A livello didattico, correttamente la manutenzione è rappresentata come un processo nel quale più attori interagiscono a comporre un insieme coerente di azioni che, seguendo procedure definite, concorrono al mantenimento in efficienza dei beni durante la loro vita utile.
Un vecchio problema
Tuttavia la realtà risulta più complessa rispetto ai modelli teorici, e molti buoni progetti “cadono” a causa della difficoltà, riscontrate dagli attori di cui sopra, di comunicare correttamente necessità e informazioni. Ciò dà vita a soluzioni non ottimali che rendono problematica, quando non del tutto impossibile, la raccolta formalizzata di dati, che rappresenta l’elemento indispensabile per l’analisi dei fenomeni e in definitiva per il maintenance management.
I fenomeni evidenziati nel tempo sono sostanzialmente tre:
1. Tante volte si sono indicati i sistemi informativi di manutenzione quali strumenti idonei a coprire i relativi processi, purché… semplici da usare, configurabili, sufficientemente adattabili ai processi stessi. Diverse volte però la “rigidità” imposta dai software ha creato reazioni di rigetto con il risultato di una copertura molto, molto parziale, ossia mantenendo in vita quei canali tradizionali (telefonate, email, messaggistica privata) paralleli e non intercettabili dal flusso di comunicazioni formalizzate.
2. Anche le maschere di inserimento dati, per quanto ottimizzate rispetto alle competenze dei manutentori e degli altri utenti, impongono in sé modelli che dichiaratamente mirano a ridurre/eliminare i campi note, dai quali l’estrazione di informazioni utili all’analisi successiva risulta difficile se non impossibile.
3. Sovente, i CMMS impiegati risultano o troppo mirati ad uno specifico ambito di utilizzo, e dunque poco adattabili all’applicazione per altri asset (si pensi ad un software dedicato alla manutenzione di flotte, non sempre estensibile al facility management o al plant management), o - viceversa - orientati ad una gestione più amministrativa che tecnica, con centri di costo gerarchizzati in maniera completamente differente e con scarsa analiticità sui dati tecnici.
In tutti i casi si è in presenza di un fenomeno comune, ossia la scarsa inadeguata adattabilità dello strumento software ad utilizzare il linguaggio naturale e modelli “umani” di interazione.
Una nuova soluzione
Fermo restando che un CMMS, a copertura dei processi, è indispensabile soprattutto in presenza di dimensioni “industriali”, in ambiti come quello trasportistico un’ulteriore classe di strumenti può essere efficacemente introdotta e in alcuni casi anche in sostituzione dei primi.
In questo settore infatti le comunicazioni avvengono tradizionalmente fra soggetti eterogenei, facenti parte di organizzazioni diverse. Si pensi al caso ferroviario, in cui la produzione di dati di manutenzione avviene a cura di costruttori, dei soggetti responsabili di manutenzione, di officine, di detentori e non ultimo di utilizzatori.
In tutti questi casi il rischio è quello di una comunicazione non strutturata mediante gli strumenti citati sopra, che nella migliore delle ipotesi, se intercettata, va a popolare fogli di calcolo esterni rispetto al CMMS, ma che in generale rimane quale conoscenza distintiva di singoli operatori.
Occorre dunque uno strumento che integri i metodi di comunicazione sopra citati, che consentono l’utilizzo del linguaggio naturale attraverso l’interazione con uno strumento di “chat”.
Ciò permette agli attori del processo di collaborare in modo “intuitivo, rapido e social”, organizzando la comunicazione destrutturata, tracciando in ogni caso le attività e raccogliendo/ diffondendo le informazioni.
Gli strumenti sono appunto quelli dei social network: i post, i commenti, l’indirizzabilità delle comunicazioni, la possibilità di trasmettere file, audio e immagini.
Qualora correttamente configurato per la copertura dei flussi già previsti dai processi di manutenzione, uno strumento siffatto è in grado di estrarre quantitativi di dati potenzialmente molto superiori rispetto ai semplici campi obbligatori di un CMMS.
Ciò è reso possibile dall’utilizzo del cloud e degli strumenti di calcolo forniti dai grandi “big” mondiali, che si avvalgono ormai tutti di algoritmi di machine learning per la individuazione dei fenomeni di principale interesse e, successivamente, per l’evidenziazione di eventuali fenomeni di degrado. La stessa reportistica risulta potenzialmente molto più completa.
Soprattutto in presenza di strutture di post vendita non organizzate su scala industriale, o di soggetti responsabili di manutenzione che gestiscono parchi poco numerosi, la necessità di contenere e mirare gli investimenti suggerisce di orientare gli stessi verso questo tipo di soluzioni.
Alessandro Sasso, Presidente ManTra, Coordinatore Regionale A.I.MAN. Liguria