Il rischio della prevenzione

Rischio, ovvero valutazione/calcolo dell’impatto (economico ma non solo) che una determinata azione può creare, perturbando un sistema in apparente equilibrio

  • Marzo 8, 2019
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Il classico adagio “chi non fa, non falla” ha fondate radici di buon­senso ed è intrinsecamente giusto se ci confrontiamo con meccani­smi robusti, affidabili di cui abbiamo oltretutto un abbondante archi­vio storico disponibile.

La storia pregressa mi dà delle indicazioni preziose sulla criticità di un meccanismo, come pure di un organismo vivente. La raccolta di campioni omogenei per tipologia di danno, frequenza, conseguenze dirette e non, statisticamente elaborati (con un CMMS specifico) mi può consentire di creare determinate classi di rischio a cui attingono istituti di assicurazio­ni, organi di sorveglianza etc.

A livello economico non fa eccezione l’imprenditoria, con il ben noto “ri­schio d’impresa” con cui un amministratore capace deve confrontarsi in maniera puntuale, per garantire un futuro (grazie all’innovazione) per l’impresa, senza perdere il contatto con la realtà contingente.

Anche di ciò abbiamo ragionato nell’ultimo comitato tecnico della rivista, pungolati da parte di Marco Macchi, che in veste di Direttore vorrebbe provare un approccio dirompente alla tradizionale Ingegneria di Manu­tenzione come semplice “fotografia” di uno stato di cose fossilizzate da un’abitudine in cui ruoli e mansioni rimangono tra sé ben distinti. Introdu­cendo magari linguaggi e contaminazioni tra figure diverse del processo.

Da parte mia, riprendendo l’apparente ossimoro del titolo, vorrei provare a portare avanti il parallelo con gli approcci nel campo della fisiologia umana ed il mondo della diagnostica clinica, ed i possibili risvolti in campo industriale.

La prevenzione può presentare delle incognite

Ovvero se negli anni ’60 si fosse diffusa la notizia che le “iniezioni” (vuoi per somministrare un farmaco in maniera puntuale, che per prelevare un campione di sangue a fini diagnostici, precoci) erano in realtà un possi­bile veicolo di infezioni virali di livello epidemico, come nel caso della “epatite C” (meglio tipizzata solo a fine anni ’70) a causa della impossibilità di una efficace sterilizzazione degli aghi mul­tiuso… orbene quanti si sarebbero sottoposti a cicli di terapie o controlli, comunque benefici per la “salute generale” della popolazione? Ma­dame Curie ed il controllo dei raggi “X” hanno permesso di attraversare il corpo umano, ren­dendone visibili gli elementi più reconditi, ma di sicuro agli albori di queste tecniche, i danni del “fuoco amico” sono stati rilevanti, seppur in­compresi o sottaciuti.

Oggi una gestante fa un uso ben consapevo­le anche delle tecniche di indagine “soft” (tipo ecografico) che comunque alla lunga possono creare disagio al feto. E sono previste una serie scalabile di tecniche ed analisi cliniche per cre­are minor disturbo possibile ai pazienti di per sé resi fragili da una malattia, per comprenderne i contorni esatti di nocività.

Nell’industria

Altrettanto dicasi per le macchine strategiche di un impianto industriale, in cui dobbiamo distingue­re se, sin dalla fase di progetto, sono state previste eventuali procedure di controllo a fine predittivo.

Altrimenti la progettazione di una percorso che preveda “n” punti di misura da inserire in un “asset” non predisposto allo scopo, diventa un grande impegno con tutti i rischi (compreso un eventuale fallimento) del caso. La delusione delle eventuali attese è un fattore di rischio da anno­verare tra le possibili défaillance di un progetto orientato alla Predittiva, se non impostato in maniera organica.

Sempre alternando la fisiologia umana alla diagnostica meccanica, se in un paziente debbo procedere ad un controllo ematico “spot” alla ri­cerca di un dato urgente, essenziale (la glicemia ad esempio), posso eseguire una semplice “puntura di spillo” purché sterile, sul polpastrello ed ottenere alcune gocce di sangue, capaci di raccontare la situazione momentanea.

Ma se occorre costruire un vero quadro ematologico per una situa­zione clinica complessa, dovrò ricorrere ad apposite microcannule o farfalle endovene capaci di drenare senza ostacoli il giusto volume di fluido, consentendomi anche la periodica apertura/chiusura delle stesse, senza troppo disturbo per il paziente stesso.

Nulla di diverso se in un impianto industriale lubrificato debbo realizzare un controllo “una tantum” al fine di valutare la viscosità dell’olio presente. Un punto vale l’altro; posso quindi inserire una sonda dal tappo di riempimento e procedere come consentito dalla geometria progettuale del sistema.

La viscosità è una proprietà fisica, intrinseca dell’olio e come tale distri­buita (e facilmente misurabile) in maniera omogenea. Stessa situazione se prevedo di monitorare l’invecchiamento dell’olio, ed in generale la sua “ossidazione” per valutarne la vita utile residua in esercizio.

Se al contrario sono alla ricerca di un potenziale guasto meccanico, e dalle mie analisi desidero ricavare un trend puntuale sull’usura di de­terminati metalli “critici” dovrò progettare (non ci preoccupiamo di ciò, esistono norme precise al riguardo) un modo per captare il fluido in un luogo particolarmente turbolento, a monte di un filtro, con la macchina in pieno regime.

Occorrono perciò degli appositi “stacchi” o rac­cordi con rubinetti di sicurezza, che mi consen­tano la raccolta del giusto quantitativo di olio nel momento più opportuno.

Tutto ciò rende la vita della figura tecnica prepo­sta ai controlli (durante la ronda ispettiva) meno rischiosa e più soddisfacente; specie se (in otti­ca di TPM) il dato analitico successivamente ri­cavato è fatto oggetto di costruttiva discussione.

Concludendo

Tutto ciò richiede un investimento economico, ma soprattutto metodologico in vista di una pro­grammazione accurata, senza interferire trop­po con la Produzione, che non vede sempre di buon occhio eventuali intromissioni sulla linea. Anche se in seguito i benefici per tutto il “siste­ma azienda” saranno palesi.

In sintesi, come condiviso anche tra colleghi del settore, si evidenzia la necessità di un approccio multi-culturale diverso dal passa­to a partire dal Management aziendale che deve entrare nell’ottica di considerare la Ma­nutenzione in tutti i suoi aspetti (questi temi risultano accattivanti, ma sono complessi da integrare) non più come un costo ma un in­vestimento.

 

Giuseppe Adriani, Referente Area “Ingegneria di Affidabilità e di Manutenzione”,  CTS Manutenzione T&M