A fine 2019 si è chiuso il periodo fissato per la procedura a sportello di richiesta dei voucher messi a disposizione in Italia dal Ministero per lo Sviluppo Economico per le PMI affinché queste si possano dotare nel prossimo triennio di un “Innovation Manager”.
Tale figura, nelle intenzioni del Legislatore, dovrebbe rappresentare un aiuto per le piccole e medie aziende verso l’accelerazione tecnologica attraverso la guida al cambiamento e all’aumento della competitività.
Cosa ci si aspetta degli Innovation Manager
Questi nuovi “professionisti dell’Innovazione” potranno dunque prestare servizio presso le PMI grazie a sovvenzioni governative per quelle imprese che hanno presentato una richiesta di finanziamento legata a un progetto che dimostri la necessità di tali professionisti per accrescere la propria leva competitiva attraverso una strategia di innovazione.
La figura dell’Innovation Manager è stata prevista nella legge di bilancio 2019, e ad essa sono destinati circa 75 milioni di euro per gli anni 2019, 2020 e 2021. Nello specifico, micro imprese, PMI e reti di impresa potranno usufruire di un contributo sotto forma di voucher per avvalersi della collaborazione di un singolo manager, sia esso un libero professionista libero o una figura legata a una società di consulenza: il contratto dovrà avere la durata di almeno nove mesi e prevedere esplicitamente l’attuazione di una trasformazione digitale nell’ambito dei seguenti settori strategici:
- Integrazione e digitalizzazione processi
- Nuovi metodi organizzativi
- Big data e analytics
- Digital Marketing
- IOT e IOM
- Open Innovation
- Interfaccia uomo macchina
- Cyber Security
- Prototipazione rapida
- NPR e processi produttivi
- Cloud, fog e quantum computing
- Quotazione e M&S
- VR/AR
- Simulazione sistemi Cyber.fisici
- Robotica
- Manifattura additiva e 3D Printing
I finanziamenti sono a fondo perduto e distinti per dimensioni aziendali:
- Alle micro e piccole imprese è riconosciuto un finanziamento pari al 50% delle spese fino a un massimo di 40 mila euro
- Alle medie imprese va il 30% delle spese fino a un massimo di 25 mila euro
- Alle reti di imprese invece viene consentito un finanziamento pari al 50% delle spese fino a un massimo di 80 mila euro
Nelle intenzioni del MISE l’agevolazione «è corrisposta (…) per favorire processi di digitalizzazione e riorganizzazione aziendale e sviluppare competenze - sul piano tecnico e manageriale – in grado di consentire la gestione dei profili di complessità organizzativa e produttiva che impone la trasformazione tecnologica». Ciò significa che i manager che saranno chiamati a sostenere i processi di ammodernamento gestionale e organizzativo dell'impresa dovranno necessariamente possedere competenze sui sistemi di gestione, in particolare sulla ISO 9001:2015 per la Qualità, e sui nuovi sistemi di gestione dell'innovazione.
A tale proposito si ricorda come la ISO 9001:2015 - Sistemi di gestione per la Qualità, che ha introdotto il pensiero basato sul rischio, può di per sé essere utilizzata quale base per portare innovazione nella propria strategia aziendale stante il rapporto esistente con l’impianto di Impresa 4.0; più interessante, tuttavia, la nuova serie ISO 56000, che fornisce un approccio sistemico alla gestione dell'innovazione. La ISO 56002, in particolare, vuole essere una guida su strategia, processo, cultura e questioni chiave su cui porre attenzione mentre si sviluppa la Gestione dell'innovazione e dà un indirizzo su come avviare la stessa; tale standard è stato rilasciato il 15 luglio 2019.
Il ruolo della manutenzione
Una fin troppo facile osservazione critica porta a rilevare come, ancora una volta, il sostegno alle imprese sia basato acriticamente sulla “innovazione”: un approccio pragmatico porta a ricordare come ciò che può definirsi innovativo è stato progettato, sperimentato, ma non - per definizione - utilizzato a sufficienza per conoscere la reale vita utile del servizio/prodotto di cui è oggetto, e dunque disporre di dati a sufficienza per caratterizzarne il comportamento (noi manutentori riconosciamo facilmente in ciò la distribuzione del tasso di guasto) lungo la vita utile dello stesso.
Al contrario, l’attenzione a ciò che è già caratterizzato non solo per i dati di progetto ma soprattutto grazie a sufficienti ritorni dal campo è molto più “spendibile” per attuare una trasformazione che non sia la continua proposizione di qualcosa di “nuovo”, ma punti lo sviluppo delle imprese sull’affidabilità di ciò che viene da loro offerto.
Si tratta dunque qui di comprendere come le tecnologie digitali e, prima di esse la riorganizzazione dei processi, che certo rappresentano elementi di novità, possano essere impiegati per ottenere e valorizzare proprio quei ritorni dal campo così preziosi: è questa è proprio l’essenza del paradigma “Manutenzione 4.0”.
L’analisi dell’elenco degli Innovation Manager accreditati dal MISE incoraggia questo approccio: dei 3.659 liberi professionisti e 5.297 consulenti legati a società di scopo, ben il 33 % dichiarano le due specializzazioni “Integrazione e digitalizzazione processi” e “Nuovi metodi organizzativi”, a testimonianza di come la conoscenza delle tecnologie (per ciascuna di esse la relativa percentuale è molto più bassa) sia necessaria ma subordinata alla conoscenza dei processi.
Innovare nell’impresa, del resto, vuol dire spesso cambiare l’impresa stessa (in termini di core business, di alleanze strategiche, di reattività potenziale), e ciò comporta necessariamente una buona dose di senso dell’avventura, tipico di chi intraprende. L’unico modo per misurare e controllare tale rischio è quello di sviluppare nuovi servizi basati sul controllo del bene, che vanno al di là della mera manutenzione predittiva, per conoscerne non solo lo stato del funzionamento ma anche tutte quelle informazioni che ne caratterizzano l’utilizzo, la destinazione, la finalità d’impiego. E dunque la reale soddisfazione del cliente.
Estremizzando tale ragionamento e prendendo ad esempio i produttori di Machinery, ciò potrebbe portare ad adottare il medesimo metodo utilizzato oggi per il cloud computing, ossia la possibilità di far fronte a domande di produzione mettendo “in rete”, la capacità produttiva delle macchine fornite ai propri clienti… si tratta certo di una sfida estrema e dichiaratamente provocatoria, ma ciò dimostra quali siano le possibilità offerte da una revisione dei processi di mercato (non solo di produzione o manutenzione) che colga appieno le possibilità offerte dall’attuale tecnologia e ancora di più della centralità che hanno assunto oggi i dati quando questi assumono rilevanza su scala globale e non rimangano dipartimentati rispetto ai classici ambiti fornitore-cliente o fornitore-rete di assistenza.
Per fare ciò occorrono in ogni caso Innovation Manager che sappiano prescindere dalla tecnologie in sé (si pensi alle tante perizie “4.0” firmate in questi anni basate su mere considerazioni tecniche) e dai sistemi di gestione adottati solo con l’obiettivo di ottenere una certificazione: occorre disporre di competenze orientate alla gestione dei fenomeni tecnico-organizzativo sul periodo medio-lungo, che è la classica forma mentis del manager di manutenzione.
Un altro parallelo, per meglio far comprendere dove il suesposto “Lateral Thinking” può portare è quello con il Car Pooling; come noto, al netto dei limiti caratteristici da quadri legislativi diversi, mediante semplici App è possibile oggi usufruire in maniera globale (ovunque, da parte di chiunque) di servizi di per sé nati come individuali: la manutenzione intesa come controllo dei beni, del loro stato, della loro disponibilità, può essere finalizzata non solo al mantenimento in efficienza (“ripristino dello stato di funzionamento...”) ma anche, se messi in essere i giusti processi e individuate le giuste tecnologie, all’utilizzo della capacità residua rispetto alla produzione (di beni e servizi) per una clientela più ampia.
Ampia quanto il mondo.
Alessandro Sasso, Presidente ManTra, Coordinatore Regionale A.I.MAN. Liguria, Innovation Manager accreditato MISE