In questo primo scorcio di primavera siamo (quasi) tutti confinati nelle nostre case, il Governo nel frattempo ha sancito il valore della manutenzione, al punto da includerne le sue diverse sfaccettature fra i servizi giudicati essenziali.
In una visione moderna ma classica e antropocentrica della manutenzione, si osserva una stretta correlazione con la medicina. La manutenzione si occupa prima di tutto di prevenire i guasti e, nel caso accadano, di intervenire con la riparazione.
In origine questa dicotomia ha avvantaggiato la prevenzione ritenuta a ragione più efficace della riparazione.
Prevenzione e cura (o riparazione) sono state mutuate dagli antichi greci che avevano affiancato Asclepio, figlio di Apollo, e medico ante litteram, con due figure divine: Igea (salute), il cui compito era conservare la salute attraverso la prevenzione, e Panacea, il cui compito era la cura di tutti i mali.
In tempi recenti però, con l’affermarsi della sostenibilità, la riparazione ha assunto una particolare rilevanza sia per gli aspetti migliorativi, sia per la valorizzazione dei beni riciclati (upcycling, o riutilizzo creativo).
Dal congresso di Wiesbaden (1972) in poi, la cosiddetta curva a vasca da bagno ci riporta ad una visione antropocentrica della manutenzione: infanzia, vita adulta e vecchiaia, sono declinati come mortalità infantile, vita fisica e periodo delle usure generalizzate. È la curva che descrive l’andamento del tasso di guasto di un sistema complesso nel tempo. Detta così ha una apparenza molto più affidabilistica e la correlazione con la medicina scompare.
Anche le tecniche di prevenzione, sempre più diffuse, sono culturalmente di stretta derivazione medica. Le analisi del sangue, la radiologia, le più moderne tecniche diagnostiche hanno uno scopo predittivo esattamente come la strumentazione utilizzata dalla manutenzione.
Persino Luigi Pasteur, lo scopritore della penicillina, quando in punto di morte comprese l’importanza del terreno per mantenere il corpo in salute diede uno stimolo alla manutenzione. La manutenzione in tempi molto più recenti ha iniziato a comprendere che la preventiva da sola non basta ( Sejiki Nakajima ), ma che per arrivare ad una affidabilità totale era necessario lavorare sul terreno. Ad esempio, le sollecitazioni di natura chimica, meccanica o elettrica che agiscono sul sistema minando le condizioni al contorno o di esercizio, il terreno appunto.
E oggi, in piena crisi del coronavirus, ecco che la manutenzione e le relative attività economiche (secondo la classificazione ATECO) si trovano in Gazzetta Ufficiale nel novero delle attività essenziali per la Nazione.
La manutenzione e il manutentore: il “medico” delle macchine.
In un mese che ha visto il congelamento di molte attività si sono però verificate delle azioni rimarchevoli che meritano di essere citate qui, nella nostra rubrica. Naturalmente azioni che riguardano i nostri giovani neo-manutentori o post-manutentori (come preferite) dei Fab Lab.
Come è noto, a un certo punto nella fase esponenziale del contagio, si è iniziata a manifestare la necessità di moltiplicare gli spazi dedicati alla rianimazione. Ma creare nuovi spazi non è sufficiente, ci vogliono respiratori, valvole, e accessori, tutto per attrezzare i posti letto allo scopo.
I ragazzi del Fab Lab si sono messi a disposizione per progettare e rilanciare in ogni parte del globo dispositivi per attrezzare le rianimazioni. Facendo scempio anche di qualche brevetto ma con il consenso degli interessati.
Allo stesso modo, maschere con boccaglio (snorkel) per l’osservazione subacquea sono trasformate in respiratori dalla geniale intuizione di un medico e di un maker, Cristian Fracassi. Ma non è finita qui. «Le fabbriche sono chiuse, i Fab Lab no. Lavorano insieme, senza bisogno di vedersi, ma scambiandosi i file dei progetti via Internet secondo quella filosofia open source per cui le istruzioni sono a disposizione di tutti e tutti le possono migliorare. Una cosa fatta bene a Brescia, la copiano a Madrid, la migliorano a New York e poi la replicano di nuovo in Italia, in altre città magari come Alessandria. È l’intelligenza collettiva al suo meglio.
Seguire le loro chat, il modo in cui si attivano e la velocità con cui arrivano al risultato è stupefacente. Insomma, proprio quando ci aspettavamo che il mondo dovesse essere salvato dai robot e dall’intelligenza artificiale, ci è venuta in soccorso una rete di uomini e donne armati di tecnologie normali tutto sommato (le stampanti 3D ma non solo), adatte a produrre al volo quello che serve a salvare vite umane. Come è stato possibile?» (da Repubblica, 27 marzo 2020).
Sono nati in rete ventilatori “open source”. Obiettivo comune: progettare e realizzare ventilatori e altri apparecchi che possano essere condivisi e replicati localmente usando le stampanti 3D e altri attrezzi presenti nel mondo dei maker. Il ventilatore è una macchina complessa che opera con standard rigorosi. Come dispositivo medico, richiede l’approvazione della FDA. Ma qui si tratta di gestire l’emergenza non di sostituirsi ai produttori originali del ventilatore.
Il movimento dei Maker che operano in laboratori chiamati Fab Lab, è nato una ventina di anni fa e ne abbiamo fatto più volte riferimento sulla nostra rubrica.
Il loro motto è “se una cosa non la sai riparare non la puoi possedere”, sono gli attivisti della manutenzione, quelli che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha sollecitato con un Hackathon globale. L’ Hackathon covid-19 è una specie di concorso per gli sviluppatori di tutto il mondo al fine di elaborare metodi per contenere la diffusione dei coronavirus.
In parole povere quando tutto si ferma i Maker cominciano a giocare.
Una volta riprese le attività economiche, non dimentichiamoci delle opportunità offerte dai manutentori digitali.
Scriviamo spesso dal mezzo del guado, guardando verso la sponda del “non ancora”, sappiamo che numerosi lavori non ci sono più o non sono più utili. Facciamo molta più fatica invece a individuare quali lavori non ci sono ancora, ma ci saranno in un futuro prossimo.
Valorizzare le cose rotte ed evitare di gettarle sul cumulo dei rifiuti, non è una pratica così recente. I giapponesi, per antica tradizione, quando riparavano un oggetto rotto, valorizzavano la crepa riempiendo la spaccatura con dell’oro. Credono che quando qualcosa ha subito una ferita ed ha una storia, diventa più bella.
Recente invece è la multidisciplinarità delle tecnologie adottate: meccatronica, automazione, robotica, informatica, dato che valorizzare le cose rotte è un incredibile evergreen. L
a manutenzione sarà uno dei lavori futuri anche se non sappiamo esattamente come sarà declinata, una attività indispensabile, dice il Governo e lo scrive in Gazzetta Ufficiale, lo è ora nell’emergenza e lo sarà sempre.
Maurizio Cattaneo, Amministratore di Global Service & Maintenance