Avevo pensato all’impostazione di questo editoriale prima che scoppiassero le polemiche delle ultime settimane sulla scuola, a seguito degli episodi di bullismo e peggio che sono accaduti.
Non entro nel merito delle problematiche né intendo discutere di eventuali soluzioni. La sensazione è che, come nel calcio, ci siano 60 milioni di “medici” ognuno con la propria ricetta. Pur tuttavia qualche cosa di quello che dirò dovrà per forza di cose riguardare la scuola e più in generale come viene erogata la formazione.
Perché riparlare di formazione
Sulla formazione in questi ultimi anni abbiamo scritto molto, cercando soprattutto di farne capire l’importanza ai più alti livelli ad un ambiente, quello del trasporto, nel migliore dei casi tiepido e che ha affrontato il discorso formazione solo quando “costretto” da nuove normative o da nuovi contratti.
Mai la formazione è vista come un qualcosa di più, una carta vincente.
Questa mentalità si riflette anche sui partecipanti ai corsi, soprattutto quando questi non vedono riflessi immediati sulla loro attività. Abbiamo più volte riproposto questi temi, sia con articoli sia attraverso convegni e workshop, cercando di spingere nella direzione di una maggiore comprensione dell’importanza della formazione vista come potenziale upgrade dell’attività e non come una “rottura” necessaria.
I risultati, aggravati dal fatto della crisi economica generale e del settore trasporti in particolare (su tutti il TPL) sono stati deludenti. Questo vale sia per la formazione di tipo abilitante (a parte in qualche misura nel settore ferroviario), indispensabile per poter svolgere le attività manutentive in sicurezza rispondendo nel contempo ad obblighi di legge inderogabili, sia per i corsi comportamentali (es. Team building, Leadership, Gestione del tempo), che sono spesso i primi ad essere sacrificati dalle aziende sull’altare del taglio dei costi. Qualcosa però ha sparigliato le carte ed è il Piano Industria 4.0.
Parliamo quindi di formazione 4.0 anche e soprattutto nei trasporti.
Il paradigma 4.0 è ormai sulla bocca di tutti, usato a proposito ed a sproposito, senza sapere molte volte cosa effettivamente significa.
Di certo paradigma 4.0 vuole dire cambiamento sempre più rapido degli schemi cui siamo abituati. Quindi cambia anche l’approccio per la manutenzione e per i suoi vari aspetti, codificati nelle macro aeree su cui si è rifondata la rivista Manutenzione solo due anni fa. Il prossimo Congresso A.I.MAN. affronterà questo cambiamento proiettato nel futuro.
Il paradigma 4.0 non poteva non riguardare la formazione nella manutenzione, sia in generale che nei trasporti in particolare. Infatti il Piano Nazionale Impresa 4.0 nei consuntivi 2017 e nei preventivi 2018 e seguenti si sofferma in particolare sulle problematiche della formazione e quindi degli investimenti in e per il capitale umano.
Senza scendere in troppi dettagli mi hanno colpito soprattutto le seguenti considerazioni:
Le 10 professioni oggi più richieste dal mercato non esistevano fino a dieci anni fa. Quindi è necessario innovare i percorsi di studio per formare gli studenti sulle nuove competenze digitali e su industria 4.0.
L’occupazione crescerà nei paesi che hanno investito sulle competenze digitali e si ridurrà in quelli che non le hanno acquisite in maniera adeguata. Per questo è necessario gestire il rischio di disoccupazione tecnologica e massimizzare le nuove opportunità lavorative.
Il piano ricorda anche la necessità di potenziare gli Istituti Tecnici Superiori (ITS) e di colmare o almeno ridurre il gap di competenze di chi lavora.
Sia la percentuale di competenze digitali che la partecipazione a corsi di formazione ci vedono all’ultimo posto dei paesi europei più avanzati e comunque al di sotto della media UE.
Gli ambiti della formazione 4.0, come ricorda il piano, riguardano in particolare:
- Robot collaboratori
- Manifattura additiva
- Realtà aumentata
- Simulazione
- Integrazione digitale
- Big Data
Tutti questi ambiti interessano, in misura minore o maggiore, la manutenzione (compresi i trasporti), la sua gestione ed i suoi processi. Ed è quindi necessario che la formazione anche nella manutenzione, nei trasporti in particolare, venga affrontata in modo “culturalmente” diverso per far si che alle conoscenze di base, sempre indispensabili, sui principi dell’attività manutentiva si affianchino conoscenze di tipo informatico sia di carattere tecnico che gestionale.
Ad esempio il rilevamento e la trasmissione dati attraverso sistemi come il bus di veicolo, la diagnostica e tele diagnostica, i nuovi algoritmi che consentono di muoversi all’interno della massa enorme di elementi registrati (Big Data), sono tutti aspetti che devono in definitiva consentire al manutentore di migliorare il suo lavoro in efficacia, efficienza e sicurezza. E per questo il manutentore deve cambiare mentalità, approccio culturale. Oggi, data la rapidità dei cambiamenti, la scuola non è purtroppo ancora in grado di gestire i nuovi percorsi.
Diventa quindi ineludibile muoversi al di fuori delle classiche impostazioni per poter dare alle persone quei nuovi elementi che consentiranno di poter entrare con più facilità nel mondo del lavoro. Questo vale sia per le specializzazioni operative, come propone il CNOS_ FAP, sia per le specializzazioni tecniche e gestionali di secondo e terzo livello, previste dalla norma EN 15628 (competenze in manutenzione).
Incentivare la formazione 4.0 significa proteggere e rafforzare l’occupazione, come recita il Piano Nazionale 4.0.
Ma significa anche andare verso quel cambiamento di mentalità del manutentore che da attore passivo del sistema si deve trasformare sempre più in attore attivo e propositivo.
Bruno Sasso, Coordinatore sez. Trasporti A.I.MAN.