Negli scorsi numeri della rubrica ho parlato circa l’importanza della causa radice di un guasto e ho evidenziato i metodi più semplici e intuitivi per intraprendere la sua ricerca, metodi facili da usare in situazioni più semplici e con relazioni lineari.
Per casi legati a sistemi più complessi, in cui i parametri sono molteplici e le interazioni tra le grandezze sono più complesse, metodi più elementari come il “5 perché” faticano a trovare una buona soluzione. Ad esempio, una rottura meccanica in una pressa può essere studiata con il “5 perché”. Invece, il malfunzionamento di un impianto di verniciatura in cui entrano in gioco fattori meccanici dell’impianto, fattori legati alla qualità della vernice e alla qualità dell’aria compressa utilizzata, fattori climatici come temperatura e umidità dell’aria, ecc., non è così facile da studiare con un metodo “lineare” che segue una traccia e la approfondisce fino a venirne a capo. Il problema è che segue una sola traccia e risulta insufficiente.
Si sente, quindi, la necessità di un metodo più aperto, un metodo che possa considerare tutte le possibili cause (vere o sbagliate) che possono aver generato il guasto o il malfunzionamento.
Quando la ricerca si fa così ampia, il rischio è che l’analisi si allarghi oltre misura e, alla fine, non si riesca a chiudere il cerchio, avendo così sprecato risorse senza aver ottenuto risultati. Quante volte vi sarà capitato di partecipare a una discussione tecnica in cui si parte da un dato tecnico e ci si ferma quando si capisce che dopo due ore di discussione ci si è spinti a parlare fino ai grandi cambiamenti climatici, ma non si è arrivati neanche a un abbozzo di soluzione.
Per questi motivi dobbiamo avere un metodo che, da un lato ci deve garantire un’ampiezza di vedute, ma dall’altro deve assicurare il rispetto di un ordine mentale, per poter poi arrivare a una soluzione applicabile e risolutiva.
Il metodo a “lisca di pesce”
Il metodo che ci viene in aiuto in questo caso è quello definito “causa effetto” o “a lisca di pesce” o “di Ishikawa”. È un metodo che si è iniziato a utilizzare in qualità, ma va benissimo anche per la manutenzione. In questo metodo partendo dall’effetto vengono prese in considerazione tutte le possibili cause e vengono raggruppate in quattro macrocategorie (nelle versioni più evolute le macrocategorie sono sei o addirittura otto). Una volta raggruppate le possibili cause nelle varie categorie si discute di ognuna di queste per giudicare se può essere vera oppure no; successivamente si approfondiscono quelle cause che possono essere alla base del guasto, eventualmente, valutandone le correlazioni e infine si trovano le possibili soluzioni.
Man, Machine, Method, Material
Per ricordare più facilmente le quattro macrocategorie principali si usano i loro nomi inglesi che iniziano tutti con la lettera “M”: Man, Machine, Method, Material, a cui si aggiungono nel caso di lavori più approfonditi anche Measurement e Mother nature (qualcuno aggiunge anche Management e Money).
- Man: raggruppa tutte le cause legate a errori umani: operatori che utilizzano male una macchina o non effettuano le sequenze di lavorazione nel giusto ordine.
- Machine: raggruppa tutte le cause tecniche legate alla macchina stessa, comprese quelle legate a lubrificazione, alimentazione ecc.
- Method: in questa categoria vengono inserite le cause legate al metodo di funzionamento di una macchina, un tipico esempio si verifica nel caso in cui un motore elettrico comandato da un inverter gira troppo lentamente e di conseguenza va in surriscaldamento.
- Material: qui troviamo tutte le possibili cause legate ai materiali in lavorazione: un liquido troppo denso può fare funzionare male una pompa.
- Measurement: negli impianti più recenti l’automazione gestisce anche il controllo dei parametri di processo; per fare ciò deve misurarli, ma se il sistema di misura sbaglia, il processo esce di controllo e si possono verificare guasti. Ne è un tipico esempio la rottura di un sistema di pesatura dei componenti in una miscela che poi potrebbe diventare troppo densa e rompere un agitatore.
- Mother nature: nei sistemi più complessi anche le situazioni ambientali possono avere il loro peso. Tutti sappiamo che i motori endotermici hanno variazioni di prestazioni e di rendimento al variare della temperatura e dell’umidità ambiente; una materia prima stoccata all’aperto avrà comportamenti diversi se lavorata a 2°C o a 30°C.
Graficamente, vediamo perché il metodo si chiama proprio “a lisca di pesce” con un semplice esempio legato alla quotidianità (figura 1).
Si parte da quello che è l’effetto che si è avuto, nel nostro caso il guasto o il malfunzionamento. Da qui si elencano a ritroso le possibili famiglie di macrocause che potrebbero aver procurato il danno e, sotto queste, le varie possibili cause primarie e secondarie. In seguito, si analizzano quali delle possibili cause possano aver effettivamente influenzato l’effetto indesiderato e, per queste, si mettono in atto azioni correttive.
Un esercizio di team building
Il metodo “a lisca di pesce” può diventare anche un buon esercizio di team building, dal momento che produce gli effetti migliori quando è eseguito da un team. Una volta Individuate le persone che possono dare un contributo fattivo all’analisi del progetto, le si riunisce in una sala.
Dopo aver parlato dell’effetto, il guasto, con tutte le esternazioni che questo ha provocato, si fa il brain storming in cui ognuno dice una possibile causa più o meno plausibile, mentre qualcuno ne prende nota. Quando non vengono più nuove idee si riportano quelle scaturite nel grafico “a lisca di pesce”. In seguito, il gruppo discute su ogni idea se effettivamente può aver avuto parte attiva nel causare l’effetto oppure no. Le cause che sicuramente non hanno provocato l’effetto vengono cassate, mentre per le altre si approfondisce l’analisi e si cercano eventuali cause radice per poi trovare delle azioni correttive.
Nel caso in cui le possibili cause siano molteplici e, di conseguenza anche le azioni da mettere in atto, per poter stabilire delle priorità si può applicare la metodologia FMECA, ma di questo parlerò in uno dei prossimi articoli.
Pietro Marchetti, Coordinatore Regionale sezione Emilia-Romagna, A.I.MAN.