Scrivo questo articolo in piena bagarre di auguri e di ottimismo sparso a piene mani, non si capisce con quanta dose di ipocrisia.
Ma se penso allo stato della manutenzione nei trasporti continuano a cascarmi le braccia, nonostante i piccoli passi fatti nel settore ferroviario, dove però al momento prevalgono più gli aspetti procedurali e burocratici che ci vengono imposti dall'Europa che un vero cambiamento.
Ma nessun cambiamento è possibile se non si hanno chiare le cause del disastro.
Ed allora, perché siamo arrivati a questo punto? Al di la dei soliti luoghi comuni (la manutenzione è la cenerentola del sistema, non serve, si taglia la manutenzione per prima cosa eccetera) ci sono forse spiegazioni più "scientifiche" del perché in Italia siamo messi così male, sia nel settore su gomma che nel settore su ferro.
Intanto risaliamo ai primi anni novanta, quando in Europa si creano od affermano nel trasporto grosse realtà, sia a livello generale (costruttori come Alstom, Bombardier, Siemens con tutta la catena di attività conseguente, compresa la gestione della manutenzione) sia a livello di gestione del trasporto (esercizio e manutenzione). In particolare questo ultimo aspetto ha visto l'imporsi di grandi gruppi internazionali (ARRRIVA, TRANDEV, RATP eccetera) che hanno impostato la loro azione sulla ottimizzazione del settore, compresa quindi la manutenzione, in una ottica di concorrenza e di mercato che ha generalmente prodotto effetti positivi per il sistema.
Al contrario in Italia abbiamo assistito, soprattutto per ragioni politiche, alla parcellizzazione del settore trasporto, sia dal lato costruttori di veicoli sia dal lato gestione del trasporto, con l'obiettivo di mantenere poltrone e poltroncine e piccole aree di potere.
In questo sistema sono stati coinvolti tutti ed i risultati sono purtroppo tutti o quasi negativi.
Inoltre scarsa fortuna (tranne in pochi e limitati casi) hanno avuto i timidi tentativi dei grandi gruppi europei di entrare nella gestione del sistema (clamoroso è il fallimento dell'operazione TRANDEV a Genova).
Cosa possiamo quindi immaginare per il futuro, stante anche la difficoltà economica del nostro paese e del settore trasporti in particolare?
Non parliamo di fantamanutenzione, ma lo scenario ipotizzabile per la manutenzione nei trasporti potrebbe essere il seguente:
- Affermazione sempre più generalizzata delle richieste di full service (con la consapevolezza che anche se il sistema manutentivo resta all'interno di una azienda deve essere regolato da un regolare contratto con l'esercizio).
- Richiesta di sempre più maggiore specializzazione da parte del sistema manutentivo da validare operativamente e non solo sulla carta (certificazione delle officine e certificazione del personale secondo gli standard europei)
- Di conseguenza aumento dei costi della manutenzione e necessità improrogabile di rivedere l'organizzazione del sistema (a partire dalla progettazione dei veicoli) in modo da ottimizzare i costi stessi in una ottica di ciclo di vita del prodotto.
Per rispondere a queste esigenze si sta delineando in Italia una nuova impostazione, fermo restando che per i grandi gruppi di gestione sopra ricordati non ci sono ancora le condizioni per interventi sostanziosi.
Questa impostazione è legata da un lato ai costruttori rimasti in Italia sia di emanazione estera (Alstom, Bombardier ) che nazionale ( Ansaldobreda), dall'altro all'unica grande impresa ferroviaria, e cioè Trenitalia.
Questi soggetti, che dispongono delle risorse economiche necessarie, per varie ragioni stanno costituendo divisioni "service" e si propongono come gestori del sistema manutentivo, sulla scia delle direttive che l'Europa ha dato con la creazione del "gestore della manutenzione" (ECM), sia nel campo ferroviario che nel campo viario.
Gli operatori del sistema, le officine, dovranno quindi rapportarsi con queste nuove entità attraverso opportuni contratti, ma prima di tutto dovranno adeguarsi ad esigenze (la certificazione) che non erano richieste e fare fronte alla concorrenza che verrà dall'estero. È facile prevedere che il parco officine subirà un drastico ridimensionamento e che sopravviveranno quelle che avranno la possibilità di adeguarsi alle mutate condizioni.
Il 2014 sarà veramente l'anno della svolta?
Bruno Sasso