Il concetto di manutenzione ha subito nel tempo un’evoluzione culturale: sostanzialmente si è passati dall’intendere la manutenzione quale insieme di attività necessarie a “correggere” e a “mantenere le condizioni di funzionamento di un bene” ad insieme di attività “strategiche per il business” e “necessarie per la sostenibilità” della realtà considerata.
Gli obiettivi della manutenzione non sono più solo il miglioramento continuo dell’affidabilità, della munutenibilità, dell’efficienza del “sistema”, della stabilità dei processi (assicurazione qualità), o la conservazione del patrimonio impiantistico piuttosto che l’ottimizzazione dei costi degli interventi stessi, bensì anche il concorso al miglioramento degli aspetti ambientali e della salute e sicurezza, in linea con quanto richiesto oggi dagli obiettivi per lo sviluppo sostenibile (SDGs) dell’Agenda 2030. In particolare, analizzando i target di ciascuno dei 17 obiettivi per la sostenibilità, ci si rende conto del fatto che il ruolo rivestito dalla manutenzione, effettivamente o potenzialmente, non soltanto è fondamentale, ma anche strategico, soprattutto se la si pensa correlata non solo ad impianti produttivi o estrattivi (si consideri ad esempio l’SDG 12, volto a garantire modelli sostenibili di produzione e consumo, oppure l’SDG 8, teso ad incentivare una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile, un’occupazione piena e produttiva ed un lavoro dignitoso per tutti, o ancora l’SDG 13, volto ad adottare misure urgenti per combattere il cambiamento climatico e le sue conseguenze o l’SDG 14 il cui scopo è la conservazione e l’utilizzo in modo durevole di oceani, mari e risorse marine) ma anche ad impianti civili e di servizi (si pensi all’SDG 6, volto a garantire a tutti la disponibilità e la gestione sostenibile dell’acqua e delle strutture igienico-sanitarie, oppure all’SDG 7, finalizzato ad assicurare a tutti l’accesso a sistemi di energia economici, affidabili, sostenibili e moderni), alle infrastrutture, ai patrimoni immobiliari e così anche ai beni culturali (si consideri l’SDG 9, volto a costruire una infrastruttura resiliente e a promuovere l’innovazione ed una industrializzazione equa, responsabile e sostenibile, o l’SDG 11, teso a rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, duraturi e sostenibili, oppure ancora l’SDG 15, finalizzato a proteggere, ripristinare e favorire un uso sostenibile dell’ecosistema terrestre, gestire sostenibilmente le foreste, contrastare la desertificazione, arrestare e far retrocedere il degrado del terreno, e fermare la perdita di diversità biologica).
Di fatto, la sostenibilità in ambito manutentivo si concretizza quando i beni, intesi nella loro più ampia accezione, sono gestiti secondo una logica di lungo periodo, che considera l’intero ciclo di vita in una prospettiva di gestione ottimale di tutte le tipologie di rischi, così da garantire la massimizzazione dell’efficacia ed efficienza in termini di disponibilità, affidabilità e, naturalmente, manutenibilità, ma anche di sicurezza, protezione ambientale e tutela sociale.
È tristemente noto come questo approccio, in passato, non fosse adottato: incidenti quale quello occorso a Bhopal (India, 1984 - un’insufficiente/erronea attività di manutenzione in un impianto per la produzione di pesticidi, provocò il rilascio di gas tossici e uccise nell’immediato più di 3.000 persone; si parla di almeno 20.000 morti e 120.000 persone che conservano tuttora malattie derivate; gravissime naturalmente le conseguenze per gli ecosistemi ambientali) o quello che capitò a Chernobyl (Russia, 1986 - il giorno dell’esplosione era programmato un fermo impianto per normali operazioni di manutenzione, nell’ambito del quale si approfittò per eseguire un test di sicurezza impianto; vennero reinsediate in altre zone circa 336.000 persone e ancora oggi Ucraina, Biellorussia e Russia sono gravate dagli ingenti costi sociali – legati all’incidenza di tumori e malformazioni - e di decontaminazione ambientale) sono forse tra le maggiori espressioni delle mancanze riconducibili alla vecchia concezione della manutenzione. È tuttavia bene ogni tanto richiamare alla memoria questi incidenti in quanto ancora oggi, purtroppo, sono svariati i casi che rendono evidenza delle criticità legate ad insufficienti o erronee attività manutentive: l’esplosione al largo del Golfo del Messico nel 2010 della piattaforma petrolifera BP causato dal falli mento del BOP (Blow Out Preventer), il disastro nucleare di Fukushima nel 2011, scatenato si da uno tzunami ma correlato a gravi inadempienze in ambito manutentivo, o il disatro ambientale verificatosi in Perù nel 2016 causato dalle perdite di petrolio dall’oleodotto North Peruvian nella foresta amazzonica, la cui manutenzione è stato assodato fosse assolutamente non sufficiente per scongiurare indicenti quali quello occorso, o ancora quanto sarebbe potuto accadere in California, presso la diga di Oroville a causa di crepa nello sfioratore provocata dalla corrosione e sempre collegata all’insufficiente manutenzione dei manufatti (200.000 evacuati), danno evidenza del fatto che è ancora indispensabile non solo non abbassare il livello di attenzione ma adottare tutti gli strumenti che oggi sono a disposizione per gestire al meglio il sistema di gestione della manutezione (evidenza che, per altro, il nostro Paese, particolarmente esposto a rischi di tipo idrogeologico e sismico, ben dovrebbe prendere in carico).
La manutenzione può quindi costituire una garanzia per un funzionamento efficiente di beni e impianti (compresi quelli specificatamente rivolti alla “difesa ambientale”) con conseguente azione di miglioramento nella prevenzione di incidenti e quindi di situazioni di danno/disastro ambientale con inevitabili conseguenze anche dal punto di vista sociale. Tuttavia, se la manutenzione è indispensabile per gestire al meglio gli aspetti ambientali e della salute e sicurezza, dall’altro rappresenta essa stessa un’attività che, come abbiamo visto, può generare tali aspetti. Prorpio per questo motivo è importante che la manutenzione adotti oggi nuovi strumenti di gestione e modelli organizzativi, implementando adeguate politiche manutentive, stabilite anche in relazione all’interazione con la componente ambientale, in grado di concretizzarsi in piani e programmi derivanti dal coordinando della funzione responsabile della manutenzione con le altre funzioni aziendali (ambiente, sicurezza, qualità, …) e ricomprendenti idonee misure di prevenzione e riduzione degli impatti ambientali e di preparazione ad eventuali emergenze ambientali. Le attività correlate alle suddette misure dovrebbero essere condotte seguendo specifiche procedure ed istruzioni, afferenti al sistema di gestione della manutenzione, come sinergicamente integrato con gli altri sistemi di gestione (ambientale e per la salute e sicurezza in primis), dando particolare rilievo alla raccolta ed elaborazione dei dati per poter eseguire un monitoraggio continuo e costante finalizzato a reindirizzare “in tempo reale” la manutenzione in un’ottica di continuo miglioramento orientato verso la produttività, il risparmio energetico, la qualità, la sicurezza e la protezione dell’ambiente; in altre parole, in un’ottica orientata allo sviluppo di una “manutenzione sostenibile”.
Naturalmente, affinchè la manutenzione sia veramente sostenibile sarà fondamentale la diffusione dei suoi principi e valori a tutti coloro che rivestono un ruolo, non solo all’interno delle unità tecniche di manutenzione aziendali, ma anche a coloro che intervengono nella progettazione, costruzione, conduzione e dismissione della realtà considerata (asset, infrastruttura, edificio che sia), in una prospettiva legata al ciclo di vita, oramai imprescindibile.
Eleonora Perotto, Capo Servizio Sostenibilità di Ateneo, Mobility Manager, Politecnico di Milano