Il focus è tutto incentrato sul legame tra la manutenzione e l’asset management, dove la manutenzione deve essere sempre più il fulcro della gestione degli asset durante il loro ciclo di vita.
La manutenzione nella vecchia visione aziendale
Nella vecchia visione aziendale, la manutenzione era quell’organizzazione che doveva far funzionare le macchine o gli impianti che altri avevano progettato, che qualcuno aveva comprato e che la produzione usava, ma che prima o poi sarebbero stati dismessi. In ognuno di questi passaggi la manutenzione subiva.
Gli asset sono sempre stati progettati da specialisti che, però, paradossalmente spesso non uscivano neanche dai loro uffici tecnici, un po’ come se le automobili fossero progettate da persone che non hanno la patente. In fase di progettazione si studia quello che è il lavoro che l’asset dovrà fare ma non ci si interessa di tutte quelle che sono le condizioni al contorno, perché tanto sono questioni che poi dovrà risolvere qualcun altro…
Una volta ideate, le macchine passavano poi sotto la forca dei vari uffici acquisti che, per risparmiare qualche soldo, limavano ogni piccolo accessorio della macchina in questione. All’acquisto seguiva la fase di installazione effettuata da personale esterno che mirava a finire in fretta e tornare a casa con il foglio di collaudo firmato per poter sbloccare i pagamenti. Successivamente, la macchina veniva consegnata alla produzione, che la teneva ben stretta considerandola sua proprietà esclusiva, salvo poi chiamare la manutenzione quando questa si rompeva. E, alla fine dell’avventura, la manutenzione doveva in un modo o nell’altro smaltire l’asset senza preoccuparsi troppo degli aspetti ambientali né tanto meno della sicurezza. Questo, però, è il passato.
Il futuro della manutenzione
Nel futuro la manutenzione sarà sempre più un servizio tecnico di stabilimento e interagirà fattivamente con i vari enti che si avvicendano nella vita dell’impianto. Le aziende produttrici di macchinari e impianti non dovranno limitarsi a mandare questionari generici sulla soddisfazione del cliente, ma dovranno iniziare a consultare direttamente i manutentori delle ditte clienti per avere il maggior numero possibile di feedback sulle macchine che hanno prodotto. Di certo, è vero che le aziende produttrici esaminano i report dei tecnici che vanno a effettuare le riparazioni, ma questi non svolgono che una piccola parte degli interventi manutentivi della vita di una macchina. Solitamente, il tecnico della casa-madre viene chiamato solo quando la manutenzione interna non è riuscita a riparare il guasto, o quando la riparazione necessita di ricambi non disponibili internamente. Questo fa sì che dall’analisi dei report dei tecnici si evincano solo i guasti più considerevoli che rappresentano circa il 20% di tutti i fermi dell’asset per guasto, mentre il rimanente 80% non viene considerato, e sono proprio questi i guasti più facili da eliminare con semplici analisi.
In fase di acquisto, il supporto tecnico della manutenzione è fondamentale per evitare che quello che è il trait d’union tra gli studi fatti per l’acquisto di un nuovo macchinario e il suo effettivo inserimento nello stabilimento non sia solo un mercanteggiare, ma una vera trattativa. La vera trattativa si fa sul prezzo di acquisto, ma anche sulle condizioni al contorno: consegna, installazione, allacci alle utenze, opere edili di supporto, utilizzo di attrezzature particolari, realizzazione di ponteggi, forniture di oli e liquidi speciali. In tutto questo, il supporto del servizio tecnico fa sì che possa essere fatto un contratto il più favorevole possibile e che non riservi sorprese.
Per quanto riguarda l’installazione preferisco stendere un velo pietoso. In tanti anni di lavoro ho visto installatori fare cose che voi umani neanche immaginate e persone lavorare come artisti circensi, quindi, in questa fase, più che mai è indispensabile la presenza del personale di manutenzione. Un errore impiantistico, se individuato subito, può essere risolto a costo zero o quasi, mentre a impianto avviato,
solitamente, richiede un fermo e costi molto superiori.
Spesso, poi, le installazioni sono subappaltate ad aziende terze che non sono né il produttore, né l’utilizzatore finale e che pensano solo a chiudere il cantiere prima possibile per aumentare il proprio guadagno, senza curarsi della corretta installazione. In questa fase, l’occhio critico di un tecnico interno è fondamentale per evitare di ritrovarsi con un nuovo impianto nel quale si erano riposte tutte le migliori aspettative, non funzionante o mal funzionante. In questa fase, una raccomandazione: non firmare mai un collaudo se prima non si sono verificate tutte le caratteristiche da contratto a impianto fermo e non si è fatto funzionare l’impianto a regime per un ragionevole periodo di tempo.
Una volta messo in servizio l’impianto, esso diventa proprietà della produzione: non sono un esperto di diritto, quindi mi esprimerò sicuramente male, ma secondo il mio pensiero l’impianto deve essere di proprietà della manutenzione che ne concede l’uso alla produzione. La produzione è spesso troppo focalizzata sulla realizzazione del prodotto in quantità sempre maggiori, per poter pensare che la qualità e la quantità sono legate al buon funzionamento delle macchine e queste, per funzionare bene, necessitano di cure costanti. Per esprimere meglio il concetto, propongo un paragone con la Formula 1: le star della Formula 1 sono i piloti che guidano le monoposto portandole a volte anche oltre il 100% delle loro capacità; ma durante i gran premi devono sempre seguire le istruzioni dei direttori tecnici che, in base allo stato della vettura, consigliano o impongono delle strategie volte a ottimizzare i risultati della singola gara e della stagione. Allo stesso modo: la manutenzione concede in uso le sue macchine alla produzione e dà consigli su come usarle al meglio, ma al contempo pretende che queste siano trattate con il massimo rispetto ed esige che vengano arrestate ogni volta che si verificano condizioni tali per cui il proseguimento del lavoro potrebbe compromettere la continuità produttiva e la durata dell’impianto.
Un impianto gestito in questa maniera darà sicuramente risultati migliori, sia nel breve che nel lungo termine e le sue performance saranno costanti nel tempo.
Conclusioni
Infine, dopo anni di onorato servizio, verrà il momento in cui anche il più avveniristico degli impianti sarà diventato obsoleto e si dovrà pensare al suo futuro. Ancora una volta il player migliore che possa gestire questa fase è l’ente che se ne è fatto carico fino a quel momento, il qual sarà in grado di dire se l’impianto potrà avere una nuova vita, magari dopo un sostanziale revamping o, se invece, bisognerà provvedere allo smantellamento e allo smaltimento e questo non prima di aver cannibalizzato tutti i componenti che potrebbero servire come ricambi o i componenti riutilizzabili.
Di certo, un articolo del genere potrebbe sembrare fazioso, in una rivista che parla di manutenzione, ma vi invito a fare una riflessione su quanto ho scritto e soprattutto invito a farla a chi non si occupa di manutenzione.
a cura di Pietro Marchetti, Coordinatore Regionale sezione Emilia-Romagna, A.I.MAN.