Efficientare i processi di manutenzione per la gestione di parchi veicoli complessi

Gestire parchi veicoli delle multiutility significa svolgere uno fra i più difficili incarichi di fleet management, per la particolare complessità degli asset, fra loro estremamente diversificati non solo dal punto di vista tecnologico

  • Maggio 22, 2023
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Normata di recente mediante l’Annex A della UNI 11440, la composizione dei parchi veicolari di una multiutility si caratterizza per una composizione eterogenea, che va dai grossi camion attrezzati per la raccolta stradale ali veicoli commerciali leggeri tipici delle squadre che operano sul territorio per la manutenzione delle reti elettriche, gas o degli acquedotti.

Tale varietà si riflette anche sul titolo di disponibilità dei beni, con mix molto variabili fra veicoli di proprietà e leasing operativi a breve e lungo termine, a seconda della necessità per le aziende di incidere sulle spese correnti o sugli investimenti.

La manutenzione è quel processo aziendale che risente maggiormente di tale complessità e dunque, anche per questo, richiede competenze di tipo specialistico possibilmente dotati della qualificazione del manutentore ormai in gran voga in molti altri settori industriali, in aderenza alla normativa EN 15628 nei tre livelli previsti:

  1. Preposto/Tecnico super specializzato,
  2. Responsabile di officina di manutenzione e/o Ingegnere di manutenzione,
  3. Maintenance Manager.

Chi è “titolare” della manutenzione?

Le responsabilità del fleet manager, o in alcuni casi del Maintenance manager, in funzione del modello organizzativo che ogni realtà esercente si è data, attengono in primis alla sicurezza nell’uso di veicoli e attrezzature, con profili di rischio che sono previsti e disciplinati sia dal combinato disposto del D.lgs 81/08 e della Dir. 2006/42/CE (Direttiva Macchine) che da quanto previsto D.lgs n. 285 del 30 aprile 1992 (Nuovo codice della strada) e dalla Legge 122/92 e s.m.i. (disciplina dell’autoriparazione).

Sono inoltre cogenti, perché richiamati dai testi sopra citati e da ulteriori dispositivi di Legge, i documenti di manutenzione forniti dai costruttori e norme e specifiche tecniche quali, per esempio, la famiglia UNI EN 1501 o la TS 11586.

Gestire un così articolato insieme di attività richiede, anche solo per la sola manutenzione dei beni, di organizzare l’intero processo, da trattare come “processo speciale” anche ai sensi dei dettami delle norme della serie ISO 9000,  mediante un sistema di gestione (SGS) dedicato che, integrando le prescrizioni di Legge, comprenda un’attenta analisi dei rischi per ciascuno dei sottoprocessi individuati per il tramite di dedicate e specifiche istruzioni operative confluenti in apposite procedure aziendali che determinino in maniera univoca e inconfondibile l’esatta analisi e filiera del processo con indicazione dei soggetti attuatori, dei soggetti responsabili e degli strumenti da utilizzare. Il “macro processo” di gestione delle flotte dovrà pertanto prevedere una serie di azioni da mettere in campo al fine di regolamentare le varie attività (per esempio: l’analisi e la conformazione dei processi manutentivi, la formazione del personale, la sicurezza stradale, la disciplina del lavoro in officina, il procurement, le fasi di collaudo, il follow up delle famiglie di veicoli che entrano in flotta, ecc.)

Viene in aiuto lo standard adottato, ad esempio con il Regolamento UE 779/19 che, pur riferito al settore ferroviario, definisce le quattro funzioni di un’organizzazione di manutenzione:

  • prima funzione - Sistema di gestione;
  • seconda funzione - Ingegneria di manutenzione;
  • terza funzione - Gestione della manutenzione;
  • quarta funzione - Esecuzione della manutenzione;

Appare subito evidente come siano le prime tre funzioni quelle proprie del fleet management, che comprende il processo di manutenzione, il quale deve essere strutturato appunto mediante la definizione di un SGS che disciplini il flusso delle attività e le interfacce verso le altre funzioni, un’ingegneria che verifichi puntualmente le prestazioni tecniche confrontandole con i risultati attesi, un’entità che gestisca in tempo reale la disponibilità di veicoli e attrezzature.

Nella maggior parte dei casi, soprattutto in aziende poco strutturate o di ridotte dimensioni, ci si focalizza invece, sulla sola quarta funzione, limitando gli sforzi alla definizione di politiche di make or buy dei servizi nella convinzione di poter così operare un controllo dei relativi costi; Purtroppo in questo caso si commette , pur magari in maniera inconsapevole ed in buona fede, un errore formale e sostanziale, analiziamo nel paragrafo successivo, il perché!

La quarta funzione: qualificare i dipendenti e i fornitori

Il governo dei costi (lecito e sacrosanto obiettivo di ogni organizzazione) deriva, per quanto sopra esposto, da un’attenta pianificazione di medio termine del rinnovo del parco veicolare, che può essere progettata e attuata solo con disponibilità di ritorni dal campo e competenze del personale coinvolto.

Proprio le competenze appaiono l’elemento centrale di una struttura che, per quanto snella si voglia tenere, deve risultare in grado di qualificare correttamente non solo i fornitori di beni e attrezzature (a prescindere dal titolo di disponibilità, sia esso la proprietà o il noleggio) ma soprattutto i fornitori di servizi di manutenzione. Sono dunque necessari:

  • un maintenance manager (livello 3 UNI EN 15628) per ciascuna organizzazione interna, in grado di definire l’intero processo anche con l’aiuto di uno o più ingegneri di manutenzione (livello 2 UNI EN 15628);
  • un coordinatore di manutenzione (livello 2 UNI EN 15628) per ciascun soggetto che svolge la quarta funzione (livello 2 UNI EN 15628), corrispondente alla figura del Responsabile di Officina secondo la L. 122/92 e s.m.i.;
  • un congruo numero di specialisti di manutenzione (livello 1 UNI EN 15628) a garanzia dell’affidabilità dei fornitori terzi e della capacità di effettuare un efficace controllo degli stessi da parte delle maestranze interne.

L’affidamento di tali servizi deve infatti obbligatoriamente avvenire sulla scorta di precisi benchmark rispetto ai quali definire le performance attese e misurare il loro andamento nel tempo; vengono in aiuto in questo senso l’insieme di indicatori specifici previsti dalla norma UNI 11440 e l’organizzazione dei capitolati tecnici di acquisto dei servizi di manutenzione in accordo con i contenuti previsti dalla norma UNI 11573.

Solo così le politiche di make or buy possono essere governate nel tempo, conferendo alle Organizzazioni quella caratteristica di resilienza che consente loro di affrontare i molti cambiamenti esogeni caratteristici del settore.

Conclusioni

I forti cambiamenti nel mercato dell’energia, gli ingenti investimenti nei servizi a rete e la variabilità rispetto a quelli di raccolta e spazzamento accomunano le Organizzazioni nella necessità di rivedere il processo di manutenzione del parco.

Tale cambiamento, ineluttabile, può essere condotto solo prevedendo strutture complete, per quanto snelle, rispetto alle competenze richieste con un approccio valutativo a 360 gradi che tenga conto di tutte le competenze necessarie consci del fatto che, i maggiori costi derivanti da errate scelte e strategie manutentive, fosse anche per carenza di competenze disponibili, nella stragrande maggioranza dei casi superano di gran lunga gli OPEX derivanti dalla implementazione di una equilibrata, competente e completa struttura di gestione del processo di gestione e manutenzione della flotta.


Tiziano Suppa,
Fleet Maintenance Manager, AMA