Introduzione
Come già indicato nella prima parte del presente lavoro [cfr. Andrea Bottazzi “Gli asset intangibili della manutenzione del futuro – parte I”, Manutenzione – T&M, gennaio 2018], in questa seconda parte e nelle successive si analizzeranno gli elementi di fig. 1:
- Life Cycle Cost;
- Strategie di sviluppo asset;
- Sostenibilità;
- Tecnologie IoT
- Tecnologie della digitalizzazione;
- Competenze;
- Outsourcing.
Si deve essere ben consci che l’approccio qui proposto, per quanto pervasivo, è limitato ma si è scelto di intervenire per fornire pensieri per intervenire sulle organizzazioni della manutenzione più che fissarsi sull’analisi specifica di modelli teorici (sempre pensieri) che, pur fondamentali, a volte non riescono ad arrivare per tempi e modalità in modo efficace a supporto dei processi di cambiamento delle organizzazioni della manutenzione.
Tali modelli teorici più alti sono la linfa per il futuro remoto ma non possono essere la leva della gestione quotidiana: sempre di più nelle organizzazioni odierne emerge il problema di raccordare Innovation vs Exploitation. Quando l’innovazione era a step, e non continua, si potevano gestire questi due processi in modo integrato ma separato; ora questi due processi sono simbiotici e richiedono competenze specifiche, qui richiamate nei vari elementi per poter essere svolte con efficacia organizzativa.
Come si può osservare, tutte le dimensioni organizzative indicate in fig.1 impattano sull’orientamento al futuro della manutenzione, in modo conscio o inconscio per l’organizzazione stessa, che è vita organizzativa e personale, volontà, costruzione di realtà non esistenti (che detto in altre parole significa costruire il futuro in termini di nuove specifiche per gli asset futuri o nuove competenze per gestire i futuri asset); in pratica è il valore aggiunto delle attività svolte quotidianamente.
Come faceva dire il Bardo a Re Lear : «Dai ad un uomo solo l’indispensabile e lo trasformerai in un animale».
Che nel caso in specie significa che se al manutentore si fanno eseguire le attività manutentive, senza coinvolgerlo in attività di sviluppo degli asset da manutenere, lo si trasforma in una macchina poco pensante che non acquisisce nuove competenze. Invece, la manutenzione deve essere coinvolta nella gestione del ciclo di vita dell’asset perché porta le proprie competenze, a beneficio dell’organizzazione, nei diversi momenti decisionali richiesti dalla gestione stessa.
Arriveremo alla composizione del futuro per mezzo dell’organizzazione, come riportato nel modello introdotto nella prima puntata del presente lavoro. Comunque su questo concluderemo il presente lavoro nell’ultima parte. Per ora affrontiamo gli elementi “oggettivi” del modello qui proposto.
1. Life Cycle Cost (LCC)
Tutt’oggi, ancora, molti pensano che il LCC sia una metodologia di acquisto degli asset! Se fosse vero sarebbe soltanto una procedura da seguire e da utilizzare in modo quasi meccanico. Come è noto, niente è più sbagliato di questo.
La metodologia LCC è una cultura che deve pervadere la gestione degli asset sin dal momento dell’acquisto alla dismissione attraverso una cultura specifica dell’organizzazione. Come è noto, questa metodologia è nata negli USA per la realizzazione delle forniture più innovative all’esercito americano. In particolare per la fornitura di oggetti ancora inesistenti che sarebbero stati realizzati nell’ambito della fornitura con un importante contributo di know-how del cliente (l’esercito USA).
La metodologia LCC è quindi un modello molto strutturato di relazione win-win, basato su solide modalità tecniche, tra l’utilizzatore dell’asset e il fornitore dell’asset stesso. Chiaramente l’utilizzatore e il fornitore sono soggetti unitari dal punto di vista giuridico, in realtà ci sono una serie di persone dell’utilizzatore e una serie di persone del fornitore che devono essere in contatto. Questo considerare gli effettivi attori nelle relazioni contrattuali, le persone, porta alle storie soggettive che animano le aziende; in particolare esemplificheremo il concetto funzionale e quello delle diverse competenze. Per quanto riguarda l’esempio funzionale, l’acquisto di un asset, dopo la decisione importante del vertice dell’azienda, coinvolgerà la funzione acquisti, quella legale e le operations che dovranno utilizzarlo. Si dovrà trovare il responsabile dell’acquisto e dell’esecuzione del contratto. Questi ruoli effimeri, che terminano con la fornitura, possono essere ottime palestre per la job rotation di giovani talenti o per persone che devono crescere in altre funzioni.
Quanto alla variabilità delle competenze necessarie alle persone, per gestire queste forniture si dovrà pensare a responsabili di tutto il processo che dovranno quindi qualificarsi non tanto per le competenze verticali (acquisti, legale, operations) ma per quelle orizzontali di team management della fornitura dell’asset.
Questa cultura organizzativa è un oggetto immateriale, come ovvio, che poggia su alcuni elementi oggettivi:
- capitolato d’acquisto dell’asset basato sulla metodologia LCC;
- piano di manutenzione;
- attrezzature specifiche;
- regole di gestione nell’interfaccia con il fornitore comprese eventuali penali;
- ordini di lavoro relativi alle attività svolte;
- sistemi di monitoraggio delle prestazioni dell’asset: di tipo economico, di tipo ambientale e di performance relative alla disponibilità.
La fig. 2 mette in chiara evidenza che si sta parlando solo e soltanto di conoscenza che deve esistere, essere rivitalizzata da ogni nuovo episodio organizzativo, nelle diverse fasi del ciclo di vita dell’asset: un nuovo acquisto di un asset, il termine del periodo di garanzia su un asset già in uso, il periodo di garanzia di un nuovo asset, la gestione della fine vita contrattuale di un asset ormai arrivato a fine ammortamento.
Per avere un effettivo utilizzo e quindi successo, la metodologia LCC a supporto del gestore dell’asset deve essere quindi formalizzata nelle procedure aziendali e, nel contempo, supportata da una conoscenza diffusa a livello di tutta l’organizzazione.
Nel caso di Tper Spa i momenti organizzativi che permettono la diffusione del modello sono in particolare:
- la partecipazione alla gara d’acquisto;
- la gestione della commessa di fornitura dell’asset;
- la successiva gestione del rapporto contrattuale basato sul LCC.
Tali momenti organizzativi sono chiaramente identificabili perché, da un punto di vista manageriale, sono identificabili esplicitamente le decisioni da prendere con il supporto del LCC.
2. Strategie di sviluppo Asset
La strategia di sviluppo degli asset aziendali è davvero la pietra angolare sulla quale il manutentore deve impostare la sua organizzazione.
In particolare, la ISO 55000 e i nuovi standard internazionali, IAS, per la redazione dei bilanci delle società (che di fatto modificano in modo radicale il concetto di ammortamento per passare al valore dell’asset futuro) hanno definitivamente posto alla luce dei riflettori l’interazione strategica tra la politica di gestione degli asset e i risultati economici dell’azienda.
È proprio questa attività in particolare che fa capire se l’organizzazione è al passo con i tempi o no. Se il responsabile della manutenzione è totalmente estraneo al processo di definizione delle strategie di sostituzione o manutenzione straordinaria degli asset, l’azienda qualunque sia la sua dimensione, ha forti problemi che matureranno nel futuro.
Le attività manutentive sono un tutt’uno con la vita dei processi aziendali, non una cosa a parte, le attività di manutenzione straordinaria rivalutano il valore finale degli asset e non sono quindi un puro costo come venivano pensati in passato.
In altre parole, l’azienda deve definire le sue strategie di prodotto/servizio ed effettuare una verifica strategica sulla tenuta degli asset per queste strategie. Questa nuova filosofia di approccio alla manutenzione in relazione alla resa di disponibilità e sviluppo degli asset per il futuro è uno dei maggiori punti di carenza delle competenze nelle aziende. Per questo è necessario rimanere aggiornati e al passo coi tempi. La conoscenza dei nuovi prodotti e delle nuove tecniche a supporto della manutenzione è un elemento fondante del bagaglio di competenze del gestore della manutenzione. Quindi una attività puramente di gestione del quotidiano porta la manutenzione a impoverirsi e a non poter più fornire l’importante ruolo strategico che ora la ISO 55000 ha definitivamente formalizzato. È chiara in questo senso la correlazione di questo elemento con il futuro dell’impresa. Si osserva così [cfr. Andrea Bottazzi, “La cultura organizzativa dei servizi che erogano attività di manutenzione”, Manutenzione – T&M, ottobre e novembre 2017] nella figura 3 che l’impresa ha valore soltanto se dedica al futuro la maggior parte del suo pensiero. Questo ovviamente non deve far perdere di vista l’attività quotidiane, questo è ovvio.
Come già richiamato nella prima parte, questo operativamente significa integrare il budget annuale con i piani industriali di più lungo periodo. La correlazione sulle due dimensioni è esiziale per il manutentore del terzo millennio perché le scelte operate con un’ottica di budget annuale possono essere fortemente sbagliate per un piano di lungo periodo. Non si tratta di una mera somma algebrica. La scelta di effettuare manutenzione straordinaria o meno su un asset impatta con la politica d’acquisto di un eventuale nuovo asset in sostituzione, ed è in questo senso che l’azienda deve correlare le scelte di breve con quelle di lungo periodo in modo sempre più forte e preciso.
In fig. 4 è riportato questo concetto: la politica di sviluppo degli asset (principalmente con l’acquisto di nuovi asset, ma anche con la manutenzione straordinaria) è strettamente collegata con la strategia di gestione dell’asset e determina le modalità effettive con le quali si realizzano le operations di manutenzione sugli asset stessi. Solo le aziende che metteranno a routine questo pensiero potranno avere futuro.
3. Sostenibilità
Forse qualche anno fa sarebbe stato necessario affrontare questo tema, ora si tratterebbe di una pura perdita di tempo. Da qualche anno, con colpevole ritardo, la sostenibilità è un elemento essenziale per lo sviluppo e la gestione degli asset. Senza una sostenibilità a 360°, ma principalmente ambientale, un asset non può essere realizzato né sviluppato. Le indicazioni sullo stato di salute del pianeta la dicono lunga sulla necessità di intervenire con urgenza nella gestione degli asset al fine di ridurre gli impatti ambientali.
In questa nota si vuole ribadire come questa evoluzione strategica non sia una mera opera di adeguamento a norme e requisiti nazionali o di area (UE , USA ecc.) ma un approccio basato su una cultura organizzativa basata su valori che devono diventare condivisi, pena problemi di sopravvivenza dell’azienda con l’arrivo di nuove tecnologie e/o di nuovi requisiti di sostenibilità.
D’ora in avanti le specifiche emissive di un qualunque asset da acquistare o da modificare, con manutenzione straordinaria, saranno elementi al tempo stesso strategici e collegati alla sostenibilità degli asset stessi durante la loro vita.
4. Tecnologie IoT
Le tecnologie IoT, ovvero del mondo 4.0, sono uno degli elementi dirompenti nella vita culturale dei manutentori di ieri/oggi. Con scelta arbitraria ho separato solo per questa esposizione le tecnologie IoT dalla digitalizzazione, che sarà il prossimo punto trattato nel presente lavoro. Le tecnologie IoT sono analizzate come upgrade dell’asset, mentre la digitalizzazione verrà considerata, nel presente lavoro, orientata alle modifiche di processo organizzativo.
Con l’adozione delle tecnologie IoT si aprono scenari impensabili sino a qualche anno fa. In particolare il controllo e la manutenzione predittiva diventano sempre più fondanti per la gestione di un qualunque asset.
In fig. 5 proviamo a rappresentare quelli che sono gli impatti maggiori:
- possibilità di effettuare in modo economico e sicuro, per l’assenza di operatori, una serie di controlli in tempo reale che sino a qualche tempo fa erano troppo costosi;
- possibilità di sviluppare, in modo mai pensato prima, la manutenzione predittiva grazie alla grande quantità di tecnologie che sono ora disponibili per collegare l’asset a sensori di qualunque natura;
- possibilità, grazie ad entrambe le entità suddette, di avere impatto sulla manutenzione prevista sull’asset, modificandone contenuti e performance tecnici.
È evidente sin d’ora, anche se sarà portato a sintesi nella prossima parte del lavoro, che queste possibilità possono spostare i costi, riducendo quelli correnti e spostandoli sui costi di sviluppo dell’asset per consentire all’asset stesso una maggiore performance che si trasforma in un risultato economico positivo per l’azienda. In altre parole, è evidente, quindi, che l’uso delle tecnologie IoT aumenta fortemente anche l’applicabilità, e l’importanza, delle metodologie LCC, con le quali valorizzare scelte tecnologiche sugli asset, pensando agli impatti su CAPEX e OPEX (capital expenditures e operational expenditures).
Conclusioni
Tutto bello e tutto promettente, ma perché allora non sta avvenendo alla velocità che sembrerebbe possibile? Semplice. Perché mancano, mediamente, le competenze di chi deve adottare queste tecnologie e di chi le deve vendere, e la chiara volontà del management dell’azienda – che ha la dotazione degli asset da manutenere – sono insufficienti. Manca la quantità di pensiero sufficiente per partire, in molti casi, per questi processi di cambiamento a gradini.
Nel suo complesso, si ha qui la conferma che la mancanza di conoscenza è il limite più ampio per le aziende attuali, ciò che, a cascata, blocca tutta una serie di percorsi di sviluppo basati su una serie di dimensioni come quelle portate in questo contributo, dal LCC alla strategia di sviluppo degli asset, passando per la sostenibilità fino alle tecnologie IoT.
Nella prossima parte concluderemo l’analisi dei punti di riflessione introdotti e si procederà verso l’interazione dei diversi elementi rispetto alle metodologie gestionali.
Andrea Bottazzi, Responsabile Manutenzione Automobilistica, Tper spa, Bologna