Premesso che i temi di questo numero della rivista sono “L’organizzazione e i processi di manutenzione” si può facilmente intuire che non esistano un’organizzazione e dei processi di manutenzione ideali e universalmente applicabili a tutte le realtà, basti pensare alle diverse complessità manutentive di una raffineria di petrolio rispetto ad una casa domestica o un ospedale.
Quindi, consapevoli che tali argomenti siano da adattare alle caratteristiche produttive e costruttive di ciascuna azienda, edificio, macchinario ecc., esiste comunque un dilemma comune a tutti: qual è il corretto BUDGET da prevedere annualmente a supporto di tale organizzazione o coerente con i processi di manutenzione?
La risposta può sembrare facile ma ritengo che sia la domanda delle domande e che sia molto difficile dare una risposta univoca in grado di soddisfare realtà aziendali complesse con migliaia di beni, dislocate in varie parti del mondo.
La domanda vale comunque sia per aziende con un livello di manutenzione primordiale sia per aziende in manutenzione 4.0, certamente con logiche più o meno evolute.
Trovare una ricetta è molto difficile in quanto abbiamo innumerevoli variabili in gioco e soprattutto già dobbiamo considerare le spese di manutenzione e gli investimenti che influiscono sulle prime.
Logicamente, se si procede ad una seria campagna di rinnovo dei macchinari, le spese della manutenzione possono essere influenzate, in particolare ci si aspetterà meno eventi di guasto nell’immediato e costi di ricambistica minori nel breve, data la disponibilità a catalogo.
Spesso la volontà di cambiare l’organizzazione nasce dall’esigenza di razionalizzare e ridurre le spese, piuttosto che puntare all’efficienza e alla disponibilità del macchinario.
Quindi alla base del ragionamento dei decisori del cambiamento è il costo, noto nel bilancio precedente il riferimento, piuttosto che altri parametri.
Ma ogni organizzazione, anche la più performante, cosa può fare se poi il budget non è sufficiente o adeguato a coprire i corretti costi?
Come ha scritto il prof. Macchi in un precedente numero della rivista, una volta lo stesso utilizzatore del macchinario faceva anche la manutenzione in quanto gli strumenti erano semplici, e non si poneva di fatto il problema del budget, se non per semplici pezzi di ricambio che lo stesso utilizzatore teneva a magazzino.
Ora invece che i macchinari sono sempre più complessi è necessario avere personale esperto e dedicato e spesso è impossibile per un’azienda averlo al suo interno, pertanto si ricorre a ditte specializzate esterne, per cui c’è la necessità di un contratto congruo.
Budget e Asset fisici da manutenere
Il problema del budget si è via via reso sempre più problematico quando le aziende hanno avuto un approccio economico finanziario sempre più spinto. Esse hanno poi dovuto – o deciso di – terziarizzare i servizi di manutenzione con contratti di vario tipo.
Purtroppo, il decisore finale è spesso un ufficio acquisti che non ha competenze tecniche e obiettivi diversi, se non minimizzare gli importi dei contratti, e quindi si spinge il prezzo alle volte sotto ai costi reali del servizio appaltato.
Purtroppo anche le ditte che offrono i servizi di manutenzione si prestano alla gara al ribasso pur di ottenere un appalto, speranzose di rifarsi poi con qualche ordine aggiuntivo o meglio omettendo qualche manutenzione o risparmiando sui pezzi di ricambio, dando poi un cattivo servizio che danneggia l’immagine e la reputazione della manutenzione all’interno dell’azienda, abbassando la considerazione dei decisori che poi dimenticano di aver avallato una spesa sotto costo.
Contrariamente a un acquisto di un bene materiale (vale a dire l’Asset fisico da manutenere), per il quale la trattativa economica difficilmente può cambiarne la natura e la qualità dello stesso (in quanto basta avere un campione di riferimento), un contratto di manutenzione è un “acquisto” di future attività, che certamente saranno condizionate dal prezzo e dalle condizioni pattuite, in quanto il fornitore deve comunque trovare un suo utile d’impresa per logica di sopravvivenza.
Il Top Management è certamente il primo che dovrebbe preoccuparsi di spendere il giusto e non sempre meno, se non giustificato dalla virtuosa logica dell’efficienza.
Purtroppo è complice il fatto che la voce della manutenzione ricade tra le spese nei bilanci, e quindi fa pensare che tale voce sia comprimibile sempre e comunque, specialmente se le aziende sono in crisi o con problemi di competitività.
Si dovrebbe invece avere la consapevolezza culturale che i bisogni di manutenzione sono imprescindibili e necessari per tutti i beni, ma soprattutto che questi siano intrinseci al bene stesso già al momento dell’acquisto innanzitutto per rispettare le leggi, per rispettare gli adempimenti previsti nel libretto di manutenzione e garantire quindi la vita utile.
Un approccio evoluto già in fase d’acquisto farebbe comunque contenere i budget di manutenzione ma difficilmente si acquista in termini di TOTAL COST OF OWNERSHIP, cioè in base a tutti i costi intrinseci lungo la vita, e ci si basa solo sul prezzo d’acquisto iniziale, mentre solitamente un bene che costa di più in fase d’acquisto ha poi minori costi di gestione, maggiore affidabilità, possibilità di reperire pezzi di ricambio nel tempo, e centri d’assistenza che possano ridurre i tempi per la manutenzione curativa e quindi è più conveniente in termini di consumi energetici.
Questo può essere realizzato solo se si sa valutare il suo costo totale di possesso (TOTAL COST OF OWNERSHIP) nel ciclo di vita.
Considerando poi l’intero portfolio di beni gestiti dall’azienda, il budget dipende anche da tantissimi altri fattori, quali edifici e impianti datati, macchinari di varie epoche, costosi, difficilmente interfacciabili e sostituibili, ma soprattutto dalle aspettative dell’azienda in termini di affidabilità degli impianti, fermi macchina tollerati o meno.
Budget e organizzazione processi
Il budget poi dipende dall’organizzazione e dai processi di manutenzione. Deve essere il top management a dare la sua aspettativa e l’indirizzo strategico, ma purtroppo si valuta positivamente di più una manutenzione correttiva d’urgenza su un guasto se svolta in tempi rapidi in modo da far riprendere la produzione, al di là dei costi, che la manutenzione preventiva, silente e vittima della poca visibilità: è quella che definisco essere la “sindrome del pompiere” cioè il fatto che il pompiere venga considerato eroico quando interviene a spegnere un incendio con distruzione del bene, mentre lo stesso diventa un disprezzato burocrate se ha dato pesanti prescrizioni e ha fatto spendere dei soldi, azioni atte ad evitare l’insorgenza dell’incendio e quindi scongiurato la distruzione del patrimonio.
Solo a seguito di grossi disagi che hanno magari bloccato la produzione per settimane a causa della rottura di un pezzo critico (ricordo un episodio raccontato nell’ultimo MaintenanceStories, fatto pur segnalato come problematico dal referente di manutenzione) si è cambiato idea e si è compreso il valore della manutenzione, in quanto il blocco è costato all’azienda in modo salato e quindi il costo della manutenzione preventiva diventa al confronto accettabile: soldi persi contro soldi spesi in prevenzione.
Anche qualche episodio di cronaca nazionale fa risvegliare gli animi e fa tornare di moda la manutenzione preventiva nei dibattiti televisivi, ma spesso dura poco e a breve si torna alla consuetudine della manutenzione correttiva, dopo il guasto, confidando nella buona sorte per limitare i danni.
I dirigenti aziendali sono i primi che dovrebbero apprezzare una seria politica manutentiva di tipo preventivo perché hanno grandi responsabilità civili e penali assegnategli dalla legge: in caso di infortunio viene sempre richiesto il piano manutentivo della macchina o dell’impianto, le eventuali manutenzioni correttive e il rispetto del libretto di uso e manutenzione e soprattutto i decisori del budget.
Il vero salto di mentalità sarebbe considerare la manutenzione preventiva un VALORE e non una spesa. Infatti una seria politica manutentiva con un coerente budget mantiene alto il valore patrimoniale dell’azienda e la sua capacità produttiva ma soprattutto riduce i guasti che alle volte possono avere esiti nefasti.
Passaggio da spesa a valore
Il ruolo della manutenzione consiste nel preservare il patrimonio aziendale, garantire il rispetto delle normative, rendere gli ambienti sicuri e confortevoli sia per i clienti che per i dipendenti e assicurare la massima capacità produttiva degli impianti con il minor costo manutentivo ed energetico.
Quindi, se per scarsità di budget non si è in grado di garantire la manutenzione minima, si rischia un deperimento del valore patrimoniale, la fruibilità degli ambienti oppure problemi di interruzione della produzione, ma soprattutto non si è coerenti con la missione affidata all’organizzazione e ai processi di manutenzione.
Il referente di manutenzione aziendale, per sua missione, deve sempre e comunque continuare a segnalare l’esistenza di problematiche tecniche avvisando il management di ogni possibile rischio al di là del BUDGET. Questo va visto soprattutto anche in termini di responsabilità civili e penali, quindi ci devono essere dei limiti oltre ai quali non ci si può spingere.
Per definire il budget corretto è necessaria la collaborazione tra chi pianifica il budget e i referenti della manutenzione in quanto non può essere la sola logica finanziaria a stabilire il budget, ma si deve procedere con un approccio scientifico-ingegneristico dove sono i beni a essere protagonisti.
L’approccio migliore è comprendere che sono i cespiti a richiedere il budget, cioè a “chiamare i costi” della loro manutenzione in base alla manutenzione obbligatoria di legge, ai costi di ricambistica legati alla manutenzione preventiva e ai costi residui per possibili guasti.
Fatto questo per tutti i vari cespiti si dovrebbe arrivare al corretto budget annuale di riferimento per l’azienda. Ipotizzando una formula a fini didattici per le sole spese, in assenza di investimenti, dovrebbe essere di questo tipo:
BUDGET ANNUO = Σ CESPITI * (Σ costi Man. di Legge + Σ costi Man. Preventiva + Σ eventuali costi Guasti prevedibili).
A questo si dovrebbe poi associare il budget degli investimenti per i macchinari fuori vita utile o troppo onerosi in termini gestionali, ma questo è un altro argomento da approfondire in un’altra occasione.
In generale, quando si punta sull’integrazione di due prospettive, quella del budget degli investimenti (alias CAPEX) e quella delle spese operative (alias OPEX) si crea un punto di raccordo verso una gestione guidata dal costo totale di possesso dei beni, quindi dal loro ciclo di vita (Asset Management).
Riccardo De Biasi
Consigliere e Coordinatore Sezioni Regionali, A.I.MAN.