Questo editoriale di inizio anno è una riflessione a tutto tondo pensata per stimolare scelte organizzative per essere smart in manutenzione. L’ultimo editoriale, pubblicato nell’edizione dello scorso Novembre, è il punto di partenza per avere continuità con le riflessioni già portate e che oggi riporto in sintesi.
In quell’editoriale avevo proposto un modello concettuale costruito su una triade di Asset “chiave”, vale a dire:
- Asset Fisici, cioè gli impianti e le infrastrutture,
- Asset Intangibili, cioè i dati generati dagli Asset Fisici e gestiti per supportare i processi e le decisioni,
- Asset Persone, comprendendo il personale che ricopre sia ruoli operativi sia ruoli manageriali.
Nella vision suggerita dal modello, la capacità di essere smart è fondata sulle Persone, al centro come Asset fondamentale per la gestione dell’impianto o dell’infrastruttura smart; altri Asset, di natura intangibile, come i dati e il loro contributo ai processi che ne richiedono la fruizione per il decision-making, sono altrettanto centrali per la gestione. Oggigiorno bisogna quindi saper lavorare con un’attenzione particolare e contestuale sia sui Dati sia sulle Persone, abilitando entrambi gli Asset in una co-evoluzione per realizzare una gestione competitiva degli Asset Fisici (alias Asset Industriali). È importante cioè agire per preparare l’organizzazione ad avere capacità di scegliere, di controllare e presidiare le nuove tecnologie e i nuovi Asset fisici, con visione olistica in grado di rispondere nel lungo termine alle sfide competitive per sicurezza, sostenibilità ambientale, qualità ecc., attraverso un sistema di supporto alle decisioni che sfrutta pienamente gli Asset Intangibili per abilitare le Persone a decidere e ad operare.
Per sviluppare i suddetti principi in dimensioni sulle quali agire nell’organizzazione della manutenzione per essere smart, è opportuno dare una definizione di smart maintenance. A tal scopo farò leva su alcune recenti pubblicazioni scientifiche frutto della tesi di dottorato “Smart Maintenance – maintenance in digitalised manufacturing” di Jon Bokrantz, Department of Industrial and Materials Science, Chalmers University of Technology. Ho avuto il piacere di prestare servizio come discussant di tesi e, nel farlo, ho potuto apprezzare la profondità di indagine svolta, radicata sull’industria svedese grazie ad una serie di studi empirici che hanno coinvolto – con approccio scientifico nella raccolta, analisi e validazione dei dati – diverse aziende ed esperti aziendali, per rispondere a tre domande di ricerca. Le tre domande sono riportate di seguito secondo la fonte originaria.
- RQ1: What future scenarios are expected for maintenance in digitalised manufacturing?
- RQ2: How can Smart Maintenance be conceptualized?
- RQ3: How can Smart Maintenance be operationalized?
In questo editoriale riporto, sinteticamente, il risultato dei focus group e delle interviste con la partecipazione di 110 esperti aziendali per rispondere alla RQ2: il risultato è un contributo particolarmente significativo per la definizione di smart maintenance.
Quattro sono le dimensioni per definire la smart maintenance. La prima dimensione, denominata Data driven decision-making, è fondata su quattro categorie caratterizzanti il processo che trasforma i dati grezzi nel reale valore generato dai dati: dalla data collection, passando per la data quality e la data analysis, come mezzi necessari, al decision-making che è il vero fine. La seconda dimensione, denominata Human resource capital, serve per esprimere i requisiti di skills per abilitare una manutenzione smart; tali requisiti sono descritti in sei categorie distinte: analytical, ICT, social, business, adaptability e technical skills. Infine, internal integration ed external integration sono dimensioni concretizzate su un ampio raggio d’azione, comprendendo gestione di dati, informazione e conoscenza, processi ed organizzazione, approccio manageriale: la manutenzione smart richiede sia l’integrazione interna all’azienda – mediante internal flows of data, information and knowledge, cross-functional collaboration e joint decision-making –, sia l’integrazione nel rapporto con i fornitori “chiave” – attraverso external flows of data, information and knowledge, inter-organizational network e strategic partnership.
Non ritengo opportuno andare oltre nei dettagli, sia per i limiti redazionali di questo editoriale, sia per altre ragioni di opportunità; pertanto, rimando per approfondimenti alla fonte originaria, sia per le osservazioni empiriche sia per le interpretazioni teoriche, in tal caso la pubblicazione Jon Bokrantz, Anders Skoogh, Cecilia Berlin, Thorsten Wuest, Johan Stahre, Smart Maintenance: an empirically grounded conceptualization, International Journal of Production Economics, https://doi.org/10.1016/j.ijpe.2019.107534. Ciò nondimeno, nelle mie riflessioni conclusive di questo editoriale, voglio chiudere con alcune osservazioni e stimoli, ispirati dal modello di Bokrantz et al., in merito alle scelte organizzative per essere smart in manutenzione.
- Sviluppare sistemi tecnologici per raccogliere, immagazzinare e analizzare i dati è condizione necessaria, non sufficiente. È essenziale istituire un decision-making realmente fondato sui dati, facendosi guidare – in data collection, data quality e data analysis – dalle modalità con cui si intende supportare le decisioni.
- Le risorse umane in manutenzione devono poter crescere in diverse skills, alcune proprie del processo di digitalizzazione, altre connaturate alla crescita della funzione manutenzione nella generazione di valore per il business. Tra le prime skills, segnalo sia le analytical skills, perché sarà sempre più necessario poter comunicare con specialisti come il data scientist per supportare compiti avanzati, sia le adaptability skills, perché la velocità dei cambiamenti tecnologici richiederà una capacità di adattamento e apprendimento continuo per acquisire rapidamente padronanza in nuovi compiti. Tra le seconde skills, cito le social skills, raccomandabili per favorire la comunicazione e la collaborazione all’interno dell’organizzazione, e con terze parti “chiave” nel maintenance network.
- Le dimensioni dell’integrazione interna ed esterna sono altrettanto essenziali per fare il salto di qualità ed essere pienamente smart. A riguardo dell’internal integration, sottolineo l’opportunità di sviluppare un approccio di joint decision-making nel quale la pianificazione della manutenzione, fondandosi sugli strumenti della predictive e prescriptive analytics, potrà sincronizzarsi con altri processi della gestione di impianto, contribuendo all’ottimizzazione delle performance. Per quanto concerne l’external integration, essere smart significa principalmente rinforzare l’importanza delle reti organizzative, sia per abilitare lo sfruttamento del machine learning su larga scala, sia per permettere l’organizational learning indotto da relazioni strategiche tra end-user e key suppliers. In questa dimensione, nuovi modelli di business come i Product-Service Systems giocheranno un ruolo importante.
Queste riflessioni sono frutto dell’elaborazione di un lavoro scientifico che avvalora il ruolo delle università che operano come terza parte e, come tali, possono essere più indipendenti nel giudizio, oltre ché dedicate per propria missione ad un approccio robusto in senso di replicabilità scientifica dei risultati, rispetto ad altre iniziative che rischiano di distorcere i messaggi trasmessi, per fini più commerciali. È un disclaimer finale che mi sembra opportuno ribadire, per sottolineare la necessità di un pensiero indipendente. L’indipendenza di pensiero è ovviamente una chiave fondamentale nel contesto industriale, perché la manutenzione parte dalle Persone smart e qualunque scelta di assetto organizzativo è da valutare nelle contingenze della propria organizzazione.
Marco Macchi, Direttore Manutenzione T&M