Innovare la cultura manutentiva per migliorare efficienza e qualità

Intervista esclusiva all'ing. Rosario De Marchi, Factory Manager di Acque Minerali San Benedetto

  • Dicembre 15, 2015
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  • Rosario De Marchi, Factory Manager di Acque Minerali San Benedetto, è in azienda dal 2010
    Rosario De Marchi, Factory Manager di Acque Minerali San Benedetto, è in azienda dal 2010
  • Innovare la cultura manutentiva per migliorare efficienza e qualità
    Innovare la cultura manutentiva per migliorare efficienza e qualità

La redazione di Manutenzione si è recata presso lo stabilimento di Scorzé di Acqua San Benedetto, la società multinazionale italiana leader nel campo delle acque minerali e del beverage in generale. Alle domande ha risposto il Factory Manager, l'ing. Rosario De Marchi.

Ing. De Marchi, Acque Minerali San Benedetto nasce nel 1956 nel Parco del Sile per l'imbottigliamento delle acque minerali di Scorzè. Può spiegarci a grandi linee l'evoluzione dell'azienda diventata multinazionale e dello stabilimento in cui ci troviamo?

 

Quella di Scorzè, è la prima e principale sede di Acque Minerali San Benedetto. Ve ne sono poi altre tre a Donato (Biella), Popoli (Pescara) e Nepi (Viterbo), a cui si sono recentemente aggiunte Fonti del Pollino e Fonti del Vulture.

 

In questo stabilimento si produce tutta la gamma di Beverage, dal PET, al vetro fino alla lattina. Per ultimo l'anno scorso è stata aggiunta la produzione di té in buste, arrivando a completare così tutta la gamma del packaging. Il target di riferimento è il più eterogeneo possibile: dalla famiglia, al bar, passando per la GDO, abbracciamo tutte le tipologie di consumatore. Acque Minerali San Benedetto è un'azienda che ha sempre avuto nel proprio DNA il concetto di innovazione vivendo, specie negli anni Ottanta, la fase di massima evoluzione quando, prima in assoluto, ha sperimentato e commercializzato il tè nel formato PET. Da allora in poi è stato un continuo sviluppo di gamme e formati che l'hanno portata a confermarsi un leader di mercato, e a fare scuola per tanti concorrenti.

 

Il tutto ovviamente non sarebbe stato possibile senza una forte spinta agli investimenti da parte della proprietà, che hanno permesso e permettono tutt'oggi un importante impulso all'innovazione di prodotto e di processo: ricerca e sviluppo, progettazione, realizzazione dei prototipi, modifiche sulle macchine e implementazioni di nuove parti sono tutte fasi che avvengono infatti all'interno dell'azienda.

 

In più, negli ultimi anni, c'è stata anche una forte spinta all'innovazione dal punto di vista culturale, aspetto che considero in un certo senso la chiave di volta per San Benedetto.

 

Cosa implica questo cambio culturale, anche nello specifico per il comparto manutenzione?

Rappresenta un vero e proprio cambiamento di paradigma. Cerchiamo di far passare il messaggio che il singolo non è più un semplice ingranaggio del sistema, bensì una sua parte fondamentale: ciò significa che ciascun operatore è anche il primo manutentore oltre che il primo responsabile del controllo qualità. Il fatto di riuscire nel tempo a ottenere questa disponibilità da parte dei nostri lavoratori è motivo di orgoglio per noi, specie se consideriamo quanto sia difficile trovare esempi simili nel panorama industriale italiano. Nello specifico della manutenzione, il concetto che stiamo spingendo è quello di farla percepire non più come un centro di costo, bensì come un centro di profitto.

 

Anche in questo caso grande merito va alla proprietà, che negli ultimi anni ha capito quanto possa fare la differenza investire in una manutenzione che sia veicolo di efficienza, qualità e competenza all'interno di un'azienda manifatturiera e di processo come questa.

 

Nonostante abbiamo ormai raggiunto grandi dimensioni infatti, la famiglia proprietaria è molto presente, non solo dal punto di vista fisico ma anche mentale. La vicinanza ai lavoratori, con frequenti visite alle linee, è un messaggio forte che dà grande sicurezza. Ed è una proprietà che suggerisce anche delle idee e strategie ma senza imporsi.

 

Questo ci ha consentito di fare negli ultimi anni un ottimo lavoro di riconversione del personale, permettendoci di trovare la giusta mansione per ogni persona, dandole il giusto valore. Così è stato anche nell'ambito tecnico della manutenzione, dove sono stati fatti dei lavori molto importanti dal punto di vista della competenza sia del personale tecnico (manutentivo), sia di quello produttivo. Credo che oggi questo sia il valore aggiunto che ci permette di essere un'azienda leader nel settore.

 

 

 

La sua qualifica è quella di Factory Manager. Quali sono nel dettaglio le sue mansioni?

Sotto questa qualifica rientra la responsabilità di tutti gli aspetti operativi della parte produzione, manutenzione, miglioramento continuo e controllo qualità in linea. In sostanza di tutto quello che è l'operation diretto relativo alla produzione/consegna del prodotto.

 

Svolgevo già questo ruolo nel mio precedente impiego in un'altra azienda del settore, dove sono stato fino al 2010 ricoprendo vari incarichi: inizialmente project leader nell'ufficio tecnico, quindi responsabile di manutenzione, per poi passare alla produzione e infine alla riorganizzazione interna come Factory Engineer. Tuttavia quando poi mi si è prospettata la possibilità di affrontare la sfida di un'azienda importante come San Benedetto non ci ho pensato due volte.

 

Negli ultimi anni ha implementato alcune iniziative tra cui il lancio del progetto Kaizen e del programma 5S. Ce li può descrivere?

Entrambe le iniziative sono proprio figlie di quel cambio di passo culturale voluto fortemente dalla proprietà.

 

La nascita stessa dei cantieri Kaizen deriva dalla necessità, obbligata per un'azienda alimentare come la nostra, di mantenere per principio un altissimo standard qualitativo, perché peccare in qualità significa mettere a rischio il consumatore.

Abbiamo così cominciato implementando progetti di miglioramento dello standard di qualità nelle linee, e avviando in seguito il progetto 5S, funzionale all'ottimizzazione degli spazi, all'ordine interno alla fabbrica e a tutto ciò che riguarda l'ergonomia. La fase successiva prevede audit interni incrociati tra il personale per verificare il rispetto di tali standard.

 

In parallelo siamo partiti anche con l'automanutenzione del personale di produzione, che rappresenta il terzo pilastro di questa politica.

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