Premessa
Le definizioni (Wikipedia).
In economia, con "infrastruttura" si va a definire la rete di beni e servizi che, pur non operando direttamente sul sistema produttivo, è fondamentale per lo sviluppo socio-economico del Paese mediando i rapporti tra le parti.
In ingegneria, si definisce infrastruttura l'elemento o l'insieme dei componenti che struttura un territorio secondo le necessità umane. A seconda della sua dislocazione sul territorio troviamo infrastrutture a rete e infrastrutture puntuali. Le prime compongono una rete di impianti e servizi interconnessi tra loro da specifici punti nodali. Per sua natura, questo tipo di infrastrutture necessita di raggiungere vaste zone di territorio o comunque un grande numero di cittadini per essere efficiente. Tra di queste troviamo le reti dei trasporti, sia di energia che di mezzi e persone, composte da strade, ferrovie, canali, gasdotti, oleodotti ecc. Troviamo poi le reti di telecomunicazione (rete telefonica, emittente televisiva, emittente radiofonica ma anche la rete informatica nel suo complesso), vitali (acquedotti), di scarico (fognature) e di difesa del suolo (impianti di smaltimento rifiuti, così come le reti di prevenzione dal rischio idro-geologico). Il secondo tipo invece ha valore in quanto tale. Ne sono un esempio ospedali, scuole ma anche l'insieme delle infrastrutture di base composto da carceri, stazioni di polizia e dell'esercito, tribunali etc.
Domande
Alcune veloci considerazioni. Le domande che dobbiamo porci:
- A che punto siamo?
- Abbiamo una idea a livello strategico di dove andare?
- Esiste un percorso ottimale?
- Ce la possiamo fare con le risorse (economiche, di persone, di mezzi)?
A leggere un estratto della relazione del CIPE al Parlamento del 2020 sembrerebbe che vada tutto abbastanza bene. Ora abbiamo anche le risorse del PNRR. Però nella stessa relazione si riporta:
“Più in generale, i ritardi tipici di realizzazione delle scelte di politica economica in materia di spesa di investimento infrastrutturale, hanno fatto sì che l’aumento delle risorse per investimento, assicurate dai diversi Governi dal 2015 ad oggi, hanno cominciato a concretizzarsi in molti casi, in termini di apertura di cantieri e spesa effettiva, nel corso del 2019, con un lag temporale dovuto alle diverse fasi di programmazione, alla progettazione, agli iter autorizzativi e dei pareri”.
E a sentire quanto riportano le fonti di informazione (giornali, televisioni) le cose non sono così rosee. Quello che rende dubbiosi sono le tempistiche. Si parla con disinvoltura di scadenze di anni e anni nel futuro senza considerare gli anni persi nel passato. E questo sperando che non ci siano intoppi, ricorsi, fallimenti di imprese.
Cosa sarebbe successo col ponte di Genova se fossimo stati in tempi “normali”?
E la Manutenzione?
Abbiamo più volte trattato nel recente passato l’argomento, sottolineando che anche per le infrastrutture la Manutenzione deve cambiare.
Riportiamo a livello esemplificativo un estratto di un articolo di Cinzia Talamo pubblicato a dicembre 2018.
“Molteplici sono i fattori che ormai rendono non più procrastinabile l’avvio di politiche unitarie di manutenzione delle infrastrutture, quali tra gli altri: l’invecchiamento dei manufatti, molti dei quali in calcestruzzo armato, la cui durata non è ancora pienamente prevedibile; l’usura legata ad usi, spesso differenziati, che stressano in modo prolungato oggetti progettati in origine in relazione a carichi di utilizzo diversi dagli attuali; i cambiamenti climatici, i quali effetti stanno repentinamente accelerando le dinamiche di degradamento di molte componenti infrastrutturali e allo stesso tempo stanno modificando i requisiti di funzionamento a queste richiesti; le manutenzioni eseguite in passato in modo discontinuo e fuori da logiche di effettiva pianificazione che non consentono di avere oggi un quadro informativo affidabile e utile per stime probabilistiche dei futuri comportamenti; rischi nuovi (come per esempio quelli legati al terrorismo) che richiedono alle infrastrutture livelli di affidabilità, disponibilità e resilienza molto superiori a quelli del passato anche recente.
In questo senso tre paradigmi di riferimento dovrebbero configurare la prassi della manutenzione delle infrastrutture:
Manutenzione come sistema, ossia come insieme complesso di variabili interconnesse all’interno di una rete di relazioni non lineari, gestibile solo attraverso apparati conoscitivi pluridisciplinari e articolate competenze tecniche, organizzative ed economiche, capaci di riconoscere e gestire, in relazione ai territori e ai diversi insiemi di utenti, le relazioni fisiche e logistiche tra categorie diverse di manufatti e reti infrastrutturali
Manutenzione come servizio, ossia come attività complessa esercitata da organizzazioni in grado di integrare informazioni strutturate, know-how tecnico, capacità strategiche e manageriali e di garantire nel tempo una condizione di qualità del servizio stesso.
Manutenzione come programma, ossia come progetto strategico e operativo delle risorse in grado di definire e gestire nel tempo e a condizioni ottimali il rapporto tra livelli di qualità attesi e attività necessarie al loro raggiungimento.
In questo senso i temi fondanti della manutenzione preventiva (strategie di manutenzione secondo condizione e predittiva a soglia, anagrafi e sistemi informativi, piano e manuale di manutenzione, ecc.) trovano nella dimensione complessa e nella grande scala delle infrastrutture un terreno di applicazione in grado di attivare e attirare nuovi stakeholder e nuove professionalità e allo stesso tempo di legarsi a nuovi ambiti sperimentali di innovazione ICT quali quelli delle applicazioni di BIG DATA e dell’internet delle cose (IOT)”.
Si conferma quindi la necessità di acquisire anche per le infrastrutture una nuova mentalità, un cambio culturale che deve partire (repetita iuvant) dal top management.
Bruno Sasso, Coordinatore CTS - Comitato Tecnico Scientifico, Manutenzione & AM