Il servizio di manutenzione è in continuo calo fra gli interessi della direzione aziendale, come sostiene anche Joel Levitt, uno dei maggiori guru della manutenzione americani, principalmente perché i manutentori non sanno "vendere" il loro prodotto.
Negli anni Ottanta la manutenzione ha avuto un grande boom, con la Manutenzione Produttiva (TPM), la manutenzione centrata sull'affidabilità (RCM I e poi RCM II), l'uso diffuso di pratiche derivate dall'industria aerospaziale e dal nucleare, come l'FMECA e le clausole RAMS, che dal finire degli anni Ottanta hanno fatto capolino prima sulle grandi commesse del settore ferroviario per poi estendersi ad autobus e in generale ai grandi manufatti su commesse di piccola e media serie.
Sono gli anni in cui in Italia c'è stato il primo congresso mondiale di manutenzione a Venezia nel 1984, e a Roma una grande kermesse sulla manutenzione orchestrata da Aiman e dal Censis, nel 1987, dal titolo illuminante: "Produrre, non basta!". Nel decennio successivo però sull'onda delle gigantesche ristrutturazioni avvenute nelle più grandi aziende leader e sulla scia di "Reengineering the Corporations" di Michael Hammer e del mantra "distruggere per ricostruire" di Tom Peters (che, invece, solo dieci anni prima aveva scritto il best-seller "Alla ricerca dell'eccellenza"), le aziende hanno iniziato sostanziali cure dimagranti.
Fra i settori colpiti il ceto medio impiegatizio, sostituito progressivamente dall'informatica e dal superamento del modello "comando e controllo" a favore di empowerment e di deleghe diffuse, che ha spostato le responsabilità decisionali dei tecnici, verso i diretti esecutori delle fasi operative.
Si chiamavano "costi comprimibili", e fra questi c'era la manutenzione, con la forte riduzione di tutte le funzioni di staff manutentive, compresa l'ingegneria di manutenzione, e poi con la riduzione degli investimenti ossia, principalmente, degli interventi migliorativi e della formazione del personale.
Le aziende più avvedute facevano resistenza e riuscivano a mantenere sia l'ingegneria di manutenzione, sia le azioni migliorative, sia una diffusa formazione del personale, che diventavano un fiore all'occhiello da presentare nei meeting per dimostrare quanto erano bravi nel raggiungere e mantenere l'eccellenza.
Ma si sa, un rondine non fa primavera, e questa piccola avanguardia organizzativa non compensa la grande massa di aziende che avevano ridotto da tre anni a tre mesi l'orizzonte di medio periodo, e che erano e sono ossessivamente concentrate sulla riduzione dei costi e sulla remunerazione del capitale a breve, anche a dispetto dei risultati di medio-lungo periodo.
Continua a leggere l'articolo di Maurizio Cattaneo, Amministratore Unico di Global Service & Maintenance Srl sul numero di gennaio di Manutenzione T&M