La domanda di energia, su scala globale, è destinata ad aumentare di quasi il 3% all'anno, entro il 2030. Complessivamente, questa crescita moderata farà sì che la domanda di energia aumenti di oltre la metà rispetto ai livelli attuali tra ora e il 2030. Se, come previsto, verranno realizzati nuovi impianti di produzione di energia, le relative emissioni di CO2 aumenterebbero di un quarto ossia di 3.500 megatonnellate. Questi sono i risultati di uno studio recentemente pubblicato da Siemens e dal Professore Horst Wildemann della Technical University di Monaco di Baviera. «Se le centrali elettriche a carbone venissero sostituite, su larga scala, da centrali a gas, entro il 2030, le emissioni di CO2 nel settore energetico potrebbero ridursi anche del 5% rispetto ai livelli attuali», afferma il Professore Wildemann.
«Nel nostro studio abbiamo esaminato le situazioni locali e le differenti esigenze delle varie regioni del mondo», osserva Michael Süß, membro del Consiglio di Amministrazione di Siemens AG e CEO del Settore Energy di Siemens, in occasione della presentazione dello studio al World Energy Congress (WEC). «Naturalmente, accanto alla sostenibilità e alla necessità di un'affidabile fornitura di energia, l'economia riveste sempre un ruolo importante - non ci sarebbe motivo di chiudere anticipatamente nuove centrali a carbone già schedulate, al solo scopo di diminuire le emissioni di CO2. Ma è altrettanto evidente che la capillare espansione delle fonti energetiche rinnovabili da sola non permette di migliorare automaticamente il clima, come dimostra in modo impressionante l'aumento delle emissioni di CO2 in Germania. D'altra parte, chiudendo le vecchie centrali elettriche a carbone non solo si riducono significativamente le emissioni, ma si otterrebbero anche riscontri economici, come è stato dimostrato negli Stati Uniti».
Lo studio dimostra che - nonostante alcune differenze marcate - tutti i paesi rientrano in uno dei cinque archetipi del contesto energetico. Nei paesi con una richiesta di energia in lenta crescita, ci sono da un lato i "pionieri green" che tendono marcatamente verso le fonti rinnovabili, e dall'altra i "tradizionalisti", che tendono solo in bassa percentuale verso fonti di energia ecofriendly. Tra i paesi con una domanda di energia elettrica in rapido aumento, ci sono invece le nazioni "energivore", che hanno già raggiunto un alto livello di elettrificazione, e le nazioni "next-wave electrifiers", nelle quali sussistono ancora notevoli lacune nella fornitura energetica a tutti gli abitanti. Il quinto gruppo individuato è quello dei "massimizzatori delle esportazioni di petrolio", che si caratterizzano per il loro obiettivo di migliorare l'efficienza energetica di petrolio ed estrazione del gas.
Lo studio ha rilevato, ad esempio, che l'Europa potrebbe risparmiare circa 45 miliardi di Euro, entro il 2030, se molti degli impianti che generano energia da fonte rinnovabile fossero costruiti presso i siti che offrono i più alti rendimenti di energia elettrica. In questo scenario, i nuovi impianti fotovoltaici sarebbero installati principalmente nelle zone più calde del Sud Europa, mentre gli impianti eolici sarebbero costruiti nelle regioni più ventose e più settentrionali d'Europa. Negli Stati Uniti, gli 80 miliardi di Dollari di perdite annue, causate dai costi indiretti delle interruzioni di corrente, potrebbero essere evitate se la qualità della rete venisse migliorata. E in Cina sarebbe possibile fermare le emissioni di CO2 al livello attuale, se le fonti di energia rinnovabili fossero sfruttate appieno. Tuttavia, questo richiederebbe quasi il doppio degli investimenti. In alternativa, le emissioni potrebbero essere ridotte senza ulteriori costi se entro il 2030 un terzo delle centrali elettriche a carbone in Cina fossero sostituite da moderne centrali a gas.