Il Problem Solving in contesti aziendali

La Formal Failure Analysis di una linea di confezionamento di un birrificio (parte I)

  • Settembre 21, 2018
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  • Figura 1 – Fasi del processo  di produzione industriale della birra
    Figura 1 – Fasi del processo di produzione industriale della birra
  • Figura 2 – Fasi di lavoro della Formal Failure Analysis (FFA)
    Figura 2 – Fasi di lavoro della Formal Failure Analysis (FFA)

Introduzione

Nel presente articolo si descrive uno strumento innovativo di analisi dei guasti per la risoluzio­ne di problematiche complesse e multifattoriali nell’area confezionamento (packaging) di un’a­zienda del settore birraio. Il confezionamento o packaging è una fase fondamentale del proces­so produttivo di un’industria che si occupa del­la produzione di prodotti alimentari destinati al mercato finale. L’importanza dell’imballaggio di un prodotto è dovuta a tre fondamentali fattori: il contenimento, la protezione e la conservazione del prodotto; la funzione estetica ed informativa (poiché l’imballo è la prima parte del prodotto ad entrare in contatto con il cliente) ed infine il pre­ponderante peso sui costi di produzione.

Nel settore birraio in particolare il costo dell’imbal­laggio (bottiglia in vetro e cluster in cartone - co­siddetto multipack - di più bottiglie) costituisce una quota rilevante del valore del prodotto finito. Il con­fezionamento rappresenta inoltre una fase molto delicata, poiché, trovandosi a valle del processo produttivo (vedi Fig. 1), produce scarti di lavorazio­ne dal valore economico rilevante.

In tale fase del ciclo produttivo, è pertanto fonda­mentale perseguire 3 obiettivi conflittuali in grado di influire direttamente sul successo commerciale del prodotto: il soddisfacimento degli standard di qualità (sempre più elevati per esigenze di merca­to) e dei traguardi di produttività prefissati, unita­mente alla ricerca della massima efficienza.

Il perseguimento di un’elevata produttività e di bas­si costi unitari ha portato le aziende all’adozione di sistemi ad elevata automazione e, dunque, a sem­pre più elevati investimenti capital intensive. Di qui la necessità di minimizzare (teoricamente annul­lare) l’insorgere di guasti che, oltre a compromet­tere il perseguimento degli obiettivi prima illustrati, portano ad ingenti perdite economiche.

L’analisi dei guasti in Birra Peroni

Negli ultimi decenni, nella letteratura tecni­co-scientifica, sono stati sviluppati numerosi strumenti di problem solving al fine di persegui­re, o mantenere, elevati livelli di efficienza in ogni fase del processo produttivo. Tra gli strumenti più utilizzati vi sono: la “tavola di Ishikawa”, un diagramma causa-effetto che permette di avere una panoramica completa della cause riguardan­ti un problema; le “5W+1H - Who, What, When, Where, Why, and How”, una guida all’analisi ap­profondita di un problema attraverso l’uso di 6 semplici ma efficaci domande; i “5 Why”, tecnica simile alla precedente in grado di identificare la causa radice di un problema tramite la risposta ad una serie consecutiva di “perché”.

Nella pratica industriale, tuttavia, l’applicazio­ne di tali strumenti non sempre ha portato ai risultati attesi. In molti contesti la causa di que­sto insuccesso va ricercata nella mancanza di un approccio multidisciplinare, fattore che nel caso di guasti complessi compromette note­volmente il successo dell’applicazione di molti strumenti propri del problem solving [1,2,3,4].

L’azienda “Birra Peroni” ha sviluppato uno strumento per la ricerca e l’analisi dei gua­sti di sistemi complessi denominato “Formal Failure Analysis” (FFA). Lo strumento nasce proprio dalle considerazioni prima illustrate ed osservate in una delle linee packaging del­lo stabilimento di Bari del gruppo multinazio­nale Asahi.

Lo stabilimento, dotato di un reparto di pro­duzione del mosto e due linee di packaging, è caratterizzato da una capacità produttiva nomi­nale di 1,9 x106 [ettolitri/anno].

Lo strumento ha come punto di forza il ricorso ad un team di lavoro multidisciplinare che viene guidato nell’analisi di problematiche complesse attraverso l’applicazione di strumenti propri del problem solving e una schematizzazione prede­finita e formale dei dati del problema.

L’approccio si articola in sei fasi ed è supporta­to da un’applicazione basata su fogli di calcolo MS Excel®.

Descrizione della metodologia

La metodologia richiede preventivamente la costi­tuzione del team di lavoro multidisciplinare al quale devono partecipare tuti coloro che siano coinvol­ti nel processo/problema oggetto di analisi o che possano fornire un utile contributo alla risoluzione dello stesso (vedi Fig. 2).

Completata questa operazione, si procede con la prima fase, in cui si cerca di focalizzare il pro­blema in maniera ottimale ed individuare ciò che viene realmente coinvolto dall’anomalia presenta­tasi; questa fase prevede l’utilizzo dello strumento delle “5W + 1H” che, all’occorrenza, può essere supportato o sostituito dal “5 WHY” a seconda del problema trattato.

La seconda fase consente di descrivere il proble­ma in maniera più approfondita, escludendo, con 6 domande, le situazioni dove esso non si verifica e restringendo quindi il campo di azione della pro­blematica riscontrata.

Le 6 domande sono volte a individuare:

  • che cosa è affetto dal problema riscontrato;
  • cosa non è corretto;
  • quando il problema si è verificato per la prima volta;
  • se e quando il problema si è ripresentato;
  • durante quale operazione o processo è stato osservato il problema;
  • dove è localizzato il problema sull’oggetto.

Si passa in seguito alla terza fase che prevede la stesura di una tavola di Ishikawa, alla quale devono contribuire tutti i membri del team; è importante, in questa fase, non escludere a priori nessuna idea. Terminata la stesura della tavola, dalla stessa si estrapolano una serie di cause del problema che vengo­no poi elencate in una tabella presente sul foglio di lavoro, dove per ogni causa si riportano le risposte di ciascun membro del team alla semplice domanda: «Reputi questa causa responsabile del problema riscontrato?».

La quarta fase si basa sui risultati ottenuti nelle due precedenti. Inizialmente, per ciascuna causa di guasto individuata nella terza fase, il team provvede ad elaborare una risposta a ciascuna delle 6 domande definite nella seconda fase. Dall’analisi e dal confronto delle risposte elaborate per ciascuna causa, il team individua le cause su cui concentrarsi in modo prioritario.

Le cause individuate sono oggetto di lavoro del team nella quinta fase, in cui l’esclusione o la presa in considerazione di ogni causa deve essere supportata da almeno un’azione di verifica, cioè uno o più test effettuati per constata­re l’effettiva incidenza di quella particolare causa sul problema. Tutte queste azioni vengono raccolte in uno strumento dell’FFA denominato “Action Plan”.

Terminati tutti i test, le verifiche ed i confronti necessari, si passa alla fase conclusiva, la sesta, detta anche “chiusura del cerchio”. Ci si auspica di es­sere arrivati alla corretta definizione del problema e all’individuazione della miglior soluzione possibile del problema (azioni correttive), sia da un punto di vista di efficienza che di costo. Ultimata l’applicazione dell’FFA si procede con l’implementazione delle azioni correttive individuate e con la registrazione dei risultati oggettivi del miglioramento ottenuto.

... continua sul numero di ottobre.

 

Salvatore Digiesi, Ricercatore presso il Dipartimento di Matematica, Meccanica e Management, Politecnico di Bari 

Domenico Pacucci, Dottore in Ingegneria Meccanica, Politecnico di Bari

Alessandro Suriano, Manufacturing Development Manager, Birra Peroni, Bari Plant