Un vecchio adagio popolare recita "chi fa da sé fa per tre" ed in effetti sino alla prima metà del novecento l'autarchia, intesa come autosufficienza economica e giuridica, era parte integrante del DNA delle persone e quindi delle aziende.
Infatti si era appena usciti dal periodo fascista in cui il clima teso delle relazioni internazionali ed il pericolo di una imminente dichiarazione di guerra spinse diversi Paesi ad accogliere il principio economico in base al quale una nazione deve essere in grado di produrre autonomamente tutto ciò di cui ha bisogno.
Ancor prima, in Lombardia nasceva Crespi d'Adda, villaggio che venne costruito durante l'ultimo quarto del XIX secolo dalla famiglia Crespi. In un'area, vicina al fiume Adda, costruirono una tessitura, e l'idea fu di affiancare agli stabilimenti un vero e proprio villaggio che ospitasse gli operai della fabbrica e le loro famiglie. Il villaggio era dotato di tutte le comodità. Oltre alle villette delle famiglie operaie (complete di giardino ed orto), e alle ville per i dirigenti, il villaggio era dotato di chiesa, scuola, cimitero, ospedale, campo sportivo, teatro, stazione dei pompieri e di altre strutture comunitarie.
Ma sempre in Lombardia si usava dire "Offelee, fa el tò mestee" (Pasticciere, fa' il tuo mestiere) a significare l'invito a non occuparsi di cose che non si sanno fare.
Tra questi due estremi si fonda il principio della terziarizzazione, cioè delegare a terzi l'esecuzione di attività specifiche di cui una azienda ha bisogno ma che per scelta, strategia, incapacità o altro non intende fare in proprio.
Si è iniziato con le pulizie, per poi passare alla sicurezza, alla mensa, al giardinaggio ed ai servizi tecnici, in un processo di complessità crescente delle attività da svolgere, sino ad arrivare alla terziarizzazione dell'Information Technology.
In Italia IBM aveva affrontato in maniera molto focalizzata l'opportunità dell'outsourcing attraverso una modalità molto comune per Big Blue: la costituzione di una società separata col nome di ISSC (IBM SEMEA SOLUTION COMPANY) che, partendo dalla gestione dell'elaborazione dati del gruppo, stava crescendo accreditandosi contratti pluriennali con i gruppi di grandi dimensioni, clienti tradizionali di IBM; tra questi, la Pirelli, l'Alitalia, la Comit ed altri.
Più in generale, la strategia di enucleare funzioni aziendali e conferirle ad una newco in grado di erogare i servizi al proprio cliente interno per poi muoversi sul mercato aperto, nella seconda metà degli anni Novanta, prendeva sempre più piede negli States e successivamente in Europa.
Con la strategia di cambiare ed espandere il proprio business, Fiat dava origine nel 2000 ad una società che prendeva il nome di Business Solution S.p.A. che forniva servizi di human resources, amministrazione, procurement, information & communication technology (in partnership con IBM) e facility management con la costituzione di Ingest Facility che erogava i suoi servizi in primis nel mondo captive e successivamente nel mercato esterno.
Per facility management si intendevano i Servizi Generali e la gestione dei fornitori di quelli già esternalizzati, con l'accento quindi sul Management invece che sull'esecuzione del servizio.
Immediatamente "l'onda" veniva cavalcata dalle società di Real Estate di grandi dimensioni, che, muovendosi dall'alto delle mega strategie immobiliari, vedevano in questo processo un aumento considerevole del loro portafoglio di servizi e quindi del fatturato. Nasceva quindi il matrimonio REFM che ancora oggi mantiene la sua validità come disciplina anche a livello scientifico.
Addirittura per giustificare il solo Management i teorici inglesi si sono appellati al concetto di separazione delle competenze tra chi "opera" e chi "controlla l'operato".
Per loro natura i servizi sono intangibili, hanno assenza di proprietà e non si possono brevettare, ne consegue che si muova verso questa disciplina anche chi provenga dalla esecuzione dei servizi e da una gamma di attività sempre più ampie. Vanno quindi verso il FM erogato con proprio personale le società di pulizie (Manutencoop, Compass?), quelle che si occupano di Catering (Sodexho, Dussmann...), di Pest Control (ISS...) quelle che nascono nei servizi tecnici (Manital?) spostando quindi l'accento sul servizio e cancellando un passo della filiera.
Da un periodo in cui nessuno sapeva cosa fosse il Facility Management, ci siamo spostati ad uno in cui tutto è FM e la sua definizione precisa si perde nei meandri delle varie casistiche.
La attuale situazione economica, sia a livello italiano che a quello europeo, spinge le aziende a ricercare fonti di risparmio sulle spese correnti e questo avviene attraverso rinegoziazioni dei contratti di fornitura di prodotti e servizi. Una delle voci di spesa che viene presa in considerazione è quella dei servizi agli edifici (manutenzione impianti), alle persone (posta, reception, guardiania), agli spazi (pulizie, spostamenti, riorganizzazione uffici) ed alla produttività (utilities di supporto alla produzione).
Queste rinegoziazioni contrattuali avvengono in Italia attraverso la stesura di specifiche di gara (frequenza di pulizie, manutenzioni ecc.) sottoposte a vari concorrenti i quali traducono tali specifiche in ore/uomo e determinano il prezzo più basso possibile. È abbastanza evidente che tutta la competitività raggiunta è proporzionale all'impatto sociale generato: meno pago le persone che erogano il servizio, più sono competitivo. Il tutto lascia poi spazio ad aziende il cui comportamento non è in linea con quanto richiesto dalla normativa derivante dal Dlgs 231/01.
È necessario invece un cambiamento di paradigma: il cliente definisce e rende visibile ai vari concorrenti qualificati sia le attuali specifiche, che gli attuali costi. Il fornitore esegue una attenta analisi della situazione e degli impianti e sottopone un diverso approccio in grado di mantenere lo stesso o un superiore livello di efficienza ad un costo più contenuto applicando diversi strumenti, procedure, processi e tecnologie. Il fornitore prende quindi un impegno di qualità e prezzo, generalmente discendente nel corso degli anni, applicando filosofie di gestione completamente diverse.
In tal modo l'accento non è né sulla gestione, né sui servizi ma su ciò che viene definito business process redesign e/o business process outsorcing.
È innaturale poi pensare di separare il FM dal Real Estate in quanto uno dei risultati attesi è quello di mantenere o aumentare il valore degli investimenti nel tempo ove per investimenti intendiamo edifici, strutture ed impianti.
Ipotizzabile quindi una definizione quale:
«Il facility management è un processo di delega, revisione e integrazione di servizi il cui scopo è l'aumento dell'efficienza di una azienda e del benessere di chi vi lavora. Si sostanzia nella gestione dell'erogazione di servizi agli edifici, agli spazi, alle persone ed alla produttività.»
Evitando quindi di definire FM ogni forma di terziarizzazione o outsourcing quali la gestione delle multe di un comune o delle carceri di una circoscrizione.
È necessario invece riflettere sul livello di complessità di un siffatto livello di delega e che questo processo di delega ha bisogno di presupposti di sicurezza irrinunciabili nei confronti del nostro interlocutore:
- La competenza nell'esecuzione: si pretende che non ci sia improvvisazione e che l'interlocutore dia segno di completa consapevolezza di ciò che sia necessario fare.
- La partecipazione emotiva: il nostro interlocutore deve condividere il nostro significato della delicatezza delle attività che gli deleghiamo.
- La condivisione dell'obiettivo. Si preferisce assegnare le attività a chi sia animato dalle stesse motivazioni ed in grado di poter percepire in nostri desideri anche se inespressi: non si vuole il mercenario, che combatte per spinte diverse dalle nostre.
- La sincerità e la trasparenza. Qualità queste che non hanno bisogno di commenti.
La motivazione all'acquisizione di un servizio complesso, una volta maturata, tende a convertirsi in precise aspettative, generalmente allineate agli obiettivi che si intendono perseguire e che sono alla base della motivazione stessa.
Rispondere positivamente alle aspettative è per sua natura una condizione necessaria, se pur non sufficiente, per costruire una partnership di lunga durata.
In conclusione, nell'ambito delle relazioni derivanti dall'erogazione di servizi complessi la fiducia diventa il bene primario oggetto dello scambio.
Antonio Ive,
Strategic Advisor e docente di Facility Management