Il sig. Rodolfo De Angelis componeva e cantava nel 1933 un motivetto simpatico dal titolo "Ma Cos'è Questa Crisi?", ottenendo grande successo e fortuna.
Forse lo stesso motivo riproposto oggi avrebbe potuto generare meno favore di pubblico, anche se a proporlo fosse un noto attore, cantautore, poeta, pianista, compositore e pittore italiano, autore di canzoni ed esponente di rilievo del teatro di varietà, qual'era Rodolfo Tonino, vero nome dell'artista sopra citato.
Infatti, il maggior dubbio amletico di questo inizio 2015 è, senza ombra di dubbio, la risposta alla domanda: siamo usciti dalla crisi?
Questo termine, abborrito da noi negli ultimi anni, ha per la saggezza orientale della cultura cinese un doppio significato:
Il superamento di ogni crisi ha, quindi, come strategia la diminuzione o l'eliminazione dei rischi e la massimizzazione delle opportunità.
Se da un lato è chiaro il significato di opportunità come capacità di rubare un giorno al tempo, stigmatizzato da Orazio con il "carpe diem", è necessario sottolineare come in letteratura e nel linguaggio corrente non vi sia un significato preciso e ben determinato da attribuire alla parola "rischio". Nell'accezione comune il termine è utilizzato per esprimere la possibilità in un evento generico di subire un danno, una lesione all'incolumità personale, una perdita di natura variabile (il rischio di perdere un aereo e quindi tempo, il rischio di perdere reputazione o stima) e altro ancora.
In sostanza il rischio è associato alla generica impossibilità di prevedere in modo esatto avvenimenti futuri, che implicano sviluppi negativi per l'evento considerato.
Vorremmo distinguere tra rischi speculativi (o d'impresa) e quelli puri:
- i rischi puri sono la possibilità di subire un danno o una perdita di qualsiasi natura: ai beni, alle risorse o all'immagine.
- i rischi speculativi o d'impresa sono fattori di incertezza legati all'attività economica.
In entrambi i casi nel mondo dell'industria la strategia di minimizzare i rischi si declina attraverso l'adozione del Facility Management.
Vogliamo analizzare le varie peculiarità di tale disciplina per poter dimostrare la tesi sopra esposta elencandole in ordine sparso.
La Maintenance Management Strategy è usata per migliorare continuamente la manutenzione e l'operatività delle facility; assicura che decisioni di business consapevoli ed informate influiscano favorevolmente sull'economia, sull'ambiente e sulla salute attraverso una manutenzione efficace ed in linea con gli obiettivi di business ottenendo:
- Affidabilità e disponibilità delle apparecchiature
- Riduzione dei tempi di indisponibilità
- Riduzione dei costi di manutenzione
- Miglioramento della qualità
- Aumento del tempo di utilizzabilità
- Miglioramento della profittabilità
Punto chiave di tale metodologia è l'applicazione della articolazione delle attività di manutenzione dando priorità a quelle apparecchiature il cui deterioramento è più probabile e produce maggiori danni: Business Focused Maintenance.
Il Facility Management applica puntualmente queste pratiche nella gestione delle utilities degli impianti di produzione e minimizza la probabilità di accadimenti e danni, quindi azzera il rischio di perdere produzione, quindi fatturato, quindi immagine dell'azienda sul mercato di riferimento.
Una attenta analisi degli impianti prima di avviare un contratto di Facility Management che esegua l'inventario apparecchiature, osservi lo stato delle stesse e riorganizzi eventualmente i piani di manutenzione potrà evitare future interruzioni del business.
Mentre una "due diligence" che analizzi i costi correnti ed i processi attuali permetterà miglioramenti nella qualità delle operazioni e l'eliminazione di sprechi diminuendo i rischi d'impresa.
La crisi ha implicato una endemica carenza di capitale in pressoché tutti gli operatori del mercato, con un rallentamento negli investimenti immobiliari su nuove costruzione.
Poiché nel lungo periodo il costo di gestione e manutenzione di un edificio è cinque volte quello della sua costruzione, l'attenzione si è spostata verso la salvaguardia dei beni e del loro valore attraverso il Facility Management integrato con la gestione del BMS (Building Management System).
Le maggiori società di servizi integrati di Facility Management investono costantemente in tre direzioni fondamentali: innovazione, competenza e tecnologia.
Per innovazione intendiamo la ricerca ed applicazione costante di best practices in grado di diminuire i costi di gestione ed aumentare la funzionalità di un edificio e la sicurezza persone, con evidente vantaggio nel primo caso rispetto al rischio fallimento, indebitamento, bancarotta, nel secondo caso soprattutto rispetto alla diminuzione di incidenti sul posto di lavoro.
Il concetto di competenza si esplica nella capacità di rivedere e reingegnerizzare processi operativi e nel renderli sempre e comunque conformi alle legislazioni: facciamo riferimento alla legge 231, cioè Responsabilità di Impresa, Codice Etico e Responsabilità delle persone Giuridiche ex D.Lgs 231/01, la cui non osservanza può arrivare sino alla interdizione delle attività di impresa: massimo livello di rischio.
Molto più ampio è il tema della tecnologia che nella nostra fattispecie prende il nome di Computer Aided Facility Management (CAFM), insieme di applicazioni software che tendono sempre più a qualificarsi come Business Intelligence, intendendo con tale concetto un repository di un alto e numeroso livello di informazioni che possano essere osservate da differenti angolature di competenza.
Continua a leggere l'articolo di Antonio Ive, School of Management - Politecnico di Milano, sul numero di Settembre 2015 di Manutenzione T&M