nel resto del Paese la situazione se non brillante si presenta più variegata, basti pensare alle linee ad alta velocità e comunque più redditizie ed agli sforzi che RFI sta mettendo in campo in particolare nel settore della sicurezza. Né voglio entrare in considerazioni economiche, peraltro svolte efficacemente sullo stesso giornale in data 2 giugno dall’Amministratore Delegato delle FS.

 Per quanto riguarda la Liguria si può solo ricordare che, durante il Ventennio, in treno ci voleva un’ora e mezza per andare da Genova a Milano, ora ci vogliono mediamente 2 ore, anche con tutti gli accorgimenti del caso. In queste condizioni i costi di manutenzione per tenere in minima efficienza la rete hanno un andamento in costante aumento. E non servono alle nuove esigenze.

Basti pensare che i treni merci da Genova a Milano hanno limitazioni come dimensione, quantità e potenza dovute alla vetustà della rete, limitazioni che non possono essere eliminate con maggior manutenzione ma con nuove infrastrutture.

Gli investimenti in questa direzione quindi non sono “politici” ma necessari per la sopravvivenza di un territorio. Se al mercato si offrono infrastrutture valide, il mercato si alimenterà da solo.

Ma se colossi del trasporto come MAERSK e MSC dovessero abbandonare la Liguria per carenze di collegamenti, se ne potrebbero avvantaggiare i porti del nord Europa che almeno fino alla Pianura Padana possono contare su linee non di alta velocità ma di alta capacità, produttive ed interconnesse.

Bruno Sasso