Quando si tratta di gestire la manutenzione di flotte di veicoli in servizio pubblico, siano essi autobus per il trasporto pubblico locale o veicoli e attrezzature per l'igiene urbana, ci si trova invariabilmente di fronte a un tema importante: le politiche di rinnovo della flotta impongono scelte di “make or buy” indispensabili per organizzare la manutenzione.
In assenza di regole codificate e buone prassi riconosciute, il settore dei servizi pubblici si è fino ad oggi orientato attraverso politiche individuali spesso più legate all'opinione dei singoli manager, magari anche illuminati, che non a elementi oggettivi di valutazione.
Questo atteggiamento, pur comprensibile, ha comportato in passato rilevanti problemi economici ad alcune aziende, che possono essere evitati solo grazie a specifiche competenze nel settore.
Le funzioni della manutenzione
Come probabilmente già noto, il settore ferroviario è da diversi anni strettamente regolamentato grazie ad una successiva azione di regolamenti europei ultimo dei quali il 779/2019 UE nel cui contesto la manutenzione è inquadrata per “funzioni”.
Secondo tale schema, le operazioni di progettazione, pianificazione, programmazione, esecuzione e controllo della manutenzione sono gestite mediante una struttura gerarchica la cui adozione, con individuazione di almeno un responsabile per ciascuna funzione:
- Prima funzione: Gestione della manutenzione - Tale funzione, tipicamente in capo ad una Direzione Tecnica, ha la responsabilità prima del sistema di gestione e conseguentemente dei piani di manutenzione, ed è dunque quella direttamente coinvolta nelle procedure di acquisto dei veicoli e nel controllo completo del processo
- Seconda funzione: Ingegneria di manutenzione - Tale funzione, subordinata alla prima, ha lo scopo di gestire i piani di manutenzione aggiornandoli in funzione delle ricadute di esperienza dall’esercizio o di un’interlocuzione con i costruttori stessi
- Terza funzione: Gestione della manutenzione - Tale funzione ha lo scopo di recepire le necessità manutentive derivanti dalle scadenze associate al rispetto dei piani di manutenzione o quelle che derivano da richieste di intervento (segnalazioni di anomalie o possibili guasti), disponendo quando occorre il fermo dei veicoli e la generazione di ordini di lavoro
- Quarta funzione: Esecuzione della manutenzione - Tale funzione ha la responsabilità pratica degli interventi di manutenzione preventiva e correttiva
Questa ripartizione rende immediatamente evidente come non tutte le funzioni risultino delegabili.
Se infatti l’esecuzione della manutenzione risulta spesso esternalizzata e in carico ad officine di autoriparazione, e gli attuali strumenti di gestione dati consentono di acquistare da terzi anche servizi di ingegneria di manutenzione, la terza funzione, strettamente legata ai servizi, risulta convenientemente affidabile all’esterno solo in presenza di flotte che operano su territori vasti e non legati ad uno schema di servizio rigido, come nel caso di servizi interregionali/a lunga distanza.
La prima funzione, in ogni caso, resta responsabilità completa del titolare della flotta per tramite del maintenance manager, figura che presenta un profilo di competenza conforme a quanto previsto dal terzo livello della norma armonizzata UNI EN 15628.
Il make or buy di manutenzione
La teoria del make or by è ampiamente trattata nella letteratura economica fin dal secolo scorso; essa presenta alcuni schemi di riferimento che possono essere senz'altro utilizzati nel presente contesto per un’analisi critica del fenomeno della manutenzione dei parchi veicoli.
Un primo modello, quello di Williamson (1932-2020), mette in relazione la direzione della spesa (acquisto di servizi oppure investimenti in competenze interne) in relazione alla specificità delle risorse. In pratica Williamson osservò che, ogni qualvolta ci si trova di fronte a una scelta indotta da qualche cambiamento sia esso organizzativo tecnico di personale (attività volte al cambiamento), tale scelta è sempre polarizzata su due quadranti dell'ipotetico spazio definito da tali dimensioni.
In presenza di un mercato esistente e consolidato è senz'altro possibile acquistare servizi sullo stesso, ma in assenza di tale condizione (ed è spesso il caso per le flotte, a causa di vincoli geografici o tecnologici) non è pensabile fare scelte di ousourcing ed è necessario, indispensabile, acquisire e mantenere le competenze all'interno del proprio sistema organizzativo.
Un secondo modello, quello di Butler, aiuta a comprendere ancora meglio il fenomeno. In esso sono messe in relazione altre due grandezze la misurabilità delle performance, la quale evidentemente richiede specifiche competenze interne anche nell'attuazione della “buy”, e la congruenza dei fini fra acquirente e fornitore. Dalla sua analisi derivano interessanti considerazioni: nel recente passato sono stati infatti sperimentati differenti modelli che hanno portato a risultati non sempre felici proprio per un’errata impostazione del modello teorico alla base degli stessi, alcuni risultano in costante evoluzione, altri ancora mantengono l’efficacia dell’impostazione iniziale nel tempo. Una sintesi schematica degli stessi è la seguente:
- Creazione di società di manutenzione miste con fornitori esterni. In questo caso le aziende hanno devoluto la responsabilità intera della manutenzione del proprio parco a soggetti terzi poco controllabili ma nel cui capitale la società proprietaria della flotta era presente. In questi casi la responsabilità delle dell'attuazione dei piani di manutenzione è interamente in capo al fornitore, così come la scontistica sui ricambi è quella caratteristica dello stesso, così come la presenza, la gestione e la valorizzazione del magazzino di ricambi, solo per citare alcuni tratti distintivi. Si tratta evidentemente di un modello molto critico che, se in prima fase di attuazione poteva effettivamente far conseguire risparmi rispetto a una situazione preesistente non gestita, a tendere ha portato a un generale innalzamento dei costi e soprattutto alla completa perdita del controllo del processo manutentivo per il depauperamento delle competenze aziendali; queste ultime infatti servono non solo a svolgere la manutenzione (“quarta funzione”) ma anche e soprattutto a controllarlo (“prima funzione” e, in maniera correlata, “terza funzione”). Pur senza fare nomi, è il caso di un paio di realtà del Centro-Nord Italia che hanno operato nei primi anni 2000.
- Società di manutenzione “inter-company”, facente parti cioè dello stesso gruppo industriale. Si tratta di un modello simile a quello precedente ma nel quale i rapporti fra manutentore e fornitore di manutenzione sono rigidamente disciplinati da contratti di tipo privatistico, tipicamente nella forma del full service, con specifici KPI di misurazione delle performance. Va da sé che, per poter gestire tali contratti in maniera profittevole da entrambe le parti, occorre un sistema di misura delle prestazioni, ossia un software CMMS in grado di fornire una visione oggettiva del fenomeno manutentivo dal punto di vista tecnico oltre che economico. È il modello messo in atto, per esempio nel trasporto pubblico locale da Busitalia con la controllata SAVIT e, nei servizi ambientali, da Hera con la controllata Uniflotte.
- Strutture di manutenzione interna organizzate come “reparto full service” all'interno di un “global service” che comprende anche i servizi di piazzale di raccordo con l'esercizio. Questo modello risulta particolarmente utile per l’attuazione e il governo di acquisti di veicoli secondo il ciclo di vita (capitolati orientati all’LCC), che richiedono una forte interazione con i fornitori e un controllo completo del fenomeno tecnico da parte del gestore del parco. È il caso ad esempio di TPER Bologna.
Questi modelli si inseriscono evidentemente in uno scenario potenziale più complesso, che va da una manutenzione totalmente interna tipica dei sistemi tecnologici ottocenteschi alla completa devoluzione della responsabilità, tipica di ben più costosi contratti di Global Service. Si tratta evidentemente di scenari non attuali e non attuati nel settore in questione.
Il posizionamento fra modelli con prevalenza di outsourcing ad altri di esternalizzazione limitata a lavorazioni standard (gestione pneumatici, lavaggi tecnici, carrozzerie, complessivi), passando dagli scenari sopra descritti, è evidentemente funzione della numerosità della flotta: per “cantieri” ridotti o limitati nel tempo che curano parchi di alcune unità fino ad alcune decine di veicoli il modello “buy” è prevalente, per parchi sopra ai 1000 mezzi il “make” deve essere l’obiettivo a tendere per un efficace controllo e contenimento dei costi. In mezzo, occorre decidere, e per decidere occorre un metodo.
Metodologia suggerita
Da quanto ricordato sopra risulta evidente come il make or buy non possa derivare da una scelta di campo di tipo fideistico, come purtroppo ancora in molti casi avviene, ma che occorre prima soffermarsi sulle variabili al contorno. Per i valori economici in gioco e a tutela dei decisori in primis, questo può essere fatto ricorrendo all’ausilio di competenze esterne specifiche (altra forma di buy…), in modo da disporre di piani strategici validati da esperti di riconosciuta professionalità nel campo specifico.
Si suggerisce dunque di organizzare un tavolo di lavoro che, avvalendosi di tali professionalità, comprenda la direzione aziendale, i responsabili tecnici e degli acquisti, quelli delle risorse umane. Una possibile road map per tale tavolo, che nel giro di 6-9 mesi deve portare alla redazione di un documento di programmazione e dei relativi strumenti attuativi, è il seguente:
- Analisi del piano di sviluppo della flotta anche in funzione delle suggestioni esterne (veicoli “green”)
- Analisi della consistenza del mercato, anche con riferimento all’ambito locale, per ciascuna tipologia di veicoli e sistemi
- Analisi dell’organizzazione di manutenzione interna e delle sue potenzialità
- Definizione del mix ottimo make or buy contestualmente ad un modello di governo dei dati tecnici ed economici orientato al miglioramento continuo
- Scrittura dei capitolati tecnici di acquisto dei servizi secondo le buone pratiche di settore, per le quali sono disponibili o in corso di scrittura idonee linee guida a cura dell’Associazione Manutenzione Trasporti
- Organizzazione, nell’ambito delle strutture aziendali interne, della funzione deputata a gestire l’intero processo, aspetto comunque non delegabile, e delle logiche di attuazione delle altre tre funzioni (ad esempio con esternalizzazione dell’ingegneria di manutenzione)
- Formazione di tutto personale coinvolto, sia sulle competenze generiche (UNI EN 15628) sia su quelle specifiche (ad esempio UNI EN 13426 per veicoli a CNG/LNG e CEI 11-27 per quelli elettrici).
Alessandro Sasso, Coordinatore Sezione Trasporti, A.I.MAN.