Lo sviluppo delle attività di manutenzione è sotto gli occhi di tutti gli esperti del settore ma è ancora poco noto a troppi CEO delle varie organizzazioni per i quali, purtroppo, la manutenzione è ancora più un costo che altro.
C’è ancora un pesante problema generale di cultura organizzativa che si evince anche dalla poca conoscenza della ISO 55000.
Questo, a parere di chi scrive, deriva, infatti, dalla mancata evoluzione dal concetto di manutenzione di una entità al concetto di gestione di un Asset. Il testo della frase precedente fa capire da solo la differenza di approccio, immediatamente e senza alcun dubbio. Mentre la prima attività – manutenzione di una entità – è orientata all’oggi, la seconda – gestione di un Asset – abbraccia un periodo di tempo molto più lungo (definizione specifiche, controlli in corso di fornitura, gestione per il periodo del costo del ciclo di vita). Come ben noto questo non è un gioco di parole, ma è, a costo di sembrare pedante, il nocciolo della questione. Mentre, infatti, la manutenzione di una entità può essere un duraturo e continuativo stato – il presente – della situazione attuale (non conta in questo senso che si passi da entità acquistate e gestite con predittiva o meno, la manutenzione predittiva è un’ottima metodologia ma da sè non costruisce futuro), la gestione di un Asset contiene per definizione il futuro, poiché in questo secondo caso il manutentore (dovremmo dire invece il gestore dell’Asset, se utilizziamo la ISO 55000!), partecipa attivamente alle scelte sul futuro del sistema produttivo dell’organizzazione e non fornisce soltanto un servizio. Questo passaggio riguarda naturalmente processi di gestione del budget e del potere nelle organizzazioni, che non sono definibili metodologicamente perché evidenze puntuali di ogni specifica organizzazione. Per quanto riguarda invece la parte che si può proceduralizzare, e che quindi vale la pena di trattare in questa sede, si tratta di passare dai dati alla conoscenza applicata ovvero la saggezza (Wisdom).
La saggezza applicata non è la ricerca di persone sagge da assumere (!?), come ovvio e giocandoci un po’, ma la costruzione di un sistema di gestione della conoscenza K.M. (Knowledge Management).
Il sistema K.M. deve operare a livello:
- di individuo, favorendo lo sviluppo delle competenze; di team/gruppo favorendo lo scambio delle competenze e l’organizzazione di momenti formativi anche interni;
- di organizzazione strutturando la memoria organizzativa: su sistemi cartacei, sulla intranet, nei corsi e‐learning, utilizzando la realtà aumentata, ecc…;
- di rete di fornitori favorendo uno scambio di competenze aperto, tra i dipendenti;
- dei rapporti basati sulla conoscenza degli addetti dell’organizzazione cliente con gli addetti delle ditte fornitrici, poiché non si tratta soltanto della fornitura di qualcosa di chiuso;
- di area di mercato/competenza specifica, ma non in contatto diretto con l’organizzazione, poiché si deve continuare a ricercare anche al di fuori dei rapporti con i fornitori del momento. Questa è una delle molle principali per innovare (exploration 1);
- nella competenza generale relativa all’ambito operativo attuale e soprattutto futuro dell’organizzazione, che si può desumere da tutte le relazioni che le persone dell’organizzazione hanno nella loro vita fuori dal lavoro. Tali contaminazioni possono rientrare nell’organizzazione soltanto se si costruisce per le persone un clima culturale che favorisce questo approccio (exploration 2).
La nuova manutenzione, in una qualunque organizzazione, deve essere quindi una entità molto evoluta che è in grado umanamente di operare ma, nel contempo:
- di capitalizzare la conoscenza che produce;
- che è in grado di raccogliere nuova conoscenza;
- che trasferisce conoscenza nella(e) rete(i) organizzativa(e) nella quale è inserita; che è in grado di cogliere segnali anche al di fuori della rete di contatti anche attraverso le esperienze personali delle persone che la costituiscono.
La nuova manutenzione deve essere in altre parole una fabbrica di conoscenza. Parola bellissima ma difficile da applicare. Non si tratta, senza pensare di essere esaustivi, soltanto di effettuare al meglio le manutenzioni, raccogliere dati, trasformare i dati in conoscenza, effettuare corsi di formazione, certificare gli operatori, far partecipare la manutenzione alla costruzione dei capitolati d’acquisto delle entità, far partecipare i manutentori ai processi di costruzione dell’Asset acquistato prima che entri in funzione, far lavorare insieme (non solo a livello operativo) manutentori e gestori delle entità in produzione, utilizzare modelli di acquisto basati sul Life Cycle Cost con misura del Life Cycle Assessment provocato dalla nuova entità, monitorare il Total Cost of Ownership e disponibilità dell’entità ma, di più, di rendere tutte queste attività armoniche tra loro, umanamente integrate (infatti questa integrazione non può essere naturale, cioè che avviene da se, ma deve essere progettata e sostenuta con molta energia da tutti i livelli di management dell’organizzazione), in un contesto strategico più ampio nel quale si comprenda, per davvero e nonin modo episodico, che in tutte queste attività si tratta sempre di costruire dal passato per il futuro, operando nel presente, lo sviluppo della memoria organizzativa, non solo quindi delle persone ma dell’organizzazione nel suo complesso. La conoscenza affidata soltanto alle persone purtroppo è molto volatile e può essere perduta molto velocemente.
Le tecnologie: e‐learning, intranet, manutenzione 4.0, realtà aumentata; naturalmente sono supporti decisivi per questo sviluppo, ma quello che conta di più è realizzare una orditura di queste tecnologie con le persone perché sia davvero presente nell’organizzazione un contesto ove la conoscenza sia il vero valore e permetta di sviluppare le performance dell’organizzazione.
Per una qualunque organizzazione della manutenzione avere a disposizione ad esempio: un sistema informativo della manutenzione, e quindi tanti dati, sistemi di gestione della manutenzione predittiva per un certo numero di entità; non significa nulla se questa organizzazione non è poi in grado di trarne informazioni e quindi saggezza, da rendere – questa conoscenza – parte di un sistema di gestione del futuro.
Queste informazioni (i dati elaborati) devono servire per ottenere, oltre che il miglior funzionamento dell’entità tecnica in uso (che comunque rimane l’obiettivo primario), anche la conoscenza per definire eventuali altre entità tecniche, che debbano essere acquistate in futuro dall’organizzazione, per realizzare gli obiettivi di lungo periodo definiti.
In questo processo l’organizzazione (nel suo complesso e con effetti sull’area manutenzione, scusate... gestione Asset!) deve essere in grado di definire le competenze necessarie in futuro e costruire le condizioni per poterle implementare per gli addetti che in futuro dovranno gestire questi Asset.
Si può dire che tutte queste considerazioni sono ben sommarizzate da due concetti di base della linee guida ISO 55002:
“La gestione degli Asset è una parte integrata con la gestione manageriale dell’impresa che ha precise strutture prescritte (ndr cioè definite proceduralmente e strutturate a livello di sistema). Essa deve essere centrata e risultare da: 1 - obiettivi generali dell’organizzazione; 2 - piani generali dell’organizzazione.”
Quindi in modo molto diretto si afferma, in questa linea guida, che le attività di manutenzione, ovvero più correttamente di gestione Asset, sono una parte integrante dello sviluppo più generale dell’organizzazione.
L’unico modo per ottenere questo risultato, però, è operare sulla conoscenza, la vera risorsa critica delle organizzazioni tanto fondamentale quanto intangibile.
Andrea Bottazzi, Responsabile Manutenzione Automobilistica, Tper Spa