Manutenzione e Green Deal

... prove generali di futuro

  • Novembre 12, 2020
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    Manutenzione e Green Deal

Nei primi giorni di novembre è andata in scena a Rimini l’edizione 2020 di Ecomondo, una manifestazione fieristica che porta con sé il più importante evento di studio italiano sulla economia verde: gli Stati Generali della Green Economy. 

Quest’anno per ovvi motivi legati al CoVid-19, sia la Fiera sia gli Stati Generali sono stati rappresentati esclusivamente in versione online. Ecomondo si è svolta nell’arco di due settimane in luogo delle consuete quattro giornate. 

Durante la pandemia è stato concepito un progetto europeo di rilancio economico, il Recovery plan “Next generation UE” centrato sul Green New Deal, che Ursula von der Leyen, neo eletta Presidente EU, ha lanciato a pochi giorni dall’insediamento, l’11 dicembre 2019. Il nuovo patto verde, o Green Deal, ha comportato nel marzo successivo l’adozione di un piano di investimenti di oltre 1.000 miliardi, con l’obiettivo di raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050. 
L’avvento del CoVid-19 ha trasformato questo patto in una grande opportunità, forse l’unica, per offrire anche al nostro paese un percorso di recupero delle potenzialità congelate in questi mesi verso un futuro che superi l’attuale emergenza. 

Il Green Deal, è stato il tema centrale degli Stati Generali, il 3-4 novembre. In altra parte della rivista abbiamo fatto una breve sintesi degli argomenti di maggior interesse per la manutenzione ai quali abbiamo partecipato. 
Cosa può fare la Manutenzione per sostenere il Green Deal? 
Uno dei pilastri del Green Deal è l’adozione di una politica industriale basata sulla Economia Circolare. La EC, come abbiamo più volte evidenziato, è l’ambito nel quale la Manutenzione può offrire un imponente contributo. 
L’Italia è un grande paese trasformatore, il secondo d’Europa dopo la Germania, ma è povero di materie prime, che provengono per circa il 50% dall’estero. 

Ecco un ambito dove può intervenire la Manutenzione: la riduzione del consumo di risorse. 
Primo fra tutti promuovendo un aumento importante della longevità di macchine, impianti, prodotti. La manutenzione semplicemente raddoppiando il ciclo di vita dei manufatti, riduce in pari misura la produzione di rifiuti. Anche quando ormai il rifiuto è conclamato, sempre con la manutenzione, è possibile riparare l’oggetto o realizzare un upgrade, in modo che sia possibile reimmetterlo in circolazione come prodotto. 
La manutenzione infatti possiede le tecnologie e i mezzi per riciclare l’oggetto in questione, potenziandone se necessario le prestazioni. 

Inoltre la manutenzione è la funzione aziendale più adatta per intervenire sull’efficientamento energetico, un altro pilastro del patto. Come sostiene Riccardo Basosi, delegato del MIUR per il Set Plan UE, “L’unica energia pulita è quella che non abbiamo bisogno di usare, cioè risparmiata con interventi di efficienza.” 
La manutenzione aiuta a ridurre i consumi energetici e a generare un mondo più pulito e sostenibile. 

Il Green Deal a sua volta sostiene la Manutenzione dato che fra i propri obiettivi promuove il "diritto alla riparazione" e il contrasto alla obsolescenza programmata dei dispositivi. Per ottenere ciò ricorrerà a piani di sostegno alle imprese che dovranno attuare politiche adeguate a questi obiettivi e, in conseguenza, preparare culturalmente i consumatori. 
Sul diritto alla “riparazione” e sui valori che rappresenta siamo più volte intervenuti in rubrica. 

Perché è dalle capacità di riparazione di una nazione che si valuta la fattibilità di un programma di riciclo e di riuso nonché di ammodernamento (upcycling) dei manufatti cui consegue un risparmio di risorse e, nel caso italiano, un miglioramento della bilancia dei pagamenti. 

Una trentina di anni fa accadeva esattamente il contrario. Dove i paesi più poveri erano diventati campioni del recupero dei componenti guasti e del mantenimento ad infinitum delle macchine e degli impianti. Cito due esempi per tutti: Cuba e Turchia. Mentre i paesi più ricchi potevano abbandonarsi all’usa e getta che tanto faceva risparmiare in ore di manodopera la quale, in occidente, aumentava anno dopo anno in costo e scarsità. 

La musica ora è cambiata e nel nuovo spartito le capacità riparatorie sono tornate in auge, al punto che, da cenerentola della manutenzione, la riparazione è risorta come elemento imprescindibile di una economia circolare. 
Ancora una volta poniamo l’accento sul problema della formazione. Si, perché i ragazzi di oggi saranno i tecnici di domani. I giovani hanno bisogno di stimoli che non sempre la scuola organizzata con lezioni frontali riesce a dare, soprattutto nell’area STEAM (Science, Technology, Engineering, Arts, Mathematics). 
Tuttavia è proprio nel mondo della scuola, negli Istituti Superiori Tecnologici, che da qualche tempo si osservano significativi cambiamenti con iniziative spesso al di fuori dell’orario scolastico. 

Si cerca di stimolare la creatività, la capacità imprenditoriale e progettuale dei ragazzi, i quali si allenano in diverse istituzioni dedite allo sviluppo di quell’imparare “spaciugando” che, con il contributo di molti studiosi da Maria Montessori a Don Lorenzo Milani e, più recentemente, Seymour Papert, è stato messo al centro dell’apprendimento scientifico e tecnologico. 

Persino fra i popoli antichi oltre 3.000 anni fa, si sapeva che la conoscenza fine a se stessa e avulsa dalla sperimentazione difficilmente avrebbe prodotto saggezza. 

E i ragazzi sperimentano e si allenano continuamente. Ci sono numerosi contest (concorsi) per giovani mirati alla economia circolare. Ci sono numerose organizzazioni come i Restart Parties, i Repair cafè, i Fab Lab, che chi segue la nostra rubrica ha da tempo imparato a conoscere. 

In Italia nel 2019 solo le categorie legate ai RAEE (Rifiuti Apparecchiature Elettriche e Elettroniche) hanno prodotto oltre 122.000 tonnellate di rifiuti, con un incremento del 16% rispetto al 2018. 
Le quantità in gioco sono imponenti, eppure nel periodo 2014-2019, solo i Restart Party italiani hanno sottratto circa 2.500 kg di rifiuti dalle discariche. 

Sono quantità simboliche, è vero, però evidenziano il ruolo decisivo che riveste la riparazione nel limitare la produzione di rifiuti. 

E se da un lato questa cultura della riparazione deve uscire dalle officine per promuovere la manutenzione presso la cittadinanza, da un altro lato è proprio nelle officine, dove ci sono gli specialisti, che tale cultura deve essere sviluppata ai massimi livelli per evitare il progressivo degrado non solo dei manufatti ma della nostra stessa civiltà. 
Noi stiamo lavorando con i ragazzi perché questo sia possibile perlomeno dove abbiamo giurisdizione, nel nostro piccolo territorio. Facciamo prove generali di futuro: cerchiamo di uscire dalla terra di mezzo per approdare, verso il non ancora, per un domani sostenibile, e voi?

Maurizio Cattaneo