Monitoraggio e diagnostica industriale

La strategia per conoscere lo stato di salute delle macchine

  • Settembre 7, 2017
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  • Figura 1 - La curva P-F
    Figura 1 - La curva P-F
  • Figura 2 - Il flusso dei dati dalla macchina al software di monitoraggio
    Figura 2 - Il flusso dei dati dalla macchina al software di monitoraggio
  • Figura 3 - L’orbita, rilevata attraverso due Proximity probes a 90º tra loro
    Figura 3 - L’orbita, rilevata attraverso due Proximity probes a 90º tra loro
  • Figura 4 - Trend del livello vibrazionale misurato sul corpo cuscino dell’Alternatore, lato giunto
    Figura 4 - Trend del livello vibrazionale misurato sul corpo cuscino dell’Alternatore, lato giunto
  • Figura 5 - Orbite misurate sul cuscino della turbina, lato alternatore
    Figura 5 - Orbite misurate sul cuscino della turbina, lato alternatore

Il monitoraggio della condizione dei sistemi meccanici si propone l’obiettivo di conoscere lo stato di salute degli stessi tramite l’analisi di determinati parametri, ed è una prassi an­tica quanto le stesse macchine. Nelle prime applicazioni il monitoraggio si basava sulle in­dicazioni fornite dai sensi degli operatori (udito, tatto, osservazioni visive, olfatto).

A seguito dei numerosi incidenti legati all’uso delle caldaie per la produzione di vapore, l’A­SME (American Society of Mechanical Engi­neers) realizzò ricerche fondamentali per in­trodurre la misura di pressione e temperatura come parametri di monitoraggio delle caldaie, con l’obiettivo appunto di ridurre il numero di indicenti legati ai malfunizionamenti delle stesse.

L’uso sistematico dei trasduttori diventa da allo­ra via via più importante e diffuso, tuttavia il mo­nitoraggio della condizione diventa una tecnica fondamentale per la manutenzione moderna solo negli anni 70 del secolo scorso, con l’in­troduzione, nel settore aeronautico, della RCM (Reliability Centered Maintenance) e pertanto della manutenzione predittiva. Nel settore indu­striale invece la manutenzione predittiva com­pare all’inizio degli anni 90 grazie al lavoro di John Moubray (“RCM II”) che appunto applica con successo al settore industriale le strategie precedentemente definite dall’RCM.

La curva P-F

La teoria fondamentale che giustifica il moni­toraggio della condizione è ben rappresentata dalla cosiddetta curva P-F (Figura 1). Questa curva mostra l’evoluzione nel tempo di ogni specifico modo di guasto di una macchina, ed è definita dal punto P (guasto potenziale, ovvero il momento in cui il guasto produce alterazioni della condizione meccanica rilevabili attraverso il monitoraggio di determinati parametri mec­e dal punto F (guasto funzionale, che accade quando la macchina non è più capace di svolgere la sua funzione a causa del guasto stesso).

L’intervallo di tempo tra i punti P ed F dipende dal modo di guasto, e può oscillare dai pochi secondi/minuti a settimane o mesi. Se per i modi di guasto ad evoluzione molto rapida l’u­nica strategia appropriata è quella di utilizzare il blocco automatico della macchina, col fine di evitare danni catastrofici, per tutti gli altri modi di guasto (che vanno da intervalli di pochi giorni fino a settimane o mesi) è assolutamente consi­gliabile applicare strategie di monitoraggio.

Monitoraggio e diagnostica

Una volta determinata l’esistenza di un guasto ad uno stadio iniziale, entra in gioco un’attività di fondamentale importanza: la diagnostica in­dustriale. Questa disciplina ha l’obiettivo di loca­lizzare e identificare i componenti meccanici nei quali il guasto stesso si sta producendo, e deter­minare lo stadio di avanzamento del guasto.

Monitoraggio e diagnostica quindi sono due at­tività diverse ma profondamente legate, e de­vono essere coordinate in modo efficiente per massimizzare i benefici della manutenzione predittiva.

Come indicato nel diagramma P-F di Figura 1, per la maggior parte dei modi di guasto sono diversi i rilievi che permettono di identificare la presenza del guasto stesso: vibrazioni, ul­trasuoni, analisi termografiche, analisi degli olii lufrificanti, etc. Questi rilievi devono essere integrati ed utilizzati in modo coerente per ot­timizzare il monitoraggio. Tuttavia per le turbo­macchine (turbine a gas heavy duty, turbine a vapore, compressori centrifughi e assiali mul­tistadio pompe multistadio, etc.) e per le macchine elettriche di grossa potenza, le vibrazioni costituiscono un rilievo insosituibile, tanto per il monitoraggio quanto per la diagnostica.

Queste macchine sono generalmente caratterizzate dall’avere rotori fles­sibili, ovvero, le cui velocità di rotazione sono superiori almeno al primo modo dell’albero (i modi flessionali di un elemento rotante sono legati alle sue frequenze naturali, e la vicinanza tra la frequenza di rotazione e dette frequenze naturali influisce in modo significativo sul comporta­mento dinamico dell’elemento rotante stesso). Le macchine menzionate sono inoltre provviste di cuscinetti ad olio, i quali pemettono il movimento relativo dell’albero rispetto alle parti fisse. Da ciò deriva la necessità di disporre del rilievo della vibrazione dell’albero rispetto ai cuscini, pertan­to è fondamentale l’utilizzo di sonde di prossimità (“Proximity probes”). (Questi rilievi devono essere ovviamente affiancati ai rilievi di vibrazione del corpo dei cuscini, realizzati mediante accelerometri).

Già negli anni 70-80 del secolo scorso Donald Bently aveva dimostrato che l’analisi delle vibrazioni relative albero-cuscini è cruciale per realiz­zare la diagnostica delle grandi turbomacchine. Coadiuvato da una squa­dra di brillanti ricercatori dell’ambito della dinamica dei rotori, introdusse nel mondo industriale un potente metodo di analisi delle turbomabcchi­ne, definendo tutta una serie di procedure e grafiche fondamentali per estrarre informazioni sullo stato meccanico di dette macchine, prodotte a partire dai segnali dinamici delle sonde di prossimità.

Lo schema di Figura 2 mostra in che modo i rilievi delle vibrazioni vengo­no utilizzati per estrarre informazioni sullo stato meccanico delle macchi­ne. Il segnale analogico proveniente dai sensori viene digitalizzato dalle schede dinamiche del sistema Hardware di protezione e monitoraggio, e posteriormente viene immagazzinato nel database del software di mo­nitoraggio. Un esempio di software progettato in modo specifico per il monitoraggio è il System1™ di Bently Nevada. Questo software riceve dati dinamici (= vibrazione) e statici ( = dati di processo) in continuo, e per­mette, tra l’altro, di stabilire allarmi utili a segnalare in modo automatico qualsiasi deviazione dei parametri monitorati rispetto ai valori normali. System1™ inoltre permette la rappresentazione dei dati di vibrazione se­condo i grafici più utili per trarre informazioni circa lo stato meccanico delle macchine, secondo quanto menzionato circa il metodo di diagnosti­ca delle turbomacchine.

Uno dei risultati fondamentali del lavoro di Donald Bently fu quello di introdurre lo studio delle orbite come strumento di analisi del com­portamento dinamico delle macchine. L’orbita rappresenta il movimento dinamico (= la vibra­zione) dell’albero rispetto al cuscino, ovvero è il movimento dinamico dell’albero visto in se­zione assiale (normalmente viene misurata in prossimità dei cuscini). L’orbita viene prodotta dal software combinando i segnali dinamici di due sonde di prossimità montate a 90º fra loro (Figura 3).

Il pattern orbitale è fondamentale per ricono­scere i malfunzionamenti delle macchine, come illustreremo con un caso reale, che testimonia anche come monitoraggio e diagnostica do­vrebbero essere utilizzati per ottimizzare le atti­vità di manutenzione.

Un Case Study  di notevole interesse

In un impianto di generazione elettrica, l’unità principale (costituita da una turbina a gas Heavy Duty e un alternatore) è oggetto di monitoraggio, realizzato da un apposito centro interno all’a­zienda stessa. Il software utilizzato è il System1™ di Bently Nevada, menzionato precedentemente.

Gli operatori avevano osservato che nel tempo i livelli di vibrazione mi­surati con accelerometro sul corpo del cuscinetto dell’ alternatore (lato giunto), stavano aumentando in modo progressivo, pur non arrivando ai limiti di allarme o blocco configurati nel sistema di protezione (Figura 4). Inoltre era stato visto che le variazioni di carico avevano un’ influen­za significativa sulle ampiezze delle vibrazioni, tanto sul corpo cuscino (misurate appunto con accelerometro) che dell’albero rispetto al cusci­no (misurate con sonde di prossimità). Gli operatori avevano identificato questo comportamento come totalmente anomalo, giacchè non era mai stato osservato prima su questa macchina.

È importante sottolineare come l’indicazione fornita dagli operatori costi­tuisce un esempio di buon monitoraggio, visto che è stato riconosciuto un modo di guasto nei suoi stadi iniziali (e quindi molto prima che i sistemi di protezione si attivassero).

A questo punto si è resa necessaria un’attività di diagnostica, per identificare il problema mec­canico e organizzare con anticipo le attività di manutenzione.

L’ingegnere della diagnostica ha osservato un interessante pattern orbitale misurato sul cuscino della TG (Figura 5). Detto pattern in condizioni di carico nominale era di forma leg­germente ellittica, una forma assolutamente normale per le turbomacchine. Tuttavia, ogni­qualvolta la potenza attiva del gruppo scendeva al minimo tecnico, l’orbita si faceva più piatta, indicando chiaramente che in questa condizio­ne appariva un carico laterale il cui effetto era quello di limitare la vibrazione dell’albero.

Allo stesso tempo, inoltre, si osservava un au­mento della temperatura del cuscinetto. Poste­riormente, un nuovo incremento della potenza del gruppo restituiva pattern orbitali e tempera­ture normali.

Questo comportamento, considerato patologi­co, può essere espresso come una variazione della posizione relativa tra turbina e alterna­tore, funzione del carico elettrico e quindi del­le temperature d’esercizio della turbina. Ciò è indicativo di un problema strutturale della bancata, che non fornisce sostegno adegua­to in tutte le condizioni di funzionamento; l’i­struzione fornita ai tecnici manutentori quindi è stata quella di programmare un’ispezione delle bancate di turbina e alternatore. Tale ispezione ha poi effettivamente riscontrato la presenza di fessure negli elementi di fissag­gio del alternatore. Grazie all’indicazione for­nita dalla diagnostica, si è potuto intervenire ben prima che il guasto obbligasse a fermare l’unità in modo inaspettato, e con danni mag­giori, minimizzando il downtime e i costi di manutenzione.

Conclusioni

Vale la pena ricordare, come nota conclusiva, che casi come quelli appena visti rappresentano l’eccellenza del monitoraggio e della diagnosti­ca. Purtroppo, all’alba dell’industra 4.0, sono ancora troppe le realità nelle quali non è stato ancora implementato un programma efficiente di monitoraggio.

Il consiglio è appunto quello di creare un’ade­guata struttura di monitoraggio, con l’obiettivo di ridurre in modo significativo i costi di manu­tenzione.

Francesco Miniello, Machinery Diagnostic Engineer, Baker Hughes, a GE company