Il progresso ci sorprende ogni giorno: i livelli di performance e comfort raggiungibili sono eccellenti e configurabili per ogni grado di richiesta. Ne è un valido esempio il supporto tecnologico per migliorare l’ambiente indoor, con attrezzature impiantistiche che consentono il corretto compromesso fra benessere corporeo e funzionalità. Non fila sempre tutto liscio, gli stessi impianti possono rappresentare delle insidie che se trascurate generano problemi maggiori.
Un caso ricorrente è rappresentato dagli impianti di distribuzione idrica e trattamento dell’aria, dove il pericolo è costituito dalla presenza di batteri nel fluido stesso e successivamente propagati ai componenti dell’impianto aeraulico, che attraverso passaggi di stato ne favorise la diffusione negli ambienti. Dovendo garantire la salubrità in esercizio dell’intero sistema, bisogna considerare alcuni fattori fin dalla fase di progettazione. Gli impianti di trattamento dell’aria (tecnicamente chiamati HVAC - Heating Ventilation and Air Conditioning) svolgono funzioni di controllo del carico termico (caldo o freddo), filtrazione degli inquinanti interni e esterni, diluizione degli inquinanti interni, confinamento dinamico degli ambienti, apporto di aria di rinnovo (ossigeno per respirare), controllo dell’umidità relativa, estrazione localizzata di inquinanti. Semplificando possiamo dire che l’aria viene prelevata dall’esterno e sottoposta ad una serie di trattamenti fisici mediante utilizzo di fluidi termovettori, principalmente acqua.
Molto spesso i componenti ove si svolgono detti processi sono trascurati poiché scarsamente manutenibili ed i batteri trovano facile dimora fra batterie di scambio termico, vaschette di raccolta condensa, celle filtro, condotti aeraulici.
Ricordiamo chiaramente le cronache dell’estate 2018, con ripetute notizie allarmanti riguardo la contrazione di pericolose malattie polmonari. La minaccia in quei casi era costituita dalla temibile ed ormai nota “Legionellosi”.
Con il termine legionella si intende un batterio aerobio, ovvero un organismo unicellulare, visibile solo al microscopio. Per la sua riproduzione necessita della presenza di ossigeno, l’ambiente tipico è quello acquatico, sia naturale che artificiale.
Una volta presente il batterio, un facile mezzo di propagazione è costituito dall’aerosol, poiché favorisce la contrazione della patologia appunto chiamata “legionellosi”: trattandosi infatti di particelle molto fini (dell’ordine di centesimi fino a centinaia di micron) possono essere facilmente inalate. Si può dire che minore è la grandezza della particella d’acqua, più probabile è il contatto con le vie respiratorie. Per quanto pericolosi essi siano, i batteri presenti negli ambienti acquatici naturali (stagni, laghi) non proliferano, mentre se passano agli ambienti artificiali (reti distribuzione acqua, impianti di climatizzazione ecc.) hanno la possibilità di propagarsi, ed inoltre resistono molto bene agli agenti sanificanti ed antibatterici.
Un altro fattore di pericolosità è rappresentato dalla temperatura dell’acqua: al di sotto dei 20°C non vi sono particolari motivi di preoccupazione, ma tra 20 e 50°C si può formare aerosol e pertanto facilmente inalabile.
Nei casi più semplici è sufficiente il soffione di una doccia od un rubinetto per avere modesta ma sufficiente inalazione di acqua nebulizzata, fino ai casi più complessi come nei sistemi a torre evaporativa; contrariamente a quanto molti sostengono, la legionellosi non si contrae bevendo acqua contaminata.
Riassumendo, i fattori di rischio sono pertanto:
- temperatura acqua compresa tra 20 e 50°C
- presenza di tubazioni con flusso d’acqua ridotto oppure utilizzo stagionale o intermittente
- inadeguata manutenzione e disinfezione dell’impianto con relativi terminali di erogazione (rubinetti, soffioni, docce)
- Caratteristiche alterate dell’acqua proveniente dall’approvvigionamento
- Componenti impianto molto datati
- Recenti lavori di ristrutturazione
- Utilizzo di gomme e fibre naturali nelle guarnizioni e nei dispositivi di tenuta
Come si individuano gli impianti contaminati? Attraverso opportune analisi microbiologiche effettuate su campioni d’acqua abbiamo la possibilità di accertare la presenza del batterio, verificando il parametro “UFC” (unità formante colonia). Perché vi sia infezione si devono verificare le seguenti condizioni:
- elevata concentrazione di legionella (> 1000 UFC/litro)
- dispersione di acqua contaminata sotto forma di aerosol
- presenza di forme di nutrimento come alghe, calcare, ruggineo altro materiale organico
- inalazione di aerosol da parte di persone che presentano una predisposizione salutare
Effetti della infezione da legionella
Contrarre l’infezione può causare effetti a partire dalla “Febbre di Pontiac” che presenta un periodo di incubazione da 24 a 48 ore e risolvibile in 2 -5 giorni, fino alla temibile “legionellosi” (o Legionella Pneumophila) che ha un periodo di incubazione da 2 a 10 gg e coinvolgimento polmonare anche letale.
Il tasso di mortalità in questo caso va dal 10%, fino a spingersi al 30 – 50% nel caso l’infezione si manifesti in aree con personale già ammalato (ospedali, case di cura), pertanto con soggetti particolarmente a rischio quali persona anziane oppure presenza fattori di rischio quali fumo da tabacco, malattie bronco polmonari ecc.
Impianti a rischio
Gli impianti particolarmente sensibili al fenomeno sono:
- Impianti idrosanitari (produzione, distribuzione di acqua calda ACS, erogatori di rubinetti, diffusori di docce, nebulizzatori);
- Piscine, idromassaggi, impianti termali, fontane ornamentali;
- Torri evaporative (per raffreddamento) installate negli impianti di condizionamento;
- Impianti di trattamento aria, quando dotati di umidificazione ad acqua (erogazione mediante ugelli);
- Impianti irrigazione giardini;
- Impianti di scarico della acque usate (specie da lavastoviglie, lavatrici ecc.).
Linee guida per la prevenzione
Punto di partenza è, ancora una volta, il Testo Unico Sulla Sicurezza (D.Lgs. 81 /08) che classifica la “legionellosi” come agente biologico e come tale assoggettato a precisi obblighi in caso di presenza. Precisamente al titolo X si evince che il datore di lavoro nella valutazione dei rischi (prevista a sua volta dall’articolo 17) tiene conto di tutte le informazioni disponibili a riguardo e successivamente mette in atto soluzioni preventive e protettive, in misura adeguata al livello di rischio. In particolare nell’allegato XLVI sono citate le specie patogene di legionella (tra cui la più diffusa pneumophila) e classificate all’articolo 268 come “agenti biologici del gruppo 2”: tali agenti costituiscono grave rischio di contrarre malattie in soggetti umani.
L’articolo 64, dello stesso decreto, inoltre, stabilisce che si debba attuare una regolare manutenzione e pulitura degli impianti di aerazione e, nello specifico, l’allegato IV “Requisiti dei luoghi di lavoro” fornisce indicazioni in merito alla pulizia e alla manutenzione.
Ancora, l’articolo 22, infatti impone di scegliere opportune soluzioni tecniche al fine di prevenire condizioni a rischio. In questo caso il progettista di un impianto idrico o di trattamento dell’aria ha l’obbligo di prevedere tuazioni di manutenibilità adeguata negli elementi d’impianto, ad esempio disporre tratti di tubazione il più possibile lineari, evitando elementi ciechi ed un bilanciamento idrodinamico adeguato, come pure i serbatori di accumulo devono essere dotati di passo d’uomo e favorire una buona ispezionabilità. La temperatura all’interno dei serbatoi deve essere superiore o uguale a 60°C. Se non fosse possibile rispettare le temperature, sarà opportuno installare un sistema di disinfezione alternativo per controllare il rischio di proliferazione batterica. La distribuzione aeraulica rispetterà ovviamente gli stessi criteri di manutenibilità e disinfezione.
Sono tuttavia le linee guida, pubblicate inizialmente nel 2000, che forniscono precise indicazioni sui protocolli di valutazione rischio ed interventi di prevenzione e monitoraggio. La versione approvata il 7 maggio 2015 in sede di Conferenza Stato-Regioni, costituisce l’attuale punto di riferimento nazionale “Linee guida per la prevenzione ed il controllo della legionellosi” e comprende indicazioni per i diversi settori, dal civile, all’industriale, fino al turistico/alberghiero. Nonostante una corretta progettazione, possono insorgere durante l’esercizio dei problemi di contaminazione che le linee guida indicano di affrontare con una serie di misure, di peso proporzionale alla quantità di batteri rilevati nei campioni d’acqua (UFC).
Come evidenziato nella tabella riportata, maggiore è il valore di UFC riscontrata nelle analisi, più approfondite dovranno essere le misure adottate: esse possono variare dal trattamento termico (aumento della temperatura a 50-55°Cin modo da disattivare il batterio), Shock termico (aumento temperatura a 70-80°C), clorazione, trattamento con lampade ultraviolette, clorazione, Ionizzazione rame argento, additivazione con perossido di idrogeno ed argento con funzione battericida.
A causa della capillarità degli impianti aeraulici, in caso di contaminazione è necessario provvedere a controllo e sanificazione di ogni elemento, pertanto è opportuno avviare una attività pianificata attraverso lo studio della documentazione disponibile (planimetrie, lay out impiantistici): questa fase serve per individuare i punti critici e le modalità di ispezione.
Successivamente verranno ispezionati gli elementi (interno canalizzazioni, camere delle unità trattamento aria, batterie di scambio, ventilconvettori) al fine di raccogliere dei campioni da analizzare.
La valutazione del rischio in questo caso rientra nel DVR biologico, che deve essere aggiornato in alla evoluzione tecnologica dell’impianto.
È opportuno affidarsi in questo ad una società specializzata, poichè richiede le giuste competenze ed una mentalità che abbraccia, come già affrontato, le fasi di valutazione dei rischi, quindi una corretta progettazione tenendo conto dei fattori basilari in materia; successivamente la manutenzione richiede non solo una capacità tecnica di intervento ma l’esecuzione di particolari e frequenti monitoraggi che possono essi stessi costituire un pericolo per la salute durante lo svolgimento.
Fabio Calzavara, Coordinatore Regionale Triveneto A.I.MAN.