Mentre il lavoro, durante il secolo scorso, si è progressivamente spostato dall’agricoltura, all’industria e successivamente al terziario, il manutentore in tutti questi settori ha sempre svolto la stessa attività, seppur con tecnologie, metodi e culture sempre più avanzate.
L’immagine del manutentore che con la realtà aumentata (AR) osserva su uno schermo (ma visto da fuori appare come un occhiale) le istruzioni per eseguire l’intervento in collegamento remoto con un collega esperto di quella particolare situazione, ci riporta agli anni ’80 con i sistemi esperti.
Allora, in Francia, c’era già l’idea che il manutentore potesse essere guidato nella realizzazione di interventi complessi da un esperto, i tempi però non erano maturi e le tecnologie disponibili insufficienti. Ci furono diversi seminari in proposito organizzati da ACTIM in collaborazione con AFIM. Ma niente di più.
Ora si può.
La differenza la fanno prima di tutto IoT che con la sensoristica distribuita mette a disposizione su Big Data miliardi di informazioni, e poi l’intelligenza artificiale (AI) che questa enorme mole di dati è in grado di interpretare e trasformare in suggerimenti, azioni, interventi.
Carmelo Papa (Ceo di STMicroelectronics), sostiene infatti che il processo di automazione “permetterà alla manifattura di fare cose prima impensabili come la manutenzione predittiva”, una vera manutenzione predittiva, che permetta una reale predizione delle conseguenze di una miriade di derive controllate da migliaia di sensori, e monitorate dalla AI.
Questi strumenti potranno anche fare l’inventario di magazzino, ma non credo come invece sostiene Papa che saranno in grado, senza supporto umano, di “ridurre al minimo il tempo di fermo macchina”.
Il manutentore nella Industria 4.0 (manifatturiera), non sarà “automizzato”, ma avrà strumenti ben più potenti di oggi. Una AI, che farà la sintesi fra sensoristica e Big Data, una AR, e sarà aiutato da esoscheletri. Essi daranno un grande supporto all’atto riparatorio, che rimane a mio parere uno dei passi più qualificanti dell’azione manutentiva, che sia accidentale, migliorativa, o sia intesa come riciclo, rigenerazione, o per estendere il ciclo di vita (Second Life).
La natura del lavoro manutentivo rimarrà prettamente esecutiva, ma pur sempre creativa e non trasferibile ad un automa. Il manutentore “umano” anche ai livelli più alti di automazione, sarà indispensabile per svolgere tutte le attività complesse caratterizzate da conoscenza generativa, non trasferibile.
Non è solo tecnologia, c’è poi da compiere un cambiamento di mentalità organizzativo.
Le manutenzioni sono una parte consistente del lavoro in fabbrica, con una complessità variabile in relazione al contesto che nel manifatturiero è estremamente variegato.
Oggi esiste ancora una dialettica fra i capi officina e la manutenzione, ma l’interazione fra queste due attività è scarsamente pianificata. La manutenzione risponde alle chiamate dei capi officina o è malamente sopportata quando richiede una fermata di macchina programmata.
Nella industria 4.0, ci sono dispositivi mobili o indossabili usati per comunicare fra i reparti, per notificare lo stato delle macchine al fine di evitare guasti o fermate impreviste, che rappresentano una perdita importante nei moderni impianti integrati.
La sensoristica diffusa anticipa le derive e con AI consente decisioni tempestive sui fabbisogni di manutenzione, valutando esigenze di pronto intervento o di manutenzione programmata supportate da AR (Dimitris Mourtzis, Integrated Production and Maintenance Scheduling Through Machine Monitoring and Augmented Reality: An Industry 4.0 Approach, 2017).
Il lavoro in fabbrica quindi cambierà e non solo in manutenzione.
Le imprese italiane si troveranno a fronteggiare due sfide: il bisogno di un aumento consistente della produttività e della capacità competitiva, e la crescente accelerazione dell’innovazione tecnologica, che comporterà importanti investimenti sia di capitale, sia di lavoro (Emilio Bartezzaghi, Organizzazione, qualità del capitale umano e innovazione, 2017).
La qualità del capitale umano (Anna Grandori, 10 tesi sull’impresa, 2015) è uno degli elementi critici di questo percorso evolutivo che richiederà un grandioso progetto formativo, abbinato ad una formazione permanente, dato che anche le persone più svogliate non potranno più svolgere mansioni di routine in competizione con l’automazione e con le macchine, ma dovranno impegnare i propri talenti e la creatività verso attività più complesse, empatiche, computazionali.
Le aziende dovranno creare un legame forte con il lavoro (Dario Di Vico, Una ripresa che non dà garanzie, 2017), tornando ad investire sul personale, tenendolo agganciato con benefits e con interessanti evoluzioni formative e lavorative.
Le aziende dovranno riorganizzare i servizi di manutenzione, rimettendo in discussione gli approcci del passato, dove esistano ancora, quali l’outsourcing e la precarietà del lavoro, in definitiva, bisognerà dopo l’Industria 4.0 creare l’Uomo 4.0 (Alberto De Toni, Enzo Rullani, Uomini 4.0: Ritorno al futuro, 2018) e, per estensione, il Manutentore 4.0.
Le persone, dal canto loro, dovranno investire in apprendimento e professionalità, prima in ambito scolastico e poi in ambito lavorativo.
Il processo di outsourcing manutentivo e di esternalizzazione dei servizi hanno portato un depauperamento del lavoro che renderà necessario un recupero sia con processi di insourcing nei casi dove si sono disperse le core competence, sia con una maggiore professionalità dei vari service, non più intesi come modalità per deresponsabilizzare il cliente, per allontanarlo dal “cantiere”, ma come fucina di esperienze di nicchia, spesso operate dai produttori dei sistemi.
Ma che garanzie hanno le aziende, affinché il lavoratore una volta compiutamente formato non cambi azienda o si metta in proprio? Ecco, si tratta di mettere a frutto questo “co-investimento” in modo che ci sia da un lato la disponibilità ad investire sul lavoratore, e dall’altro l’impegno del lavoratore a rimanere in azienda un tempo sufficiente perché si possa utilizzare il sapere da lui acquisito.
Per la verità con l’amico Luciano Furlanetto già all’inizio di questo secolo avevamo messo in guardia il sistema delle imprese verso questi rischi. Tuttavia, l’evolversi degli eventi, la crisi economica 2008-2015, la miopia di molte aziende, la mancata valorizzazione degli istituti tecnici, hanno di fatto impoverito per più di tre lustri i servizi di manutenzione e non solo in Italia (Joel Leonard, Maintenance Crisis, 2002)
Le aziende non possono innovare se non si appoggiano al lavoro intelligente che hanno a disposizione e d’altra parte i lavoratori non possono far crescere la loro professionalità se non hanno un campo di sperimentazione del nuovo abbastanza innovativo.
Maurizio Cattaneo, Amministratore di Global Service & Maintenance