Introduzione
Nel presente articolo si descrive uno strumento innovativo di analisi dei guasti per la risoluzione di problematiche complesse e multifattoriali nell’area confezionamento (packaging) di un’azienda del settore birraio. Il confezionamento o packaging è una fase fondamentale del processo produttivo di un’industria che si occupa della produzione di prodotti alimentari destinati al mercato finale. L’importanza dell’imballaggio di un prodotto è dovuta a tre fondamentali fattori: il contenimento, la protezione e la conservazione del prodotto; la funzione estetica ed informativa (poiché l’imballo è la prima parte del prodotto ad entrare in contatto con il cliente) ed infine il preponderante peso sui costi di produzione.
Nel settore birraio in particolare il costo dell’imballaggio (bottiglia in vetro e cluster in cartone - cosiddetto multipack - di più bottiglie) costituisce una quota rilevante del valore del prodotto finito. Il confezionamento rappresenta inoltre una fase molto delicata, poiché, trovandosi a valle del processo produttivo (vedi Fig. 1), produce scarti di lavorazione dal valore economico rilevante.
In tale fase del ciclo produttivo, è pertanto fondamentale perseguire 3 obiettivi conflittuali in grado di influire direttamente sul successo commerciale del prodotto: il soddisfacimento degli standard di qualità (sempre più elevati per esigenze di mercato) e dei traguardi di produttività prefissati, unitamente alla ricerca della massima efficienza.
Il perseguimento di un’elevata produttività e di bassi costi unitari ha portato le aziende all’adozione di sistemi ad elevata automazione e, dunque, a sempre più elevati investimenti capital intensive. Di qui la necessità di minimizzare (teoricamente annullare) l’insorgere di guasti che, oltre a compromettere il perseguimento degli obiettivi prima illustrati, portano ad ingenti perdite economiche.
L’analisi dei guasti in Birra Peroni
Negli ultimi decenni, nella letteratura tecnico-scientifica, sono stati sviluppati numerosi strumenti di problem solving al fine di perseguire, o mantenere, elevati livelli di efficienza in ogni fase del processo produttivo. Tra gli strumenti più utilizzati vi sono: la “tavola di Ishikawa”, un diagramma causa-effetto che permette di avere una panoramica completa della cause riguardanti un problema; le “5W+1H - Who, What, When, Where, Why, and How”, una guida all’analisi approfondita di un problema attraverso l’uso di 6 semplici ma efficaci domande; i “5 Why”, tecnica simile alla precedente in grado di identificare la causa radice di un problema tramite la risposta ad una serie consecutiva di “perché”.
Nella pratica industriale, tuttavia, l’applicazione di tali strumenti non sempre ha portato ai risultati attesi. In molti contesti la causa di questo insuccesso va ricercata nella mancanza di un approccio multidisciplinare, fattore che nel caso di guasti complessi compromette notevolmente il successo dell’applicazione di molti strumenti propri del problem solving [1,2,3,4].
L’azienda “Birra Peroni” ha sviluppato uno strumento per la ricerca e l’analisi dei guasti di sistemi complessi denominato “Formal Failure Analysis” (FFA). Lo strumento nasce proprio dalle considerazioni prima illustrate ed osservate in una delle linee packaging dello stabilimento di Bari del gruppo multinazionale Asahi.
Lo stabilimento, dotato di un reparto di produzione del mosto e due linee di packaging, è caratterizzato da una capacità produttiva nominale di 1,9 x106 [ettolitri/anno].
Lo strumento ha come punto di forza il ricorso ad un team di lavoro multidisciplinare che viene guidato nell’analisi di problematiche complesse attraverso l’applicazione di strumenti propri del problem solving e una schematizzazione predefinita e formale dei dati del problema.
L’approccio si articola in sei fasi ed è supportato da un’applicazione basata su fogli di calcolo MS Excel®.
Descrizione della metodologia
La metodologia richiede preventivamente la costituzione del team di lavoro multidisciplinare al quale devono partecipare tuti coloro che siano coinvolti nel processo/problema oggetto di analisi o che possano fornire un utile contributo alla risoluzione dello stesso (vedi Fig. 2).
Completata questa operazione, si procede con la prima fase, in cui si cerca di focalizzare il problema in maniera ottimale ed individuare ciò che viene realmente coinvolto dall’anomalia presentatasi; questa fase prevede l’utilizzo dello strumento delle “5W + 1H” che, all’occorrenza, può essere supportato o sostituito dal “5 WHY” a seconda del problema trattato.
La seconda fase consente di descrivere il problema in maniera più approfondita, escludendo, con 6 domande, le situazioni dove esso non si verifica e restringendo quindi il campo di azione della problematica riscontrata.
Le 6 domande sono volte a individuare:
- che cosa è affetto dal problema riscontrato;
- cosa non è corretto;
- quando il problema si è verificato per la prima volta;
- se e quando il problema si è ripresentato;
- durante quale operazione o processo è stato osservato il problema;
- dove è localizzato il problema sull’oggetto.
Si passa in seguito alla terza fase che prevede la stesura di una tavola di Ishikawa, alla quale devono contribuire tutti i membri del team; è importante, in questa fase, non escludere a priori nessuna idea. Terminata la stesura della tavola, dalla stessa si estrapolano una serie di cause del problema che vengono poi elencate in una tabella presente sul foglio di lavoro, dove per ogni causa si riportano le risposte di ciascun membro del team alla semplice domanda: «Reputi questa causa responsabile del problema riscontrato?».
La quarta fase si basa sui risultati ottenuti nelle due precedenti. Inizialmente, per ciascuna causa di guasto individuata nella terza fase, il team provvede ad elaborare una risposta a ciascuna delle 6 domande definite nella seconda fase. Dall’analisi e dal confronto delle risposte elaborate per ciascuna causa, il team individua le cause su cui concentrarsi in modo prioritario.
Le cause individuate sono oggetto di lavoro del team nella quinta fase, in cui l’esclusione o la presa in considerazione di ogni causa deve essere supportata da almeno un’azione di verifica, cioè uno o più test effettuati per constatare l’effettiva incidenza di quella particolare causa sul problema. Tutte queste azioni vengono raccolte in uno strumento dell’FFA denominato “Action Plan”.
Terminati tutti i test, le verifiche ed i confronti necessari, si passa alla fase conclusiva, la sesta, detta anche “chiusura del cerchio”. Ci si auspica di essere arrivati alla corretta definizione del problema e all’individuazione della miglior soluzione possibile del problema (azioni correttive), sia da un punto di vista di efficienza che di costo. Ultimata l’applicazione dell’FFA si procede con l’implementazione delle azioni correttive individuate e con la registrazione dei risultati oggettivi del miglioramento ottenuto.
... continua sul numero di ottobre.
Salvatore Digiesi, Ricercatore presso il Dipartimento di Matematica, Meccanica e Management, Politecnico di Bari
Domenico Pacucci, Dottore in Ingegneria Meccanica, Politecnico di Bari
Alessandro Suriano, Manufacturing Development Manager, Birra Peroni, Bari Plant