Manutenzione e sostenibilità, un connubio strategico

La sostenibilità in ambito manutentivo si concretizza quando i beni, intesi nella loro più ampia accezione, sono gestiti secondo una logica di lungo periodo

  • Novembre 16, 2017
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    Manutenzione e sostenibilità, un connubio strategico

Il concetto di manutenzione ha subito nel tempo un’evoluzione culturale: sostanzial­mente si è passati dall’intendere la manuten­zione quale insieme di attività necessarie a “correggere” e a “mantenere le condizioni di funzionamento di un bene” ad insieme di attività “strategiche per il business” e “ne­cessarie per la sostenibilità” della realtà con­siderata.

Gli obiettivi della manutenzione non sono più solo il miglioramento continuo dell’affidabilità, della munutenibilità, dell’efficienza del “sistema”, del­la stabilità dei processi (assicurazione qualità), o la conservazione del patrimonio impiantistico piuttosto che l’ottimizzazione dei costi degli in­terventi stessi, bensì anche il concorso al mi­glioramento degli aspetti ambientali e della salute e sicurezza, in linea con quanto richie­sto oggi dagli obiettivi per lo sviluppo soste­nibile (SDGs) dell’Agenda 2030. In particolare, analizzando i target di ciascuno dei 17 obiettivi per la sostenibilità, ci si rende conto del fatto che il ruolo rivestito dalla manutenzione, effettiva­mente o potenzialmente, non soltanto è fonda­mentale, ma anche strategico, soprattutto se la si pensa correlata non solo ad impianti produttivi o estrattivi (si consideri ad esempio l’SDG 12, volto a garantire modelli sostenibili di produzione e consumo, oppure l’SDG 8, teso ad incentivare una crescita economica duratura, inclusiva e so­stenibile, un’occupazione piena e produttiva ed un lavoro dignitoso per tutti, o ancora l’SDG 13, volto ad adottare misure urgenti per combattere il cambiamento climatico e le sue conseguenze o l’SDG 14 il cui scopo è la conservazione e l’u­tilizzo in modo durevole di oceani, mari e risorse marine) ma anche ad impianti civili e di servizi (si pensi all’SDG 6, volto a garantire a tutti la dispo­nibilità e la gestione sostenibile dell’acqua e delle strutture igienico-sanitarie, oppure all’SDG 7, fi­nalizzato ad assicurare a tutti l’accesso a sistemi di energia economici, affidabili, sostenibili e mo­derni), alle infrastrutture, ai patrimoni immobiliari e così anche ai beni culturali (si consideri l’SDG 9, volto a costruire una infrastruttura resiliente e a promuovere l’innovazione ed una industrializ­zazione equa, responsabile e sostenibile, o l’SDG 11, teso a rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, duraturi e sostenibili, oppure an­cora l’SDG 15, finalizzato a proteggere, ripristi­nare e favorire un uso sostenibile dell’ecosiste­ma terrestre, gestire sostenibilmente le foreste, contrastare la desertificazione, arrestare e far retrocedere il degrado del terreno, e fermare la perdita di diversità biologica).

Di fatto, la sostenibilità in ambito manutentivo si concretizza quando i beni, intesi nella loro più ampia accezione, sono gestiti secondo una lo­gica di lungo periodo, che considera l’intero ciclo di vita in una prospettiva di gestione ottimale di tutte le tipologie di rischi, così da garantire la massimizzazione dell’efficacia ed ef­ficienza in termini di disponibilità, affidabilità e, naturalmente, manutenibilità, ma anche di sicu­rezza, protezione ambientale e tutela sociale.

È tristemente noto come questo approccio, in passato, non fosse adottato: incidenti quale quello occorso a Bhopal (India, 1984 - un’insuffi­ciente/erronea attività di manutenzione in un im­pianto per la produzione di pesticidi, provocò il ri­lascio di gas tossici e uccise nell’immediato più di 3.000 persone; si parla di almeno 20.000 morti e 120.000 persone che conservano tuttora ma­lattie derivate; gravissime naturalmente le con­seguenze per gli ecosistemi ambientali) o quello che capitò a Chernobyl (Russia, 1986 - il giorno dell’esplosione era programmato un fermo im­pianto per normali operazioni di manutenzione, nell’ambito del quale si approfittò per eseguire un test di sicurezza impianto; vennero reinsediate in altre zone circa 336.000 persone e ancora oggi Ucraina, Biellorussia e Russia sono gravate dagli ingenti costi sociali – legati all’incidenza di tumo­ri e malformazioni - e di decontaminazione am­bientale) sono forse tra le maggiori espressioni delle mancanze riconducibili alla vecchia conce­zione della manutenzione. È tuttavia bene ogni tanto richiamare alla memoria questi incidenti in quanto ancora oggi, purtroppo, sono svariati i casi che rendono evidenza delle criticità legate ad insufficienti o erronee attività manutentive: l’e­splosione al largo del Golfo del Messico nel 2010 della piattaforma petrolifera BP causato dal falli mento del BOP (Blow Out Preventer), il disastro nucleare di Fukushima nel 2011, scatenato si da uno tzunami ma correlato a gravi inadempien­ze in ambito manutentivo, o il disatro ambientale verificatosi in Perù nel 2016 causato dalle perdi­te di petrolio dall’oleodotto North Peruvian nella foresta amazzonica, la cui manutenzione è stato assodato fosse assolutamente non sufficiente per scongiurare indicenti quali quello occorso, o ancora quanto sarebbe potuto accadere in Cali­fornia, presso la diga di Oroville a causa di cre­pa nello sfioratore provocata dalla corrosione e sempre collegata all’insufficiente manutenzione dei manufatti (200.000 evacuati), danno eviden­za del fatto che è ancora indispensabile non solo non abbassare il livello di attenzione ma adottare tutti gli strumenti che oggi sono a disposizione per gestire al meglio il sistema di gestione della manutezione (evidenza che, per altro, il nostro Paese, particolarmente esposto a rischi di tipo idrogeologico e sismico, ben dovrebbe prendere in carico).

La manutenzione può quindi costituire una garanzia per un funzionamento efficiente di beni e impianti (compresi quelli specificatamente ri­volti alla “difesa ambientale”) con conseguente azione di miglioramento nella prevenzione di incidenti e quindi di situazioni di danno/disastro ambientale con inevitabili conseguenze anche dal punto di vista sociale. Tuttavia, se la manu­tenzione è indispensabile per gestire al meglio gli aspetti ambientali e della salute e sicurezza, dall’altro rappresenta essa stessa un’attività che, come abbiamo visto, può generare tali aspetti. Prorpio per questo motivo è importante che la manutenzione adotti oggi nuovi strumenti di gestione e modelli organizzativi, implemen­tando adeguate politiche manutentive, stabilite anche in relazione all’interazione con la com­ponente ambientale, in grado di concretizzarsi in piani e programmi derivanti dal coordinando della funzione responsabile della manutenzione con le altre funzioni aziendali (ambiente, sicurez­za, qualità, …) e ricomprendenti idonee misure di prevenzione e riduzione degli impatti ambientali e di preparazione ad eventuali emergenze am­bientali. Le attività correlate alle suddette misure dovrebbero essere condotte seguendo specifi­che procedure ed istruzioni, afferenti al sistema di gestione della manutenzione, come sinergica­mente integrato con gli altri sistemi di gestione (ambientale e per la salute e sicurezza in primis), dando particolare rilievo alla raccolta ed elabora­zione dei dati per poter eseguire un monitoraggio continuo e costante finalizzato a reindirizzare “in tempo reale” la manutenzione in un’ottica di con­tinuo miglioramento orientato verso la produttivi­tà, il risparmio energetico, la qualità, la sicurezza e la protezione dell’ambiente; in altre parole, in un’ottica orientata allo sviluppo di una “ma­nutenzione sostenibile”.

Naturalmente, affinchè la manutenzione sia ve­ramente sostenibile sarà fondamentale la diffu­sione dei suoi principi e valori a tutti coloro che rivestono un ruolo, non solo all’interno delle uni­tà tecniche di manutenzione aziendali, ma anche a coloro che intervengono nella progettazione, costruzione, conduzione e dismissione della realtà considerata (asset, infrastruttura, edificio che sia), in una prospettiva legata al ciclo di vita, oramai imprescindibile.

Eleonora Perotto, Capo Servizio Sostenibilità di Ateneo, Mobility Manager, Politecnico di Milano