Sig. Varesi, Vetreria di Borgonovo è un’azienda con oltre 60 anni di attività. Ci può fare una breve descrizione della sua storia e di quali sono stati i passi fondamentali che l’hanno portata a confermarsi un marchio di riferimento sia in Italia che all’estero?
L’azienda è nata nel 1950. Con due forni di fusione e 9 linee produttive, Vetreria di Borgonovo produce circa 500 differenti forme-vetro, utilizzando un unico tipo di vetro, derivato dalla fusione di sabbia silicea con aggiunta di fondenti, decoloranti e affinanti. Il vetro utilizzato nel processo produttivo è di tipo extra-bianco (senza piombo), ed il prodotto viene modellato mediante fasi di pressatura, presso-soffiatura e centrifugazione. Nei primi anni, forti di una stretta collaborazione con le più grosse aziende in Europa per il commercio di prodotti di vetro cavo casalingo per il mercato pubblicitario, la produzione veniva utilizzata principalmente per conto terzi.
Oggi siamo rimasti nell’ambito della produzione del vetro cavo casalingo, comprendente tutti quei prodotti non finalizzati al riempimento automatico, e quindi piatti, coppe, bicchieri, vasi ecc. Ciò di cui non ci occupiamo è invece la tipologia di “vetro cavo industriale” (bottiglie, contenitori ecc.) la cui produzione viaggia su volumi estremamente più elevati dei nostri. Dal punto di vista del versato in tonnellate/giorno siamo una vetreria piccola, ma gestiamo una gran parte di seconde lavorazioni. Attualmente stiamo allestendo un capannone asettico per due nostri clienti che producono gelati e candele (entrambe infatti rientrano stranamente nella categoria “alimentari”, con tutti i vincoli che ciò comporta nella produzione e stoccaggio del vetro).
Inoltre abbiamo anche il doppio confezionamento: mentre generalmente la bottiglia, appena prodotta, viene messa su pallet, con cappuccio termoretraibile e spedita al cliente, la nostra tipologia di articolo a listino, dopo il ritiro, viene ulteriormente lavorata per essere decorata o confezionata con varie forme vetro (coppa grande, con coppette piccole e accessori).
A questo scopo abbiamo acquisito un’azienda di circa 100 dipendenti, la Decover. Aggiungendo i numeri di Vetreria di Borgonovo e di tutto l’indotto arriviamo a 800 persone, con le seconde lavorazioni che vengono gestite da cooperative. Per quanto riguarda il fatturato, invece, circa l’85% proviene da vendite all’estero.
Com’è strutturato oggi il mercato dell’industria del vetro e quali sono i vostri principali concorrenti?
Sicuramente protagonista principale è la Turchia, che per investimenti, professionalità e agevolazioni sui costi energetici (abbiamo un gap di circa il 33% a nostro sfavore) è oggi davanti a tutti. Si tratta di un mercato generalmente nuovo, caratterizzato da una miriade di aziende tedesche gestite da investitori turchi, che hanno in precedenza lavorato in Germania.
Queste sono inizialmente entrate nel settore del vetro partendo dall’industriale, più accessibile se si hanno grandi capitali e poco know-how, ma pian piano si sono fatte spazio anche nel casalingo, che necessita di maggior conoscenza ed esperienza, e oggi sono tra i maggiori produttori in Europa insieme ai Paesi dell’Est, aree dove è molto facile per le aziende siglare accordi economici estremamente vantaggiosi sia per la manodopera che per i costi energetici.
Da questo quadro ne deriva un mercato italiano in crisi, che preferisce acquistare prodotti dall’estero anche se i concorrenti non lavorano con i nostri costi di mano d’opera e non sono costretti a vigere ai severi controlli imposti nel nostro paese. Per gli stessi motivi i grossi gruppi di acquisizione interessati al settore del vetro si trovano fuori dall’Italia, soprattutto in Olanda e Belgio, ma anche nel Regno Unito.
In che cosa consiste invece il suo ruolo? Da quanto tempo svolge quest’incarico? E quanti addetti alla manutenzione conta oggi l’azienda?
Lavoro in Vetreria di Borgonovo dal 1988, ricoprendo il ruolo di responsabile di manutenzione da dieci anni. Gli addetti che lavorano alla manutenzione sono 24, me compreso, dedicati alla manutenzione elettrica, degli impianti e dei componenti legati alla produzione.
Per tanti anni la nostra azienda, come molte altre, ha vissuto la manutenzione in maniera “pompieristica”, limitandosi cioè all’intervento al guasto. Oggi l’ottica è cambiata da questo punto di vista, sia in generale, sia per quel ci che riguarda.
Come prima cosa abbiamo implementato un programma di manutenzione, un SIM gestito in rete, sviluppato in modo estremamente specifico, dato che la vetreria, insieme alla cartiera e alla fonderia, sono tra i contesti più complessi a livello manutentivo.
Il nostro ambito in particolare prevede un ciclo continuativo di 24 ore su 24, per 7 giorni su 7, con fermate programmate ogni 7 anni a rifacimento forno, con ambienti sottoposti a temperature estremamente elevate (tanto che abbiamo dovuto eliminare l’utilizzo di cuscinetti perché i livelli di calore raggiunto ci hanno obbligato a passare a sistemi di strisciamento in grafite). In più c’è il problema della polvere di vetro, che oltre ad essere estremamente pericolosa per l’uomo può causare gravi danni ai cuscinetti.
Anche per questi motivi gli interventi di manutenzione vengono fatti o durante il cambio serie, o in fase di fermo macchina programmato. Le 9 linee produttive non possono infatti operare contemporaneamente per un problema di cavato.
Compiendo tanti sforzi adesso siamo arrivati ad avere un 50% di interventi di manutenzione preventiva e un 50% a guasto. Un risultato già molto buono considerando il punto di partenza, ma ancora non sufficiente. Il difficile è far passare l’idea che un cuscinetto guasto possa causare danni nettamente superiori ai costi di sostituzione del cuscinetto stesso, che sono estremamente bassi. L’82% dei nostri interventi riguardano infatti cuscinetti che costano meno di 10 euro.
Come avviene la formazione degli addetti alla manutenzione? Vi affidate a ditte esterne o è una competenza che gestite con personale interno?
Essendo un’azienda che svolgeva prevalentemente interventi a guasto, fino ad alcuni anni fa non esisteva proprio il concetto di formazione. Ognuno metteva in atto solamente ciò che aveva imparato con la propria esperienza. C’è infatti ancora oggi un certo “protezionismo” rispetto al proprio know-how, come se il fatto di trasmettere la propria conoscenza possa compromettere il valore e l’utilità del singolo operatore. Un concetto assurdo, se si pensa al margine di sviluppo che c’è dal punto di vista manutentivo nel nostro settore, specie considerando quanto il nostro sia un settore “energivoro”. Basti pensare che, mentre nelle altre aziende il consumo energetico viene calcolato mediamente su 8 ore al giorno per 5 giorni settimanali, qua gli stessi calcoli vanno fatti moltiplicando 24 ore per 7 giorni.
Per quanto riguarda la formazione in ambito sicurezza, svolgiamo corsi sia internamente che affidandoci a ditte esterne, specie per quanto riguarda carichi sospesi, mezzi di sollevamento, utilizzo di carrelli elettrici, prodotti per il contenimento fuoriuscita di materiali oleosi.
Ai manutentori poi assegniamo anche degli affiancamenti. Infine quest’anno ci siamo certificati ISO 9001 e 14001 con il TÜV, cosa che ci ha fornito il pretesto per cominciare ad autoimporci una serie di procedure che favoriscano un graduale cambio di mentalità.
Quali sono le maggiori problematiche manutentive per una realtà particolare come la vostra? E quali strategie/politiche avete messo in atto in questi ultimi anni per ottimizzarla?
Una delle principali problematiche è relativa all’elevato rischio di incendi, mentre quello chimico lo è in maniera inferiore ed è quasi esclusivamente legato alle attività di manutenzione (in produzione non ci sono agenti chimici particolarmente pericolosi).
Ovviamente c’è poi tutto il discorso sui Dispositivi di Protezione Individuale, che vengono inseriti addirittura nell’ordine di lavoro. Ogni reparto ha l’utilizzo obbligatorio di alcuni DPI che nel caso dei manutentori comprende un kit di materiale in cotone al 100% ignifugo, rilavato anche dal produttore in osservanza delle disposizioni sullo smaltimento dei reflui.
Vi sono poi i fumi combusti di tutti i gas tecnici che abbiamo in produzione, per cui ci dotiamo sia di maschere usa e getta, sia di maschere con respiratore per alcuni specifici utilizzi.
Oltre a ciò, vanno aggiunti i DPI più comuni: guanti anti-taglio e per agenti chimici, occhiali per la protezione dall’aria compressa (obbligatori in produzione) fino all’utilizzo di tappi o cuffie, necessari visto che in produzione si raggiungono valori di 140 decibel. L’utilizzo è obbligatorio e prevede ben 274 euro di multa in caso di mancata osservanza (superiore alla pena comminata per il divieto di fumare).
Essendo insomma un contesto estremamente usurante, sia dal punto di vista ambientale si per quanto riguarda gli orari lavorativi, la nostra è un’azienda molto giovane.
La bassa età media degli operatori in manutenzione, se in alcuni casi ha portato ad un notevole sforzo aziendale per una rapida crescita professionale, dall’altra ha favorito l’inserimento della tecnologia informatica per l’organizzazione della manutenzione. Oggi tutti gli operatori sono forniti di tablet con cui, collegandosi in rete, possono registrare il tempo degli interventi compresi i ricambi utilizzati, e durante l’operazione possono avere a disposizione schede di sicurezza, procedure operative e documenti tecnici relativi al componente manutentato.
Tramite lo stesso tablet possono visualizzare le loro performance con una pagina da loro richiesta su cui vengono segnalati i KPI selezionati.
Quanto investe l’azienda in ricerca e sviluppo e quanto è importante questo aspetto per garantire una continuità nel tempo della qualità dei prodotti offerti?
In Vetreria di Borgonovo si punta molto sull’innovazione tecnologica, tanto che il 90% delle macchine noi lo realizziamo internamente. A livello di produzione del vetro cavo casalingo siamo praticamente costretti a puntare sull’innovazione sia di prodotto che di produzione, perché è un settore talmente specifico che i fornitori di macchinari di questo tipo sono solo tre al mondo. Per quanto ci riguarda abbiamo
delle produzioni che in Europa non fa nessun altro. Per quanto riguarda stampaggio di bicchieri in tripla goccia siamo gli unici nel continente ad avere una macchina dedicata, Turchia esclusa.
I soli grandi vantaggi che ancora possiamo vantare rispetto a questo paese è nel trattamento di piccoli lotti, prodotti molto particolari e specifici, dove loro non investono perché non avrebbero un ritorno sufficiente, così come sui tipi di consegna e sulla stessa capacità di innovazione tecnologica. Siamo dotati infatti di ben 9 stazioni CAD che disegnano sia gli stampi sia le macchine.
Un tema molto attuale in ambito industriale è quello dell’efficienza energetica. Quanto è sensibile all’argomento un’azienda particolarmente “energivora” come la vostra? Avete implementato specifiche figure come Energy Manager o simili al vostro interno?
Al nostro interno abbiamo una figura chiamata “Energy Manager” che tuttavia è sostanzialmente una figura amministrativa, occupandosi del controllo dei consumi e dei relativi contratti, e non specificamente delle problematiche legate all’efficientamento energetico.
Di questo aspetto, più tecnico, ce ne occupiamo invece in produzione. È una problematica da noi molto sentita: abbiamo già da dieci anni un programma di recupero termico, e siamo stati la prima vetreria ad averlo. Per fare un esempio, d’inverno non accendiamo la caldaia ma utilizziamo i fumi dei forni come riscaldamento. Abbiamo installato due MegaWatt di pannelli solari sui magazzini, e siamo passati a una gestione molto spinta della sala compressori, impostando un programma specifico per mantenere sia l’erogazione minima dell’aria compressa richiesta sia per verificare il rendimento dei compressori. Installando delle sonde all’uscita dei compressori, riusciamo a monitorare il costo dell’aria compressa in modo istantaneo.
Stiamo implementando queste linee in maniera significativa (prima erano interventi fatti senza un particolare criterio, ora solo a seguito di calcoli
specifici di portata/pressione). Nell’ultimo anno abbiamo ridotto in questo modo di quasi 1 bar l’aria ai compressori, e diminuito del 22% in due anni il consumo di energia elettrica in sala compressori. L’obiettivo nel prossimo anno è quello di eliminare l’acqua che viene utilizzata attualmente nelle torri evaporative per raffreddare le acque di processo. Ciò viene fatto con l’ausilio di torri adiabatiche che non si basano sul principio evaporativo perciò non usano acqua di evaporazione, eliminando così alla radice anche il potenziale problema della legionella, come certificato dalla stessa TÜV, che da noi è molto sentito per quanto riguarda la manutenzione delle torri di raffreddamento. Siamo stati i primi a provarle tre anni fa.
L’obiettivo è risparmiare 180 metri cubi giorno di acqua che veniva persa in questo senso. Per quanto riguarda l’illuminazione dei 140mila mq, attualmente siamo al 50% di illuminazione tramite lampade a led e l’azienda si pone l’obiettivo di sostituire il restante 50% nei prossimi due anni.
Per concludere, quanto ritiene sia diffusa la cultura manutentiva in Italia nel vostro settore, e quanto è difficile oggi trovare personale di manutenzione qualificato? Cosa manca e cosa si può fare per migliorare a livello di sistema?
Come detto, c’è un margine enorme, soprattutto nell’ambito delle vetrerie che da questo punto di vista restano ancora molto indietro a partire dall’implementazione di sistemi informativi.
È un problema diffuso anche nelle grandi vetrerie e non solo in quelle di minori dimensioni come la nostra. Ed è paradossale che in un ambito nel quale ogni fermo macchina comporta 2500 euro di perdite all’ora si faccia così fatica ad implementare buone pratiche di manutenzione, anche minime. Anzi, proprio per la loro specificità le vetrerie dovrebbero essere all’avanguardia da questo punto di vista. È insomma un limite culturale che può essere superato anche utilizzando la spinta di obblighi normativi e richieste di certificazione.
Alessandro Ariu