La manifattura 4.0 è l'integrazione di servizi, internet e tecnologie informatiche nella produzione industriale in una scala ridotta rispetto alla fabbricazione dei prodotti di massa o, più recentemente, della elettronica di consumo. Qualcuno sostiene che si tratta della quarta rivoluzione industriale (UE, Industrial Compact).
Gli anni '70, in Italia, hanno segnato il sorpasso dei servizi sull'industria nella produzione del valore aggiunto. Si diceva allora non senza una sorta di orgoglio che dopo qualche decennio di boom economico e di produzione di massa eravamo passati alla società post industriale (finalmente, secondo alcuni).
Agli inizi del 2000 si diceva che le società avanzate si potevano riconoscere perché l'industria era sotto il 20%, l'agricoltura sotto il 5%, ed i servizi sopra il 70% del PIL, mentre la "arretrata" Cina aveva allora il 45% di PIL industriale, l'India il 25% di PIL agricolo (Economist Intelligence Unit), solo per fare un esempio.
Ci si era illusi che il lavoro umano diventasse residuale, che quattro cinque ore al giorno di lavoro fossero sufficienti per alimentare i bisogni della società e delle persone, e che il resto era tutto tempo libero, hobbies, terzo mercato, volontariato, l'uomo che si liberava dalla schiavitù del lavoro come sognato in passato da alcuni pensatori non necessariamente marxisti, come ad esempio Lev Tolstoj.
Invece, il post-industriale si è rivelato uno dei nostri peggiori incubi, dalla fine degli anni '80 a oggi la cronaca di continue disfatte: prima l'automazione e la robotica che, nelle grandi aziende manifatturiere, hanno ridotto il numero dei colletti blu, poi il reengineering che ha ridotto percentualmente in misura ancora maggiore i quadri tecnici e gli impiegati, i colletti bianchi sostituiti per effetto di processi più snelli, sostituiti dall'empowerment, dall'azienda snella e dall'organizzazione piatta e, non ultimo, dal diffondersi delle tecnologie informatiche.
Aldo Bonomi sostiene che fra l'economia del "non più" e l'economia del "non ancora", c'è un momento intermedio che è poi la crisi che oggi stiamo vivendo.
Tuttavia, a sparigliare i giochi, ecco spuntare un neologismo il "prosumer", il produttore-consumatore, l'artigiano progettista che opera su piccola scala, che lavora per le nicchie.
Il settore manifatturiero che pure ha visto, in Italia, negli ultimi dieci anni, una diminuzione del 30% della forza lavoro non è morto, ma è risuscitato ed è in un interessante percorso di crescita proprio per via delle nicchie.
Le nicchie non sostituiranno la grande produzione di massa, tuttavia il bisogno di sostenibilità e le emozioni del "fatto su misura", come dice Antonio Calabrò in "La morale del tornio", uniti alla sapienza manifatturiera italica e al settore Hi-Tech, daranno vita nei prossimi anni ad un secondo rinascimento.
E la manutenzione? In queste microimprese super efficienti e creative come e dove svolgerà il suo compito? Per capirlo bisogna tornare indietro di due secoli quando era l'artigiano ad occuparsi di progettazione, produzione e manutenzione.
Agli albori dell'era industriale, la manutenzione era curata direttamente dall'artigiano, in un secondo momento con la sopraggiunta complessità dei mezzi di produzione nei casi più problematici si ricorreva ad un altro artigiano esperto nella manutenzione, mentre con l'avvento della automazione e della produzione di massa, la manutenzione divenne un servizio dell'impresa alle dipendenze della produzione e, successivamente, con lo svilupparsi delle organizzazioni funzionali, assunse un ruolo autonomo, fino ad occupare un gran numero di addetti che svolgevano le funzioni più disparate.
Ma quando l'artigiano progettava e costruiva i mezzi di produzione aveva una perfetta conoscenza del processo e delle problematiche di natura manutentiva. Viveva una integrazione del fatto tecnico, come poi in nessun altro periodo della storia industriale fu possibile, a causa della complessità e della conseguente parcellizzazione del lavoro, ha avuto, fra l'altro, conseguenze devastanti in termini di alienazione dell'individuo.
Il neo artigiano Hi-Tech, di nuovo torna ad occuparsi del prodotto, del processo, che costituisce uno dei suoi punti di forza, e del progetto con il continuo adeguamento dei mezzi di produzione ai suoi bisogni mediante il sapiente utilizzo della manutenzione migliorativa. L'artigiano Hi-Tech si muove in un contesto collaborativo dove non sono più così importanti i brevetti e nemmeno il possesso dei mezzi di produzione, ma si rivela indispensabile la rete dei consumatori, veri e propri fan che sostengono i prodotti i quali vengono modellati dall'artigiano secondo e loro esigenze (da leggere assolutamente: Chris Anderson, Makers).
La scala di produzione dell'artigiano può andare da una decina di pezzi a qualche decina di migliaia, ma non bisogna pensare che l'artigiano operi da solo, ci possono essere 10-100-1000 collaboratori, ma è il modus operandi che è molto diverso rispetto alla manifattura tradizionale.
Innanzitutto viene trovato un modo per remunerare il capitale intellettuale, una delle scommesse perse dalla manifattura tradizionale (da leggere il bel libro di Anna Grandori, "10 tesi sull'impresa, contro i luoghi comuni dell'economia"), poi l'alienazione praticamente non esiste perché lavoro e hobbies si identificano.
Il ciclo di lavoro è naturalmente integrato si va dalla progettazione alla manutenzione del prodotto e, nel processo di fabbricazione (che può essere interno o esterno all'impresa), si combinano la tecnologia del processo, la manutenzione e la qualità in un unicum inarrivabile nella manifattura tradizionale.
Il lavoro è interessante e partecipato, tutti possono dare suggerimenti, in un perenne miglioramento continuo, tutti sono imprenditori e creativi perché possono realizzare da sé le proprie idee senza doverle più affidare ad altri.
In questa, non a torto definita, quarta rivoluzione industriale, la manutenzione si fonde con progettazione e processo, distribuzione e assistenza in un continuum da fare invidia alle aziende più avanzate del secolo scorso.
Il manutentore, da sempre bricoleur per vocazione, si trova in posizione di vantaggio in quanto è in grado di dominare la tecnologia, di comprendere i più raffinati meccanismi del processo, di aggiornare prodotto e processo attraverso continui interventi migliorativi.
Questa cultura fa parte del manutentore già da diverse generazioni, non si troverà a disagio, quindi, nella manifattura 4.0, assumerà solo un ruolo diverso e molto più ampio.
Maurizio Cattaneo, Amministratore Unico Globale Service & Maintenance Srl