Continuous Improvement e Manutenzione 4.0 nel settore plastico

Intervista esclusiva a Fermo Zolli, Responsabile Manutenzione ed Energy Manager di Taghleef Industries

  • Febbraio 3, 2020
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Taghleef Industries produce, in tutto il mondo, film in polipropilene biorientato. Fermo Zolli ha raccontato a Manutenzione T&M le dinamiche di un gruppo all’avanguardia, nel quale l’elevato livello di automazione degli impianti ha spesso anticipato molti dei principi oggi in voga in ambito Industria 4.0.

 

Sig. Zolli, il Gruppo Taghleef è nato formalmente nel 2006, con la fusione di tre aziende situate tra Egitto e Penisola Arabica. Poi si è esteso rapidamente in Europa e nel resto del mondo (nel 2008 in Italia). Ci può raccontare brevemente la storia del gruppo e della sua filiale italiana?

Dopo la sua fondazione, il Gruppo Taghleef Industries si è espanso a livello globale raggiungendo una capacità produttiva installata di 500.000 tonnellate annue. Attualmente possiede 11 stabilimenti produttivi nei seguenti paesi: Emirati Arabi, Oman, Italia, Ungheria, Spagna, Australia, Egitto, USA, Canada, Colombia e Messico. Questi ultimi due rappresentano la più recente acquisizione di inizio 2019.

Vendiamo i nostri prodotti in oltre 120 paesi nel mondo, siamo oltre 2.700 persone, abbiamo 6 centri di ricerca e sviluppo di eccellenza e 6 brand unici.

Il sito italiano [San Giorgio di Nogaro, in provincia di Udine, ndr], fondato nel 1989, assieme al sito ungherese acquisito nel 2001, formavano il Gruppo Radici Film che in quegli anni ricopriva la posizione di terzo più grande produttore di film in BoPP a livello europeo.

Quali sono i prodotti, i settori e i mercati principali ai quali si rivolge principalmente Taghleef Industries?

Taghleef Industries produce film in polipropilene biorientato (PP) destinati all’imballaggio di prodotti alimentari, alla produzione di etichette e ad applicazioni industriali o arti grafiche. L’investimento nella ricerca e nello sviluppo tecnologico ha permesso all’azienda di ampliare la propria offerta includendo film all’avanguardia e di alta qualità. Taghleef Industries fornisce infatti dei prodotti innovativi e risponde alle esigenze del mercato nazionale e internazionale, con un occhio di riguardo alla sicurezza dei consumatori finali: protezione alimentare (ad esempio barriere agli oli minerali), attenzione alla riciclabilità (economia circolare) e sostenibilità. Inoltre, dal 2010, lo stabilimento italiano produce film compostabili in PLA (acido polilattico) che rappresentano una soluzione sostenibile derivante da risorse rinnovabili, come per esempio il mais.

In che cosa consiste nello specifico invece il suo doppio ruolo di Responsabile di Engineering e Manutenzione ed Energy Manager? Da quanto tempo svolge quest’incarico?

Sono in azienda fin dalla sua creazione nel 1989 ed ho così avuto la fortuna di poter seguire direttamente tutti i progetti tecnici e le varie costruzioni ed installazioni. Ho quindi partecipato attivamente alla fase iniziale di vita dell’azienda, fin da quando eravamo veramente in “pochi gatti”, così tra le altre cose ho potuto anche creare progressivamente l’organico di manutenzione,scegliendo autonomamente le persone.

La fase di sviluppo dell’azienda è stata molto veloce, con l’installazione mediamente di una nuova linea di produzione ogni 18 mesi circa. Il tempo quindi per organizzarsi nei primi anni era veramente poco. Era imperativo creare dei sotto reparti, meccanico, elettrico, automazione, magazzinoe servizi generali. Questo ha permesso a me di dedicarmi di più agli altri miei compiti.

L’ingegneria in primis, che occupa molto delmio tempo perché il nostro mercato è in continuo fermento e adeguare gli impianti alle nuove richieste è fondamentale. Infine, l’energia: siamo un’azienda fortemente energivora, come un po’ tutto le aziende del settore plastico. Ricopro il ruolo di Energy Manager aziendale fin dall’uscita della legge di riferimento, nel 1991.

Ci può dire come sono cambiate nel tempo in percentuale le tipologie di intervento manutentivo da voi effettuate (a guasto,  preventiva, predittiva ecc.)?

Abbiamo molti impianti altamente automatizzati, a significare chespesso è l’impianto a chiamarci per l’esecuzione di una parte degli interventi. La manutenzione preventiva è ridotta, si fa per dire, alle sole parti di consumo, come filtri e cinghie ad esempio. Poi c’è tutta la parte delle manutenzioni cogenti (es. molti carriponte, bruciatori, chiller, compressori, sistemi di rilevazione e di spegnimenti incendi), delle manutenzioni alle componenti di sicurezza oppure quelle richieste dai manuali dei costruttori. Tutte queste cose ci sono da sempre, unitamente ovviamente alla manutenzione correttiva. Non è quindi cambiato molto nel tempo.

L’impegno della manutenzione cresce sempre di più e diventa sempre più difficile riuscire a soddisfare tutte queste cose. Lo spostamento verso produzioni sempre più speciali e value added, influiscono moltissimo sulle ore uomo dedicate all’attrezzaggio degli impianti, rubando categoricamente tempo prezioso da dedicare alla manutenzione.

Da una parte la necessità di contenere i costi fissi, dall’altra i problemi a reperire nuovo personale o a rimpiazzare chi va in pensione - sia per noi che per le ditte esterne nostre partner - diventa sempre più difficile riuscire a soddisfare tutte le richieste.

Stiamo quindi pensando a come rivedere i nostri piani, magari implementando una Risk Based Maintenance, che è quella, guarda caso, suggerita anche da A.I.MAN., segno che i nostri problemi sono comuni a quelli di molti altri. Stiamo anche iniziando a pensare a come si possa portare gli operatori di produzione ad eseguire semplici operazioni di manutenzione, ma qui il percorso è sicuramente molto lungo.

Parlando nello specifico di sviluppo e investimenti in ambito manutenzione, si parla oggi tanto di Industry 4.0 e Continuous Improvement. Sono argomenti che rientrano anche nella strategia di Taghleef Industries?

Essendo un’azienda piuttosto recente, in uno dei settori industriali nati per ultimi, le nostre macchine e i nostri impianti sono da sempre altamente automatizzati. Di riflesso lo è anche il nostro stile di management. Molte delle moderne proposte in ottica Industry 4.0 sono concetti presenti da noi da moltissimi anni. Alcuni esempi:abbiamo implementato un SIM fin dal 2001, abbiamo su tutti gli impianti sistemi di supervisione intelligenti con molti tool di manutenzione, una volta si diceva “secondo condizione”, oggi “Manutenzione Predittiva”.

Abbiamo un sistema di supervisione di tutte le utilities e gli impianti accessori di fabbrica.

Abbiamo da sempre un sistema automatico di rintracciabilità di ogni singola bobina che lascia l’azienda. Siamo certificati da molti anni ISO 9001, ISO 18001, BRC (standard internazionale di certificazione di igiene) e ISO 45001. Le certificazioni sono condivise e radicate in tutto il personale, per cui lavoriamo da molti anni nell’ottica del miglioramento continuo dei nostri impianti e dei nostri processi di gestione, anche in manutenzione.

Quanti addetti alla manutenzione conta oggi l’azienda? E com’è strutturata invece la formazione degli addetti? Quanto tempo è investito per i nuovi operatori? È una competenza che affidate a ditte esterne o la svolgete con vostro personale?

Ogni inserimento viene da noi preso molto sul serio, il nuovo assunto partecipa a numerosi corsi direttamente con i vari responsabili di sicurezza, ambiente, sistemi di gestione, manutenzione, capi reparto dimanutenzione e di produzione. Qualunque sia il reparto di destinazione, i nuovi assunti passano inizialmente parecchio tempo nei vari reparti produttivi per imparare i rudimenti sull’intero processo di produzione.

La destinazione finale è poi un lungo affiancamento con i propri capi e colleghi, per un ottimale inserimento nel reparto di destinazione. Tutte le procedure gestionali, operative, ambientali e di sicurezza sono disponibili a qualunque dipendente ed in qualunque momento direttamente nel portale aziendale. L’atteggiamento dei vari responsabili è di completa disponibilità, per cui sono tutti sempre pronti a rispondere ad eventuali domande da parte delle maestranze [per il dettaglio dell’organigramma vedi il grafico, ndr].

La sicurezza degli operatori è un grande focus nel vostro ambiente. Quali sono le maggiori problematiche in questo senso che un’azienda delle vostre dimensioni deve affrontare? E quali strategie/accorgimenti avete preso negli ultimi anni per la tutela dei vostri dipendenti e dei manutentori in particolare?

Le maggiori problematiche che si possono riscontrare in ambito sicurezza possono essere sicuramente imputate alla mole enorme di leggi e normative tecniche applicabili, alcune volte, se non in contrapposizione tra di esse almeno non di facile e chiara applicazione. Ciò non sminuisce il fatto che la sicurezza è condizione essenziale non solo come tutela dei lavoratori ma anche per garantire un clima di serenità fondamentale in ambito produttivo.

Ed è proprio il miglioramento del clima anche tramite l’aumento della partecipazione attiva dei lavoratori (mediante vari strumenti: riunioni periodiche di analisi dei near miss con feed back alla persona che ha segnalato l’evento, circoli della qualità, BBS ecc.) il nostro focus degli ultimi anni che parte dalla formazione sempre più specialistica, in particolar modo per i manutentori, legata all’evoluzione della tecnica e della normativa alla quale essa è legata.

Va detto però che la situazione normativa attuale che, tra le altre cose, tende a colpire sempre chi è posto più in alto, rischia di diffondere una consapevolezza errata tra le maestranze: veicola infatti l’idea che quella della sicurezza sia una problematica di esclusiva competenza del management negli uffici. Quindi se in azienda si “respira” sufficiente sicurezza allora ci si sente meno responsabilizzati mentre si opera sugli impianti, creando così situazioni di pericolo. L’operaio si è dimenticato il concetto fondamentale che il primo attore della sicurezza è proprio chi lavora sull’impianto. Anche il legislatore sembra avere dimenticato questo concetto, che non è per niente nuovo, e che una volta l’operaio anziano insegnava come prima cosa al garzone.Io continuo sempre a ripeterlo ai miei collaboratori: gli impianti, malgrado tutto, sono pericolosi. È il famoso principio dei rischi residui che nessuna analisi può individuare completamente.

Per la sua esperienza, quanto ritiene sia diffusa oggi in Italia la cultura della manutenzione industriale? Cosa è stato fatto di buono e cosa ancora si può fare invece per contribuire a far sì che la manutenzione torni a essere percepita come un investimento e non più come un costo per le aziende?

Sicuramente oggi il concetto di mantenimento degli Asset è molto radicato, almeno negli stabilimenti medio grandi, ed il management tende a non vedere più la manutenzione solamente come un costo. Rimane però vero che la lotta alla riduzione dei costi fissi è sempre serrata e la manutenzione continua, a causa della sua natura, ad essere il primo reparto in cui un direttore va a pescare: se i manutentori sono bravi, gli impianti funzionano sempre... ma allora perché dobbiamo pagare così tanti manutentori?

Questo è l’assioma. Ancora, se come nel nostro caso l’azienda è altamente automatizzata, il personale di produzione è molto ridotto rispetto alla dimensione dell’azienda: una nostra linea di produzione lunga ben 140 m è governata da 2,5 persone (5 persone per due linee attigue).

Ma se si ferma anche solo un piccolo motore da 0,37 kW, l’intera linea si ferma! Sembra esista una specie di proporzione ideale tra il numero di persone di produzione e quello di manutenzione, ma è purtroppo un concetto molto soggettivo.

Qui vige quindi un altro assioma: se l’azienda è altamente automatizzata, la proporzione di cui sopra dovrebbe in teoria sbilanciarsi di molto a favore della manutenzione, visto che i componenti installati sono molto più numerosi. Ma non è mai così ovviamente. Credo che l’unica soluzione sia quella di abbattere la barriera che separa la produzione e la manutenzione e far sì che si integrino al meglio, facendo fare alla produzione le manutenzioni più semplici, come detto poco più su. Servono quindi i manutentori-produttori e gli ingegneri-operai di manutenzione. D’altra parte entrambe le materie sono sempre più complesse e devono essere fatte, non solo seguite, da personale con buona cultura tecnica.

Alessandro Ariu
a.ariu@tim-europe.com