Premessa
Città e territorio per potersi definire tali hanno un costo. Un paese sviluppato ha la necessità di avere la disponibilità costante delle infrastrutture e che possano essere utilizzate in sicurezza.
Negli ultimi decenni, gli interventi di manutenzione alla rete infrastrutturale sono stati notevolmente ridotti, soprattutto in qualità, a causa di forti tagli di bilancio. La conseguente carenza di risorse, con know how qualificato, ha abbassato ulteriormente il coefficiente di sicurezza del servizio/mezzo all’utente, i cui valori sono peraltro sanciti per legge.
Nel settore privato domina ormai una cultura imprenditoriale che comprende solo i processi incrementali e tralascia gli aspetti manutentivi: ereditiamo un patrimonio costruito (immobiliare e infrastrutturale) per buona parte obsoleto, che versa in uno stato di inefficienza ed inaffidabilità senza che ci sia la volontà di sviluppare piani di recupero a lungo periodo che rispondano degnamente ad un’ottica di sostenibilità.
A tal fine diventano necessarie ed indispensabili la ricerca di risorse economiche ma soprattutto umane, competenti e qualificate, per un passaggio culturale verso la smart maintenance.
Uomo e ambiente
Nelle smart city, dove governa il principio di ottimizzazione e innovazione dei servizi pubblici al fine di migliorare la qualità della vita e soddisfare le esigenze di cittadini, imprese e istituzioni, la competitività urbana stimola maggiormente la cultura del “nuovo” rispetto al concetto di “manutenzione e recupero dell’esistente”. Si investe di più su strategie di pianificazione urbanistica e sull’innovazione dei servizi pubblici e meno ad esempio a creare un catasto della rete stradale italiana o aggiornare le mappe geologiche e sismiche.
Negli anni Cinquanta, in pieno periodo post-bellico sono state realizzate numerose grandi opere grazie a una volontà politica che si fondava su un ampio consenso dei cittadini.
A partire dalla fine degli anni Novanta, il principale fabbisogno è stato il completamento e l’ammodernamento del parco infrastrutturale esistente, tematica molto complessa sotto il profilo tecnico, difficile da valutare sotto quello economico oltre ad essere poco attraente ai fini della gestione del consenso. Il tutto si è dovuto confrontare con le normative comunitarie sull’ambiente che hanno modificato le regole di governance. Oggi si preferisce il miraggio di opere belle e nuove, spesso poco valutate nel loro ciclo di vita, piuttosto che intervenire con meno impattanti progetti di recupero, inseriti in piani sostenibili con visibilità sul lungo periodo.
Manutenzione e competenze, per allungare la “Working Life” delle opere
La persistente e progressiva obsolescenza del costruito (infrastrutture, residenziale, industriale, pubblico), la modifica della tipologia di utenza, interventi progettuali non corretti, e i cambiamenti climatici che ci presentano periodicamente il conto, impongono la necessità di invertire la tendenza di antropizzazione a favore di una pianificazione manutentiva globale, costante e mirata, tale da ridurre gli interventi in emergenza, comunque più costosi (in termini economici e di vittime), a favore di una politica di programmazione, ordinaria e straordinaria, per impedire che si arrivi ad uno stato di obsolescenza non più recuperabile.
Tra le varie criticità che si evidenziano la prima è sicuramente la carenza di personale competente, sia in ambito progettuale che di supervisione, che attualmente si traduce nella necessità di alimentare una filiera di specialisti della manutenzione civile qualificati e sempre più certificati, come garanzia del servizio.
Una seconda criticità è la scarsità di investimenti in nuove tecnologie (sensoristica e droni), peraltro a disposizione grazie all’avanzamento tecnologico, che agevolino il passaggio a politiche di manutenzione preventiva e predittiva, affinché l’utenza possa sentirsi soddisfatta e tutelata, in efficienza e sicurezza, dei servizi pubblici che usufruisce.
Tecnologia, per migliorare la manutenzione
Strutturare la manutenzione civile è una scelta intelligente per un paese sviluppato:
- ha tempi rapidi di attuazione, non richiedendo particolari autorizzazioni;
- la capillarità sul territorio innalza il livello di comfort e di sicurezza;
- allunga la durata delle infrastrutture e capitalizza il valore degli asset;
- consente, attraverso l’implementazione tecnologica, il miglioramento della programmazione e della sicurezza degli interventi;
- consente l’aumento di viabilità e trasportistica a favore dell’economia del paese;
- migliora le relazioni fra infrastrutture e capitale umano, intellettuale e sociale che le utilizza.
A tal proposito si avverte l’importanza dell’uso della tecnologia per il monitoraggio delle strutture. La migliore soluzione risulta essere, soprattutto nei componenti “critici”, una manutenzione di tipo “on condition” che, attraverso sensoristica e droni, (ad esempio su un viadotto), permette di rilevare in tempo reale il flusso di traffico, il tasso di “stress” della struttura, l’insorgenza di anomalie, per programmare adeguatamente e tempestivamente l’intervento più appropriato e ridurre sempre di più la manutenzione di tipo “reattivo”, che porta a indisponibilità, costi imprevisti e insicurezza.
L’implementazione con una manutenzione “predittiva” rappresenta quindi un’evoluzione che permetterà una migliore interazione con le infrastrutture e il costruito urbano, per una vera Industria 4.0. Sono in studio metodi semplificati di installazione dei sensori e sviluppo di sistemi che permettano di sfruttare le autovetture come applicazioni monitoranti delle infrastrutture.
Valutazione e gestione del rischio
La programmazione e la standardizzazione degli interventi manutentivi e delle azioni di miglioramento continuo, al fine di poter garantire omogeneità e capacità di azione, diventa fondamentale per strutturare un modello organizzativo, in governance e risk management, al fine di prevenire in modo “proattivo” le possibili tragedie a cui siamo ormai tristemente abituati.Il monitoraggio dovrà permettere la codifica ed il tracciamento dei dati di tutte le operazioni e dei rilevamenti che verranno effettuati, e sarà un tassello fondante per definire, poi, concretamente un “sistema di manutenzione” per una corretta gerarchia di interventi e competenze.
In questo contesto evolutivo, la manutenzione civile deve diventare un elemento importante di controllo per la riduzione e la gestione dei rischi direttamente alla fonte a garanzia di costante disponibilità, in efficacia e affidabilità, e quindi in sicurezza, nella certezza dei costi.
Conclusioni
Il tragico crollo del viadotto Polcevera, solo per citare il più recente, deve avviare il paese sull’unica prospettiva di crescita anche etica, che impone un’urgente politica di messa in sicurezza del patrimonio costruito attraverso una manutenzione intelligente e di qualità che utilizzi sempre più competenze specialistiche e altamente qualificate, e tecnologie al passo coi tempi. Inoltre, come fondamento basilare, l’Italia ha bisogno di sviluppare una nuova cultura di “cura del proprio patrimonio costruito” orientato alla smart maintenance, che attraverso soluzioni Internet of Things permettono agli oggetti di comunicare alle piattaforme di Intelligenza Artificiale (AI), che sono il vero cuore della manutenzione predittiva.
Irene Caffaratti, Architetto, consulente e docente in manutenzione civile e Facility Management
L’articolo è scritto in collaborazione con Festo Academy di cui l’Arch. Caffaratti è coordinatrice per il percorso “Manutenzione Civile e Facility”. Certificata Liv. 3 Manager di Manutenzione, l’autrice è resp. Centro Esami CICPND per la certificazione liv. 1 e 2 delle competenze in manutenzione e membro di Asso.E.Man.