Il mondo digitale pervade ormai tutti gli aspetti della nostra vita. Conviene quindi trarre il maggiore vantaggio possibile dalle “soluzioni smart” che esso offre, a prescindere dall’essere avvezzi o meno al loro utilizzo. In particolare, nell’ambito manutentivo il connubio tra vecchio e nuovo può portare a soluzioni impiantistiche in grado di generare un risparmio economico.
Un caso significativo
Può fungere da esempio il caso di una grossa macchina rotante azionata da un importante motore elettrico da 10.6 MW acquistata all’inizio degli anni ’90 e sottoposta unicamente a manutenzione ordinaria, la quale consiste nel cambio olio e nel controllo dell’assenza di evidenti anomalie. Nonostante l’applicazione di tale approccio manutentivo, è possibile che si verifichi la rottura di un componente e di conseguenza il fermo prolungato, intempestivo, dell’asset. Questo ci fa capire che il fatto che una macchina funzioni senza interruzione non vuol dire che lo stia facendo nel migliore dei modi e soprattutto non vuol dire che al suo interno non ci sia qualcosa che si sta comportando, seppur in maniera impercettibile, in modo tale da compromettere nel lungo termine il funzionamento della macchina stessa.
Come fare allora ad accorgersi in tempo che qualcosa non sta funzionando correttamente e come fare, da un punto di vista delle “best practices” manutentive, per “riazzerare” la vita della macchina, una volta scoperta l’anomalia? La soluzione del problema è da ricercare nel digitale e nella “manutenzione 4.0”. Per poter avere sensazione del corretto funzionamento di una macchina, occorre avere sotto controllo continuo i parametri fondamentali di funzionamento meccanico (come le vibrazioni e i parametri di processo). Il monitoraggio dei dati sugli stadi iniziali e finali, ovvero al “battery limits”, non è sufficiente: esso deve estendersi ai singoli punti interni che, nel caso di una macchina a stadi, potrebbero essere i parametri interstadio. Quindi monitoraggio diversificato e continuo. Ma di tutti questi dati poi cosa ne faccio? Chi li guarda, o meglio, chi li studia e in base ad essi decide che è tempo di fare manutenzione?
Nuova impostazione della manutenzione
Nel 2008, anno in cui avvennero questi fatti, non si parlava ancora di “manutenzione 4.0” o di “Industry 4.0”, ma già allora vi era la convinzione che il corredo elettro strumentale in dotazione alla macchina, data l’importanza della stessa, fosse un po’ povero e, soprattutto, non permettesse di avere una chiara visione del corretto funzionamento della stessa. Inoltre si formulò l’idea per cui era necessario assicurarsi che la macchina funzionasse in modo efficiente. Per fare ciò bisognava stabilire un punto di riferimento e serviva misurare lo scostamento da esso.
Quindi servivano tanti sensori che fornissero altrettanti dati di funzionamento. Questi dati dovevano essere raccolti da un sistema informatico e dovevano essere resi disponibili in un interfaccia operatore chiara e leggibile da chi gestiva la macchina e prendeva le decisioni sugli interventi manutentivi preventivi. Sì, ho detto bene: preventivi. Il nuovo concetto di manutenzione comportava infatti un intervento sulla macchina prima che essa si rompesse. Ciò comportò un investimento, oltre che sulla parte meccanica in termini di acquisto di pezzi di ricambio critici, anche sulla parte di controllo, consistente nell’acquisto del meglio che il mercato di dieci anni fa offrisse in materia digitale. Si passò dall’allarme cumulativo al “first alarm”, dall’acquisizione di uno stato di funzionamento “on/off” ad una visione completa dei parametri trasmessi velocemente ad un monitor mediante fibra ottica, da pochi dati acquisti in campo all’aumento e diversificazione delle varie misurazioni e trasmissione digitale delle stesse, battezzandole in modo da sapere istantaneamente cosa succedesse e dove. Infine tutti questi dati venivano immagazzinati in un computer per essere studiati e diagrammati per trarne delle conclusioni.
Un tale approccio permette di raggiungere importanti obiettivi come l’allungamento della vita dell’asset. Infatti, eseguendo periodicamente un rinnovo della parte meccanica in termini di ripristino dei giochi originali, si ottiene come risultato che l’efficienza rimane invariata nel tempo, o meglio, viene mantenuta entro limiti di degrado accettabili, limiti stabiliti dalla casa costruttrice che, se rispettati, fanno in modo che la macchina restituisca in termini produttivi ciò per cui è stata acquistata. Dalla periodicità dei controlli deriva inoltre una maggiore affidabilità, in quanto la probabilità di arresti non pianificati dovuti a degrado critico delle componenti viene ridotta drasticamente.
Risultati tecnici ed economici
Il rischio operativo, costituito dal fatto che, a fronte di un guasto dell’impianto, l’azienda non è più in grado di fornire i clienti, può avere un valore intollerabile, fino alla compromissione del business dell’azienda stessa. Di fronte ad un rischio così elevato, come si può non investire in manutenzione predittiva?
Vediamo anche la parte di profitto: se posso fermare la macchina quando voglio, lo faccio quando mi serve di meno, ovvero durante il periodo durante il quale la mia clientela chiede meno prodotto. Pertanto riduco la perdita economica che deriva dalla riduzione delle forniture o dall’acquisto delle forniture presso i “competitors” in caso di arresto intempestivo dovuto a guasto. In sintesi, pianifico ciò che spendo anziché subirlo.
Traducendo in numeri l’intervento di cui sopra, osserviamo che a fronte di un investimento di circa 3MM EUR “una tantum”, si registra un risparmio in energia di 0.3 MM EUR/anno dovuto alla minor usura delle parti rotanti, un risparmio in miglioramento dell’efficienza di 0.5 MM EUR/anno dovuto al “monitoring” più fine e un risparmio in aumentata produttività di 0.2 MM EUR/anno dovuto al fattore di servizio. Pertanto dopo circa 3.7 anni rientro dell’investimento e, tolti i costi di manodopera e di ripristino meccanico per gli interventi programmati periodici, ho un risparmio costante di 0.35 MM EUR/anno.
In conclusione questo intervento, eseguito in tempi non sospetti, dimostra fondamentalmente due cose:
- la manutenzione non è un costo ma un investimento che permette la continuità produttiva;
- l’utilizzo dell’elettronica sugli impianti e la conseguente digitalizzazione nei processi genera profitto.
Rinaldo Monforte Ferrario, Direttore di Stabilimento Caponago (MB), Gruppo Sapio; Consigliere A.I.MAN.