Nel numero di febbraio della rivista, in apertura alla rubrica trasporti, abbiamo ricordato la 73° Conferenza Nazionale del Traffico e della Circolazione focalizzata sul fabbisogno di manutenzione della rete viaria, in particolare quella secondaria. Nella Conferenza è stato presentato uno studio (reperibile su internet) realizzato dalla Fondazione Caracciolo/ACI sul recupero dell’arretrato manutentivo della rete viaria secondaria.
Riteniamo cosa utile, poiché questi avvenimenti sono quasi sempre riservati agli addetti ai lavori, quindi con poca circolazione all’esterno, riproporre alcuni argomenti riportati in questo studio al fine di comprendere meglio quale è lo stato dell’arte nella manutenzione delle infrastrutture e che cosa c’è (ci sarebbe…) da fare.
Premessa
La ricerca parte dalla premessa che la rete viaria nazionale, guardando al tempo in cui fu costruita e ampliata e alle caratteristiche complesse del territorio, può definirsi un’opera di alta ingegneria, costruita per unire l’Italia, superando l’orografia di un paese montuoso e ricco di corsi d’acqua.
La sua unicità risiede nella straordinaria concentrazione di “opere d’arte” (ponti, viadotti, gallerie) che costituiscono un patrimonio unico ma al tempo stesso delicato, perché bisognoso di interventi manutentivi complessi e imponenti e di ingenti stanziamenti che sono divenuti sempre più esigui nel tempo, rendendo l’intera rete nazionale, nel contesto europeo, una fra le più ammalorate sotto il profilo della conservazione.
C’è quindi la constatazione di un crescente degrado manutentivo, nel quale l’incuria di alcuni manufatti e lo stato ammalorato delle pavimentazioni costituiscono cause sempre più frequenti degli incidenti stradali, che nemmeno i nuovi standard di sicurezza dei veicoli di recente costruzione o i più moderni sistemi di controllo delle violazioni in remoto riescono ad evitare.
Si richiede, da più parti, un radicale cambio di rotta normativo, finanziario e gestionale, per affrontare l’attività ordinaria e, contestualmente, intervenire sull’attuale emergenziale stato di conservazione delle infrastrutture nazionali.
Situazione
Si è rilevato che gli stanziamenti degli ultimi anni, partendo dalla spesa storica, sono stati progressivamente ridotti, senza che vi fosse, quantomeno a livello centrale, una reale stima degli interventi e delle risorse necessarie. L’esigenza manutentiva è cresciuta nel tempo poiché la stragrande maggioranza delle opere in calcestruzzo (non solo in Italia, ma nell’intera Europa) festeggia il suo cinquantesimo compleanno e completa così la sua vita utile.
È pertanto necessario avviare una nuova stagione di interventi. C’è in ballo l’esigenza di garantire adeguati standard di sicurezza stradale, ma anche l’opportunità di avviare un circolo virtuoso di sostegno allo sviluppo economico di un Paese nel quale la crisi dell’ultimo decennio ha comportato il fallimento di 120.000 imprese e la perdita di 600.000 posti di lavoro nel settore delle costruzioni.
Per capire l’importanza del problema della viabilità secondaria basta considerare la figura.
Diventa di conseguenza strategico occuparsi della manutenzione del patrimonio viario extraurbano secondario, fermo restando la necessità di nuove particolari infrastrutture mirate al trasporto.
Perché allora non si va avanti su questa strada?
Possiamo indicare tra gli altri alcuni fattori:
- la crisi, prima finanziaria, poi economica e quindi sociale;
- la frammentazione delle competenze che sono esercitate sulle strade, particolarmente in tema di manutenzione;
- la capacità (incapacità) che tali competenze possono esercitare, intendendo non solo quella di ordine tecnico, ma soprattutto quella finanziaria e di risorse operative disponibili.
C’è anche da dire che la citata frammentazione delle competenze non è solo limitata a tratti di viabilità diversi ma spesso si esercita sul medesimo arco stradale in relazione per esempio a ciò che attiene la manutenzione ordinaria e quella straordinaria, determinando non raramente complessi contenziosi di natura tecnico amministrativa cui conseguono ritardi e maggiori oneri nell’esecuzione dei lavori (per non parlare degli incidenti e delle loro conseguenze).
Infine la ridotta e quasi azzerata manutenzione dell’ultimo decennio, ha determinato locali degradi, ammaloramenti e danneggiamenti dell’intero corpo stradale che hanno portato la rete esistente ad una forte contrazione degli standard di sicurezza, se non alla chiusura di sezioni delle infrastrutture. Quest’ultima circostanza, in un Paese come l’Italia, ha prodotto l’isolamento di fatto di aree già economicamente marginali, sino alla chiusura di attività economiche e a più o meno lenti spopolamenti.
Lo studio continua approfondendo tutti i diversi aspetti della gestione del sistema delle infrast
rutture viarie e su cui non è il caso di soffermarci ulteriormente.
Gestione della manutenzione del settore
È estremamente carente.
Basta dire che descrivere l’intricato sistema nel quale le attività di manutenzione delle reti stradali italiane vengono pianificate, monitorate e condotte risulta un’operazione dai profili complessi, in virtù del dinamico rapporto tra competenze di gestione, caratteristiche della rete e linee di investimento.
Ad esempio è innanzi
tutto necessario distinguere tra la natura degli investimenti per la manutenzione tra le diverse reti componenti il sistema viario nazionale in quanto le linee di finanziamento relative alla rete di interesse nazionale (ANAS) e quella provinciale/regionale, seguono dei percorsi sostanzialmente diversi.
Altra diversità è il criterio alla base degli investimenti stessi o, per meglio dire, la giustificazione del quantum destinato ai singoli enti di gestione, in relazione alle caratteristiche della rete di competenza, dell’effettiva necessità di manutenzione, dei rischi connessi ad un’eventuale negligenza manutentiva ecc.
Aspetti economici e finanziari
Scendere nel dettaglio sul problema finanziario ci porterebbe lontano. Restiamo quindi ai dati complessivi forniti dalla ricerca per quanto riguarda la rete extraurbana secondaria:
- fabbisogno finanziario chilometrico annuale per la manutenzione ordinaria: 13.000 euro;
- fabbisogno finanziario chilometrico annuale per la manutenzione straordinaria: 33.000 euro;
- fabbisogno generale: 46.000 euro.
In totale si ipotizza un fabbisogno annuo di manutenzione di 6,1 miliardi di euro. Rapportando inoltre il valore del fabbisogno annuo agli investimenti in manutenzione degli ultimi 10 anni si ricava che l’emergenza infrastrutturale (solo per la rete considerata) dovuta a mancati interventi è di 42 miliardi di euro. Poiché per i prossimi anni gli stanziamenti previsti sono valutati dalla ricerca in 0,5 miliardi di euro all’anno, per raggiungere i 6,1 miliardi necessari alla manutenzione dell’intera rete extraurbana secondaria sarebbe necessario un incremento di 5,6 miliardi all’anno.
Un altro aspetto interessante dello studio è la valutazione sulla crescita economica. Infatti si stima che l’incremento di spesa valga un punto di PIL e 120.000 posti di lavoro. Infine l’analisi delle statistiche ISTAT indica che gli incidenti stradali più gravi si verificano sulle strade extraurbane. Infatti sia l’indice di mortalità (morti ogni cento incidenti) che l’indice di gravità (numero di morti rispetto al totale di morti e feriti) risultano più che doppi rispetto a quelli riscontrati in ambito urbano.
Da questi pochi cenni risulta chiaramente che il recupero dell’arretrato manutentivo del settore è una delle priorità del Paese.
Purtroppo non è l’unica.
Bruno Sasso, Coordinatore Sezione Trasporti A.I.MAN.