Il paradigma della lean manufacturing consiste nel produrre solo ciò che porta valore al cliente, nel momento in cui serve, con il minimo impiego possibile di tempo e di risorse.
Adottare il valore, inteso come funzione di qualità, servizio, costo e lead time, come obiettivo primario della conduzione dei processi di produzione, porta sostanzialmente a due linee di intervento: l'eliminazione degli sprechi e l'ottimizzazione del "flusso", ovvero fare solo ciò che è veramente necessario, e nulla di più, ma in modo eccellente (dal latino ex-cellere, salire oltre tutti).
Tale modello offre ai sistemi di manutenzione una duplice opportunità: la prima è legata al cambio di passo necessario per l'applicazione della lean manufacturing, la seconda è data dall'applicazione della metodologia lean alla gestione della manutenzione.
Un ambiente produttivo costruito in logica pull deve essere per definizione reattivo, robusto e fortemente efficiente, in caso contrario si è esposti ad una pericolosa diminuzione del valore, con costi di gran lunga superiori ai benefici sperati. In tale sistema gli impianti e i macchinari devono essere disponibili ed affidabili, pena l'interruzione del flusso, l'aumento del lead-time, la diminuzione della qualità e l'aumento dei costi di produzione. La tecnica lean pone quindi il TPM (Total Productive Maintenance) tra gli strumenti necessari (se non come pre-requisito) per la sua implementazione, ovvero il concepire la manutenzione come responsabilità dell'intera organizzazione e non solamente del servizio manutentivo. Tale approccio è estremamente efficace, ma complesso da implementare (un progetto di conversione al TPM richiede in genere più di un anno per l'implementazione); proprio tale complessità rappresenta la barriera principale per la sua applicazione nelle piccole e medie imprese, quasi sempre di eccellenza, italiane.
Per applicare la tecnica lean alla manutenzione è necessario un cambio di mentalità strutturale, a partire dalla definizione stessa di manutenzione. La definizione tradizionale prevista nella UNI EN 13306:2010 si concentra principalmente sulla disponibilità: "Combinazione di tutte le azioni tecniche, amministrative e gestionali, durante il ciclo di vita di un'entità, destinate a mantenerla o riportarla in uno stato in cui possa eseguire la funzione richiesta"; una nuova definizione che sposti l'attenzione sulle cause e non sugli effetti potrebbe essere: "Combinazione di tutte le azioni tecniche, amministrative e gestionali, durante il ciclo di vita di un'entità, volte a garantirne la disponibilità e l'affidabilità, utilizzando la quantità minima di tempo e di risorse".
Tale ridefinizione sposta l'obiettivo del servizio dalla disponibilità all'affidabilità degli impianti, tenendo sotto controllo l'efficacia della gestione stessa. La disponibilità si ottiene come conseguenza dello sviluppo di affidabilità e di efficacia.
Il cambio di approccio è notevole, in quanto la disponibilità concentra l'attenzione sui costi, mentre l'affidabilità pone il focus sull'analisi e sul miglioramento degli impianti. Come esempio basti pensare a come può essere considerata la manutenzione preventiva pianificata: nella concezione tradizionale ha l'effetto di ridurre la disponibilità (quantomeno a breve termine), nella nuova concezione porta ad un aumento dell'affidabilità: un approccio psicologicamente negativo contro un approccio positivo.
La cultura e l'attitudine aziendale sono la chiave principale per l'organizzazione di un servizio manutentivo vincente.
Nell'ambito delle strategie possibili si identificano cinque livelli e modalità differenti a cui le aziende si affidano: regressiva, reattiva, pianificata, con focus sull'affidabilità, strategica-integrata.
1. La strategia regressiva, utilizzata ancora da circa un 14% delle aziende manifatturiere, ha come regola principale il "Cerca di farla andare avanti ancora un po' ", ovvero non si riparano i guasti, ma si rattoppano. Tale metodo porta ad un risparmio a breve termine, ma anche ad un decadimento progressivo delle risorse; l'atteggiamento aziendale è volto alla sopravvivenza e certamente non all'eccellenza.
2. La strategia reattiva è quella più utilizzata (circa il 60% delle aziende), ovvero la manutenzione è costantemente impegnata nelle riparazioni a guasto; in quest'ottica la manutenzione si percepisce come l'eroe greco classico che interviene a risolvere la situazione critica e senza speranza, nel minore tempo possibile. La virtù principale richiesta è quindi la rapidità di risposta, per ovviare agli alti costi collaterali di un fermo impianto; l'effetto di tale metodo è quello di avere prestazioni della produzione instabili, con i costi accessori che questo comporta.
3. Il passaggio successivo nell'evoluzione dei sistemi di gestione è dato dalla pianificazione, ovvero eseguire le riparazioni prima che avvenga il guasto. Il focus è ancora centrato sul guasto, quindi sulla disponibilità, ma con una visione non solo chiusa sul breve termine, bensì sul medio termine. La virtù necessaria è la disciplina, in quanto una applicazione non sistematica della pianificazione porta al fallimento del sistema. Le prestazioni della produzione divengono prevedibili e stabili, al costo di un aumento di complessità di gestione. Un 20% delle PMI utilizza questa modalità.
4. Nella strategia successiva (applicata da circa il 5% delle aziende) lo scopo della manutenzione è il miglioramento dell'affidabilità degli impianti produttivi, onde consolidare il vantaggio competitivo a medio e lungo termine. Il punto critico di tale metodologia è la competenza, necessaria per eseguire le analisi di affidabilità e progettare un servizio efficiente. Questo approccio dovrebbe essere l'obiettivo primario della maggior parte delle aziende.
5. La strategia integrata consiste nell'ottimizzazione del servizio basata sul risk-management, è utilizzata da aziende best-in-class (1% delle aziende) con una prospettiva di crescita. La gestione dei servizi è garantita da un approccio ingegneristico di asset-management, con una visione complessiva dei sistemi e dei processi. Tale approccio non riguarda solo la manutenzione, ma l'intero sistema di gestione aziendale.
La competitività delle nostre piccole e medie imprese ha un forte driver nella gestione degli impianti, purtroppo spesso sottovalutata perché intrinsecamente complessa. Sarebbe auspicabile in tal senso un progetto territoriale volto all'evoluzione dei sistemi di gestione della manutenzione, con l'obiettivo di migliorare le strategie in atto, per esempio spostando allo step successivo il 5% delle aziende in 5 anni.
La strategia con focus sull'affidabilità porta inevitabilmente ad utilizzare strumenti diversi dall'approccio "disponibilità".
Il metodo di analisi dei rischi legati agli asset è il punto di forza del "focus affidabilità", in quanto costringe a creare un gruppo di lavoro costituito da produzione, manutenzione e ingegneria focalizzato sul miglioramento, garantendo una coerenza interna aziendale.
Gli strumenti utilizzati in questo senso sono snelli e consolidati, quali ad esempio l'MCCE (Multi-criterion Classification of Critical Equipement) o l'FMEA (Failure Modes and Effects Analisys).
Il metodo di monitoraggio è differente, si passa dall'analisi dei fermi impianto per la loro mitigazione, all'analisi dell'efficienza dell'impianto, che considera oltre ai fermi le perdite di velocità e le perdite di qualità (utilizzando ad esempio l'OEE, Overall Equipement Efficiency).
Gli strumenti di miglioramento sono semplici ed efficienti, come ad esempio il metodo 5S (ricostruire e mantenere le condizioni di lavoro migliori) o il metodo Kaizen (cambiare in meglio, gestire il miglioramento a piccoli passi).
I risultati sono profondamente diversi, passando da un sistema di produzione essenzialmente instabile (con ritardi di consegna, elevato scarto, programmazione aleatoria, elevati costi collaterali) ad un sistema stabile e predicibile (con consegne puntuali, riduzione dei buffer di produzione, basso livello di scarto, costi limitati e prevedibili, coinvolgimento e collaborazione interna ed esterna).
La principale resistenza al cambiamento è dovuta all'errata valutazione dei costi collaterali di una approssimativa gestione della manutenzione, che spesso sono da quattro a dieci volte superiori al costo dell'intervento di riparazione stesso; considerando tali costi diventa evidente il vantaggio economico, anche a breve termine, dell'investimento necessario allo sviluppo del servizio di gestione degli impianti.
Il programma è semplice e sistematico: analizzare le criticità degli impianti, eseguire una analisi di affidabilità, valutare le strategie manutentive idonee per ogni impianto (a guasto, preventiva, predittiva, correttiva, autonoma, make or buy...), pianificare e implementare, monitorare e migliorare.
Chiaramente la differenza tra successo e insuccesso di questo come di ogni programma di miglioramento è data dalle persone e dalla loro conoscenza, esperienza, abilità, attitudine, motivazione, responsabilità e autonomia; il primo passo è quindi necessariamente quello di svilupparle.
Alessandro Pepi,
Consulente in Sistemi di Gestione QSA, AQM Srl