È noto che le attività di lavoro negli Ambienti Sospetti di Inquinamento e/o Confinati rappresentano un grave rischio per gli operatori chiamati a intervenire per la manutenzione e per il corretto funzionamento degli impianti.
La normativa della sicurezza sui luoghi di lavoro ha, già col D.Lgs. 81/08, dedicato particolare attenzione al tema, ma è stato con il DPR 177/2011 che il Legislatore ha approntato un sistema regolamentare più specifico definendo gli ambiti in cui può considerarsi applicabile e, tra questi, è possibile individuare quello relativo agli impianti natatori: le vasche di compenso, le vasche di raccolta acque di controlavaggio, i drenaggi, i locali tecnici sotterranei, le sale valvole/pozzetti, i serbatoi/filtri sabbia, le canalizzazioni per il sistema trattamento aria, rappresentano tutti ambienti pericolosi perchè espongono i lavoratori a pericoli come un'atmosfera sottossigenata, la presenza di ruggine che può comportare riduzione della percentuale di ossigeno nell'aria, gas nocivi/tossici (es. ossido di carbonio), fumi e vapori, liquidi/solidi che possono rapidamente riempire il volume, incendio ed esplosione, microclima sfavorevole (troppo caldo e/o troppo freddo), utilizzo di apparecchi/attrezzi con alimentazione elettrica, ecc..
In tale Decreto, infatti, si precisa che sono definiti "ambienti sospetti di inquinamento" quelli ricompresi negli articoli 66 e 121 del D.Lgs. 81/08 e s.m.i. (pozzi,pozzi neri, fogne, cunicoli, camini, fosse e fosse in genere, gallerie e in generale in ambienti e recipienti, condutture, caldaie e simili, ove sia possibile il rilascio di gas deleteri), mentre sono definiti "ambienti confinati" quelli previsti al punto 3 dell'allegato IV dello stesso Decreto Legislativo (tubazioni, canalizzazioni e recipienti, quali vasche e serbatoi e simili, in cui debbano entrare lavoratori per operazioni di controllo, riparazione, manutenzione o per altri motivi dipendenti dall'esercizio dell'impianto o dell'apparecchio).
Caratteristiche e rischi connessi a questa particolare tipologia di spazi confinati
Nel caso degli impianti natatori, una particolare considerazione dev'essere prestata alle attività condotte all'interno di vasche con profondità maggiore/uguale a 1,3 metri e con pendenza del fondo maggiore di 30°. A tale riguardo si può citare un recente caso di cronaca che ha purtroppo visto quattro operai rimanere gravemente intossicati mentre si accingevano ad effettuare un intervento manutentivo di fine stagione in una piscina in provincia di Roma: il titolare ed un operaio sono scesi nella vasca di decantazione - alta circa 1,5 metri e lunga 4 - per la pulizia e sono subito svenuti; due colleghi si sono lanciati in loro soccorso e anch'essi si sono accasciati al suolo. Il quinto, vista la situazione, ha avuto la prontezza di allontanarsi e di dare l'allarme.
Dalle perizie e indagini successive, la causa dell'incidente è stata attribuita alla presenza di idrogeno solforato proveniente dal sottosuolo che si è incanalato nella piscina e ha riempito le vasche di compensazione. Tuttavia, appare evidente come l'intervento non fosse stato correttamente progettato e il personale addetto non fosse adeguatamente preparato a gestire interventi in tali ambienti. L'idrogeno solforato, caratterizzato tra l'altro dal caratteristico odore di uova marce percepibile già alla concentrazione di 0,0047 ppm., è uno tra i gas più pericolosi e già in passato è stato la causa di diversi tragici incidenti.
Altre cause tipiche di incidenti in ambienti analoghi, sono state individuate nell'impiego non corretto di prodotti i cui agenti chimici hanno generato la formazione di cloro gassoso con possibile accumulo e formazione di un'atmosfera particolarmente pericolosa, oppure nell'uso di prodotti impermeabilizzanti/sigillanti a base solvente utilizzati per ripristinare la tenuta delle vasche per i quali il rischio va oltre alla inalazione degli stessi fino alla possibile formazione di atmosfere esplosive.
E' stato anche osservato che, spesso, gli incidenti in parola si sono verificati laddove l'accesso alle vasche di compenso non è stato realizzato tenendo conto delle difficoltà di accesso/recupero, le quali riguardano sia i lavoratori sia gli eventuali soccorritori che intervengano in caso d'incidente, soprattutto se questi sono dotati di attrezzature ingombranti per esempio gli autorespiratori con bombole. Se poi in corrispondenza dell'accesso ci sono tubazioni/valvole che ostruiscono il passaggio, la situazione diventa ancor più critica. Per queste ragioni gli interventi in ambienti siffatti richiedono una preparazione specifica e accurata.
A prescindere comunque da quanto previsto dal D.P.R, 177/2011, si deve ricordare che il D. Lgs. 81/08 all'art. 121 (c.1) già prevede la necessità di misure di protezione per il rischio associato alla presenza di gas endogeni che facilmente possono passare attraverso gli scavi e accumularsi all'interno di spazi caratterizzati da una ventilazione limitata, generando un'atmosfera pericolosa, specie in rapporto alla natura geologica del terreno o alla vicinanza di fabbriche, depositi, raffinerie, stazioni di compressione e di decompressione, metanodotti e condutture di gas, che possono dar luogo a infiltrazione di sostanze pericolose.
Ciò detto, gli incidenti che hanno interessato Ambienti Sospetti di Inquinamento o Confinati, hanno quasi sempre evidenziato gravi carenze strutturali e/o organizzative e, soprattutto, la mancanza di un adeguato programma d'informazione, formazione e addestramento ed una specifica pianificazione dei lavori con riferimenti anche agli interventi in caso di emergenza.
Un altro aspetto importante da considerare nella progettazione dell'intervento e nella valutazione dei rischi è l'impiego di attrezzature elettriche in tali ambienti i quali possono essere classificati come "luoghi conduttori ristretti" in quanto luoghi delimitati da pareti umide o comunque conduttrici con le quali è probabile che una persona possa venire in contatto attraverso un'ampia parte del suo corpo e nei quali risulta limitata la possibilità d'interrompere tale contatto, condizione che impone particolari precauzioni nella scelta e impiego degli apparecchi utilizzatori mobili e trasportabili destinati a essere utilizzati in tali luoghi. Si renderà necessario quindi attenersi alle indicazioni della Norma CEI 64.8 e prevedere l'utilizzo di utensili elettrici con tensione di sicurezza e grado di protezione IP adeguato, valutandone la compatibilità d'impiego degli stessi all'interno dell'ambiente insieme alla scelta dei cavi di prolunga, che dovranno assicurare un'adeguata resistenza all'acqua e all'abrasione (es. H07RNF o similari), delle prese e spine, che dovranno essere di tipo industriale (CEI 23-12) con grado di protezione minimo IP67 e dell'eventuale quadro specifico ASC di distribuzione elettrica.
Per tutte queste ragioni il D.P.R. 177/2011 in riferimento alle misure minime di prevenzione in tali ambienti, all'art. 2 co.1 lett. d), prevede che il personale addetto alla manutenzione degli impianti e che può svolgere attività in ambienti sospetti di inquinamento o confinati dev'essere sottoposto a un adeguato programma d'informazione, di formazione e addestramento aggiuntivo rispetto a quello già previsto dal D.Lgs. 81/08, che gli permetta di impiegare correttamente
i dispositivi di protezione individuale, la strumentazione e le attrezzature di lavoro al fine della prevenzione dei rischi propri delle attività lavorative in tali ambienti, coerentemente con le previsioni di cui agli articoli 66 e 121 e all'allegato IV, punto 3, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.
Inoltre la normativa impone che almeno il 30% della forza lavoro, sia interna, sia esterna, deve vantare in modo oggettivo più di tre anni di esperienza in tali attività, rimarcando l'importanza della competenza acquisita in contesti reali tramite affiancamento a personale esperto.
Considerando poi che negli impianti natatori la forza lavoro è costituita in maniera predominate da lavoratori atipici (es. contratto di tipo sportivo per gli addetti che, oltre alle attività di assistenza ai bagnanti, spesso si devono anche occupare della gestione degli impianti tecnici), ove questi siano impiegati in attività rientranti nel campo di applicazione del D.P.R. 177/2011, il loro contratto di lavoro dev'essere certificato ai sensi del D.P.R. 177/2011 art.2 c1 lettera c).
In conclusione, lo schema di applicazione del D.P.R. 177/2011 (cogente dal 23/11/2011, data dalla quale solo aziende in possesso di specifici requisiti di qualificazione possono operare in ambienti sospetti di inquinamento o confinati) impone di eseguire un'approfondita e corretta valutazione dei rischi, quindi marca l'esigenza di impiegare personale (interno o esterno all'azienda) specificatamente formato e addestrato, indica la necessità dello studio, della redazione e dell'efficace attuazione sia di procedure di lavoro elaborate appositamente per il contesto aziendale, sia di adeguate procedure di sicurezza e scenari di emergenza, codificando le azioni da porre in essere e di cui sia stata verificata l'effettiva applicabilità agli ambienti in cui il personale è chiamato a intervenire. Inoltre è stabilito che in caso di appalto, il Committente deve procedere alla verifica dei requisiti di qualificazione specificati nel Decreto oltre al fatto che resta l'onere a carico del Committente dell'individuazione di un proprio rappresentante, adeguatamente formato e addestrato, che vigili sulle attività durante tutte le attività di lavorazione.
Rocco Armento,
Consigliere A.I.MAN.
Filomena Questore,
Responsabile Prevenzione e Protezione Sistemi di Sicurezza