Lavori in quota, caratteristiche e norme vigenti

Una visione d'insieme delle attività e delle disposizioni connesse a tale ambito operativo

  • Luglio 29, 2014
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L'art.107 del D.Lgs. 81/08 definisce un lavoro in quota come un'attività che espone il lavoratore al rischio di caduta da una quota posta ad un'altezza superiore ai 2 m rispetto ad un piano stabile. Gli strumenti normativi vigenti presso lo Stabilimento Versalis di Ravenna, seguendo precisi indirizzi giurisprudenziali, hanno esteso tale definizione eliminando il riferimento ai 2 m di altezza, non potendosi escludere eventi lesivi con traumi significativi anche per cadute da quote inferiori ai 2 m. Quindi per l'esecuzione di un lavoro in quota occorre utilizzare le opere provvisionali (ponteggi, trabattelli, piattaforme mobili) che permettono di accedere al punto oggetto del lavoro posto in quota. Sebbene l'utilizzo dei trabattelli (attrezzatura di lavoro utilizzata dall'Esecutore) e delle piattaforme mobili è regolamentato da precise norme di sicurezza riportate nel manuale d'uso (trabattelli) e nella Circolare Ministeriale n.103 del 30/07/98 (piattaforme mobili), l'utilizzo di un ponteggio pone dei dubbi, anche alla luce di pareri contrastanti, riportati nella letteratura specialistica in materia di sicurezza e del fatto che è il Datore di Lavoro avente la disponibilità giuridica del luogo di lavoro dove il ponteggio è stato allestito ad assumersi la titolarietà del rischio relativo al successivo utilizzo da parte di altri Esecutori diversi dalla Ditta Terza che lo ha allestito.

 

La prima domanda è stabilire se il lavoro su un ponteggio costituisca un lavoro in quota. La risposta a questa domanda è contenuta nell'art.122 del D.Lgs. 81/08; infatti se il ponteggio è un dispositivo atto a eliminare il pericolo di caduta dall'alto di persone e/o di cose, il suo allestimento a norma costituisce la misura di prevenzione finalizzata ad eliminare il rischio. Quindi la lettura dell'art.122 e la conoscenza della corretta definizione di pericolo e di rischio, esclude un lavoro su un ponteggio dai lavori in quota così come definiti dall'art.107.

 

La seconda domanda riguarda la corretta definizione dell'aggettivo "stabile" e consiste nello stabilire se il ponteggio è o non è un piano stabile. Alcune interpretazioni associano il carattere provvisionale del ponteggio alla mancanza di stabilità. Adottando invece il significato ingegneristico dell'aggettivo "stabile", risulta chiaro che l'allestimento a norma di un ponteggio costituisca garanzia di stabilità, caratteristica questa che costituisce una delle condizioni necessarie per l'esecuzione in sicurezza di un lavoro. Ma anche se non volessimo ricorrere alla semantica dell'aggettivo "stabile", basterebbe un'attenta lettura dell'art.136 del D.Lgs. 81/08, che indica la "stabilità" come uno dei requisiti che deve essere garantito dalla Ditta Terza che allestisce il ponteggio, requisito che si ottiene attraverso la conformità dell'allestimento al progetto depositato. Nella letteratura specialistica, comprese le Linee Guida emesse dall'INAIL e da alcune Regioni, nei Pi.M.U.S. e nelle recenti golden rules in materia emesse da Eni, si prescrive l'obbligo di indossare DPI anticaduta solo nelle fasi di allestimento, smontaggio e modifica dei ponteggi. Ciò rafforza il concetto che operando all'interno di un piano di lavoro stabile e, aggiungo, protetto dalla presenza dei DPI anticaduta collettivi (fasce di arresto al piede, corrente inferiore e superiore che funge da parapetto), un lavoro su un ponteggio non è un lavoro in quota.

 

A questo punto ci domandiamo perché continuano a verificarsi infortuni sul lavoro, anche gravi, per cadute durante l'esecuzione di lavori sui ponteggi. La risposta è riconducibile ad almeno 3 fattori di tipo tecnico e/o comportamentale:

  1. Allestimento non conforme con lo schema oggetto di autorizzazione da parte della Ditta Terza specialistica.
  2. Mancata verifica dell'idoneità del ponteggio per l'esecuzione di un particolare lavoro a carico di una Ditta Terza diversa da quella che lo ha allestito (es. il personale che opera deve sporgersi vanificando così le caratteristiche ontologiche del ponteggio, richiamate dal sopraccitato art.122 del D.Lgs. 81/08).
  3. Azione, da parte del personale che opera sul ponteggio, avente le caratteristiche di eccezionalità, abnormità ed esorbitanza, rispetto al processo lavorativo e alle direttive ricevute anche tramite il permesso di lavoro.

L'ultimo punto rappresenta quello certamente più controverso, anche in relazione a due diverse e opposte interpretazioni fornite dalla Corte di Cassazione, in merito alla definizione di comportamento eccezionale, abnorme ed esorbitante.

 

La prima interpretazione considera come comportamento eccezionale, abnorme ed esorbitante la condotta del lavoratore che, per la sua stranezza ed imprevedibilità sia del tutto indipendente dalla sfera di organizzazione e dalle finalità del lavoro, al punto da far sorgere un rischio definibile come "estraneo" rispetto a quello connesso con l'attività lavorativa. Tale comportamento interrompe, quindi, il cosiddetto nesso eziologico tra l'infortunio e l'attività lavorativa.

 

La seconda interpretazione, affacciatasi più recentemente, amplia la categoria dell'eccezionalità, abnormità e esorbitanza fino a ricomprendervi la condotta del lavoratore che non rientri nelle proprie mansioni, ma che sia radicalmente ed ontologicamente lontana dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore stesso. A tal proposito vale la pena precisare che nell'attuale sistema giuridico della prevenzione non è presente alcun principio in virtù del quale un Datore di Lavoro, titolare del rischio, debba essere in grado di prevedere tutti i possibili comportamenti imprudenti rientranti nella prestazione lavorativa.

 

Si può concludere affermando che il miglioramento delle condizioni di sicurezza si raggiunge solo mediante una attenta analisi dei rischi, con la partecipazione attiva dei vari soggetti coinvolti, evitando, per quanto possibile, un eccessivo ricorso ad un approccio di tipo cautelativo/deterministico, contrario alla vera cultura della sicurezza, che porterebbe inevitabilmente a introdurre una serie di vincoli tali rendere quasi impossibile qualsiasi attività lavorativa.

 

Molto importante, a questo punto, l'approccio sistemico: le attività che sono alla base della corretta esecuzione di un lavoro che utilizza un ponteggio sono molto complesse. Una corretta valutazione dei rischi atta ad assicurare le migliori misure di prevenzione e protezione. La realizzazione del ponteggio secondo un progetto specifico; una fase di controllo puntuale delle opera in relazione alle opere fisse ed alla tipologia di lavoro che si andrà a realizzare, un corretto ed accurato addestramento degli operatori sono solo alcuni dei capisaldi di questa attività di sicurezza.

 

Ed è per questo che è indispensabile il ricorso ad una procedura dei Permessi di Lavoro che tenga conto dei rischi dei luoghi di lavoro, del ponteggio in se e dell'opera che dovrà realizzarsi.

 

Una attenta e scrupolosa valutazione dell'esecuzione delle attività non può essere confinata ad una analisi generalizzata che valuta l'attività nella sua interezza, ma deve essere seguita nella sua evoluzione, ossia giorno per giorno.

 

Così come i lavori evolvono e nella loro evoluzione possono deviare da quanto pianificato, così vengono a variare gli aspetti di Sicurezza e Salute associati.

 

Anche se gli aspetti normativi impongono, in caso di modifiche, il dover rivedere l'analisi, le misure, la documentazione di sicurezza ecc. ecc. la continuità del lavoro non sempre si sposa con il tempo che queste rivalutazioni richiede; ed è per questo motivo che un monitoraggio continuo dell'organizzazione da parte dell'Appaltatore ma anche un monitoraggio o meglio la vigilanza del Responsabile dei lavori e del Datore di Lavoro costituiscono al di là degli aspetti di responsabilità precipui, un elemento integrativo che spinge i lavoratori a non sottovalutare questo rischio.

 

E' proprio l'elemento umano che spesso tende a sottovalutare il rischio, operando con una confidenza che lo porta a compiere operazioni di tipo elettivo rimuovendo, ad esempio, i dispositivi di sicurezza.

 

 

Antonio Andrea Colaianni, Responsabile Sicurezza, ENI Versalis Ravenna

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