1.Impianti LDPE
Gli impianti per la produzione di Polietilene a Bassa Densità utilizzano compressori alternativi capaci di raggiungere le elevatissime pressioni di reazione richieste.
Più in particolare, un booster ed un successivo compressore primario consentono di arrivare a pressioni di 25-30 MPa; poi un ipercompressore porta la pressione fino oltre 300 MPa.
Si tratta di compressori alternativi a cilindri contrapposti, che costituiscono la parte più critica degli impianti LD PE dal punto di vista dell'affidabilità e dell' efficienza.
Anche le tubazioni, gli intercoolers ed i reattori hanno una loro criticità operativa, perché sottoposti ad elevate pressioni di esercizio.
Di ciò viene tenuto conto sia in fase di progetto, sia in fase operativa.
La progettazione è, infatti, basata sulle severe condizioni di esercizio dei componenti e fornisce istruzioni necessarie a mantenerli efficienti nel tempo.
L'esercizio è sempre intervallato da fermate programmate di controllo e manutenzione, aventi lo scopo di verificare integrità ed efficienza delle parti, di valutarne la possibilità di riesercizio ed, eventualmente, di intervenire per il ripristino delle loro qualità iniziali.
Le fermate possono essere anche causate da avarie ed in questi casi le sostituzioni e manutenzioni delle parti diventano inevitabili (fermate di emergenza).
Durante le fermate, manutentive o di emergenza, è talora necessario eseguire esami di laboratorio per accertare il reale stato di conservazione dei componenti più critici o determinare le cause di eventuali avarie.
Negli impianti LD PE, sono sicuramente critici i componenti sottoelencati:
- valvole che regolano la reazione, perché azionate frequentemente
- valvole che intervengono solo in fermata per lo scarico rapido di gas/polimero, perché soggette a fenomeni erosivi
- estrusori, operanti ad elevata pressione
- valvole di sicurezza
- valvole di fine reattore, LDV (Let Down Valves)
Il presente articolo riguarda le LDV ed i controlli specialistici che si possono eseguire sulle stesse, tenendo presente che per queste valvole:
- il tempo medio tra rotture (MTBF) è funzione delle pressioni di esercizio, che sono elevatissime nei reattori.
- il tempo medio tra manutenzioni (MTBM) dipende anche dalle programmazioni generali di fermata degli impianti.
2. Esercizio delle LDV
La polimerizzazione avviene in determinate condizioni di pressione e temperatura, che vengono controllate principalmente dalle LDV.
Queste sono sottoposte ad elevatissimi salti di pressione, funzioni del processo, che possono raggiungere livelli di 300 MPa.
Le LDV sono essenzialmente costituite da uno stelo a testa conica, di elevata durezza, che viene premuto contro una sede di ugual durezza, in modo da realizzare la tenuta o lo sfiato.
Nei reattori LD PE vessel le Let Down Valves sono montate direttamente sulla mandata; nei reattori tubolari sono invece montate su spool pieces.
Le LDV sono azionate da attuatori pneumatici od idraulici, e producono aperture precise e veloci.
I componenti delle LDV sono generalmente costituiti da fucinati in acciaio speciale, aventi resistenza meccanica sufficiente a sostenere le elevatissime sollecitazioni di esercizio.
Alcune parti possono anche essere soggette a fenomeni di erosione, usura, corrosione e richiedono quindi una progettazione mirata.
Ovviamente, l'efficienza in esercizio dei componenti dipende dalla scelta appropriata dei materiali ed anche dalla loro corretta fabbricazione.
3. Danneggiamenti delle LDV
I controlli eseguiti in fermata hanno rilevato nel tempo numerosi casi di danneggiamento indotti dall'esercizio, quali: usura; erosione; criccatura dello stelo otturatore; rottura dello stelo.
Riportiamo di seguito il caso di due steli otturatore dichiarati di acciaio AISI SAE H13 bonificato nitrurato, rotti trasversalmente a breve distanza dalla testa conica ed interessati da danneggiamenti superficiali (Fig. 1)
La nitrurazione superficiale aveva, essenzialmente, lo scopo di resistere all'usura durante gli sfiati.
4. Esami di laboratorio
I due componenti rotti sono stati sottoposti ai seguenti esami di laboratorio:
Esame al microscopio stereoscopico, con ingrandimenti X 5÷ 50, rilevando i seguenti danneggiamenti macroscopici:
- rotture trasversali nette, con morfologia tipica dei cedimenti meccanici per fatica a flessione unidirezionale.
Le superfici di frattura risultavano, infatti, perpendicolari agli steli, caratterizzate da ampie regioni levigate contenenti chevrons diretti verso un determinato punto esterno, presumibile posizione di innesco del fenomeno ( Fig. 2).
- evidenti danneggiamenti superficiali sulla testa conica e sul gambo in prossimità delle rotture a fatica, sintomo di rottura dello strato corticolare nitrurato (Fig. 3).
Analisi chimica per via spettrometrica dei materiali base degli steli rotti, che ha confermato la corrispondenza della loro composizione chimica con quella prevista per il dichiarato acciaio da bonifica ASTM A681 T20813 H13 (0,4% C - 5% Cr - 1,5% Mo).
Esame micrografico, eseguito su sezioni significative degli steli, intersecanti i vari danneggiamenti, che ha accertato:
- corretto stato strutturale bonificato dei due pezzi, secondo quanto previsto per l'acciaio H13
- presenza di uno strato corticale continuo indurito per nitrurazione, esteso all'intera superficie dei pezzi.
Detto strato nitrurato è risultato difettoso per la presenza del costituente fragile nitruro di ferro, sotto forma di estese bande intergranulari e di coltre bianca superficiale (Fig. 4a)
- presenza di microcricche intergranulari e distacchi nello stato nitrurato, particolarmente numerose presso le rotture catastrofiche degli steli e coincidenti con i danneggiamenti superficiali macroscopici (Fig. 4b)
- rotture catastrofiche degli steli caratterizzate da: andamento trans granulare - regolare - non ramificato tipico di fenomeni di fatica; innesco sulle superfici dei pezzi presso le microcricche nello strato nitrurato; presenza di lievissime deformazioni dei lembi di rottura (Fig.4b).
Esame al SEM eseguito sulle superfici di frattura degli steli opportunamente preparate, che ha confermato la tipologia fragile a fatica delle rotture.
Non si è infatti rilevata la presenza di dimples indicanti deformazione plastica del materiale. Sono state, invece, evidenziate le classiche striature curvilinee parallele tra loro, segnalanti la fatica.
Esame sclerometrico che ha sostanzialmente confermato il corretto stato bonificato degli steli ed ha accertato la regolarità degli strati nitrurati dal punto di vista della durezza e dello spessore: i materiali base dei pezzi hanno infatti presentato durezza 500-520 HV, regolare per fucinati in acciaio H13 temprati e rinvenuti a 570-600°C gli strati nitrurati hanno durezza elevata fino ad 800HV, e spessori normali 0,30-0,40 mm.
Nel caso sopraesposto, si è concluso che gli steli valvola in oggetto si sono rotti per fatica a flessione unidirezionale, causata dalla rottura degli strati nitrurati difettosi, comportante: il disassamento degli steli in esercizio; la loro conseguente sollecitazione a fatica flessione indotta dalla pressione di lavoro variabile-pulsante; l' innesco delle rotture a fatica per effetto intaglio esercitato dalle microcricche nello strato nitrurato.
Da qui il progetto di utilizzare nuovi materiali, più resistenti meccanicamente dell'attuale acciaio H13 e, soprattutto, con durezza confrontabile con quella degli strati nitrurati, che come si è visto possono essere difettosi e fragili.
Ubaldo Grassini - Direttore Tecnico Donegani Anticorrosione Srl
Mauro Nobili - Senior Metallurgist Donegani Anticorrosione Srl