Secondo il testo unico sulla salute e sicurezza sul lavoro, Capo II, Art. 74, "Si intende per dispositivo di protezione individuale, di seguito denominato "DPI", qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante il lavoro, nonché ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo".
I DPI si distinguono in tre categorie:
- I DPI di prima categoria sono associati ai soli "rischi minori" e per questi oggetti è sufficiente un'autocertificazione da parte del produttore. Un esempio di questa categoria di dispositivi di protezione sono tutti quei dispositivi indicati per lavori di hobbistica, giardinaggio e fai da te come occhiali panoramici, cuffie o tappi antirumore, mascherine monouso o antipolvere e guanti in tela da giardinaggio;
- I DPI di seconda categoria sono dedicati alla prevenzione di eventi categorizzati come a "rischio medio" e necessitano la certificazione di un prototipo da parte di un organismo di controllo autorizzato. Fra i DPI di seconda categoria rientrano tutti i dispositivi di protezione da possibili lesioni gravi come caschi, cuffie antirumore, visiere retinate o in policarbonato, guanti anti taglio e stivali protettivi;
- I DPI di terza categoria, infine, sono deputati a proteggere l'operatore da attività ad "alto rischio" e la certificazione del dispositivo riguarda sia il prototipo che la il processo di produzione. Rientrano in questa categoria tutti i dispositivi che proteggono dai rischi mortali dovuti a contaminazioni chimiche, microbiologiche e radioattive, come ad esempio maschere antigas, guanti, tute, caschi e imbracature.
Oltre a descrivere la classificazione dei dispositivi, il testo unico sulla sicurezza definisce l'obbligo del datore di lavoro di effettuare una valutazione dei rischi preliminare alla scelta dei DPI. Questa analisi serve a distinguere la percentuale di rischio che può essere evitata (ad esempio con eventi preventivi di messa in sicurezza del cantiere di manutenzione come la corretta installazione dei ponteggi) da quella da mitigare con azioni di carattere correttivo quali l'adozione dei DPI necessari.
I dati riportati nella Figura 1 evidenziano come circa il 70% delle morti sul lavoro sia dovuto a tre sole tipologie di cause, che nell'ordine sono eventi dovuti a ribaltamento di mezzi in movimento (29,7%) a cadute dall'alto (21,3%), e a caduta di gravi dall'alto (17,8%). Di queste tre cause solo la seconda è completamente prevenibile grazie all'utilizzo dei DPI, ed è di particolare interesse per chi si occupa di attività di manutenzione.
Per avere una definizione rigorosa, ci rifacciamo nuovamente al testo unico secondo il quale il lavoro in quota è una "attività lavorativa che espone il lavoratore al rischio di caduta da una quota posta ad altezza superiore a 2 m rispetto ad un piano stabile". La salvaguardia dell'operatore dalle cadute dall'alto è riferita a una serie di rischi (Luigi Cortis, "Scelta, uso e Manutenzione dei DPI: così si prevengono le cadute dall'alto") che possono essere classificati come:
- Rischio prevalente di caduta a seguito di caduta dall'alto.
- Rischio susseguente alla caduta derivante da: oscillazione del corpo con urto contro ostacoli ("effetto pendolo"); arresto del moto di caduta per effetto delle sollecitazioni trasmesse dall'imbracatura sul corpo; sospensione inerte del corpo dell'utilizzatore che resta appeso al dispositivo di arresto caduta e dal tempo di permanenza in tale posizione.
- Rischio connesso al DPI anti caduta derivante da: non perfetta adattabilità del DPI; intralcio alla libertà dei movimenti causata dal DPI stesso; inciampo su parti del DPI.
- Rischio innescante la caduta derivante da: insufficiente aderenza delle calzature; insorgenza di vertigini; abbagliamento degli occhi; scarsa visibilità; colpo di calore o di sole; rapido abbassamento della temperatura.
- Rischio specifico dell'attività lavorativa: di natura meccanica (bordi spigolosi, attrezzi taglienti, caduta di oggetti, ecc.); natura termica (scintille, fiamme libere, ecc.); natura chimica; natura elettrica.
- Rischio di natura atmosferica derivante da: vento, pioggia o ghiaccio su superfici di calpestio, ecc.
I dispositivi di protezione da caduta sono DPI di terza categoria poiché proteggono l'utente da pericoli gravi o letali. Oltretutto, al di là della loro apparente semplicità, questi dispositivi non sono pensati solo per evitare l'impatto al suolo ma anche per mitigare possibili danni dovuti all'eccessiva decelerazione ed alla errata posizione dell'operatore in caduta (Figura 2): proprio per questo i costruttori di DPI organizzano sessioni regolari di formazione all'utilizzo dei dispositivi. Tutti i dispositivi di protezione da caduta devono essere ispezionati ogni anno da un ente certificato, che può essere il produttore oppure un ente terzo competente in merito all'ispezione di dispositivi di protezione da caduta. Le ispezioni periodiche non annullano l'obbligo di controllare i dispositivi personali prima di ciascun utilizzo da parte dell'operatore. Non ultimo, dopo una caduta i DPI non sono più utilizzabili, anche se all'apparenza perfettamente integri (potrebbero presentare lesioni interne non identificabili).
Impatto economico
Per il responsabile di manutenzione è essenziale valutare l'impatto economico degli infortuni, al fine di poter giustificare le proprie previsioni di budget alla direzione generale dell'azienda. Prima di tutto è importante, da un punto di vista concettuale, non parlare di "costi" ma di "perdite" dovute agli infortuni, in quanto l'infortunio non produce nessun effetto utile e comporta solamente una perdita di efficienza del sistema produttivo, mentre il termine "costo" è per sua natura legato all'esborso economico necessario alla produzione di un bene. Le perdite dovute all'infortunio possono essere di tipo diretto (spese mediche, integrazione dei salari per la quota eventualmente non coperta dalle polizze assicurative, valore della mancata produzione) e indiretto (perdita di immagine dell'azienda, scioperi a fronte della reiterazione degli infortuni).
Esistono diversi modelli per quantificare le perdite dovute agli infortuni, fra questi risultano particolarmente interessanti le soluzioni on-line di enti come INAIL e OSHAS. Facendo riferimento a quest'ultimo (https://www.osha.gov/dcsp/smallbusiness/safetypays/estimator.html), si tratta di un sistema che ha come dati di input:
- Il margine di profitto di una società;
- Tipologia di infortunio verificatosi;
- Ricorrenza su base annuale di ciascun tipo degli infortuni verificatisi.
L'algoritmo implementato nel sistema estrae da un database interno il valore medio delle perdite per tipo di infortunio o malattia selezionato e quantifica l'impatto dell'infortunio come incremento del volume di vendite annuali che l'azienda dovrebbe conseguire per "bilanciare" le perdite complessive dovute all'infortunio. Facendo solamente riferimento alle tipologie di infortuni associabili ad una caduta dall'alto (mantenendo il valore di margine dell'azienda al 3%, pari alla percentuale di default proposto dal sito) possiamo ricavare i risultati riportati nella Tabella 1.
Sebbene i risultati della simulazione siano puramente indicativi, gli ordini di grandezza consentono di capire che la sicurezza è il requisito fondamentale delle operazioni di manutenzione, non solo da un punto di vista etico ed organizzativo ma anche economico, dal momento che un'imbracatura da poche centinaia di euro può generare un potenziale cost saving di alcuni milioni di euro.
Alessandro Pedretti, MRO Specialist, Brammer Italia Srl