Monitoraggio statico e dinamico delle infrastrutture

La manutenzione ideale

  • Luglio 9, 2021
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    Monitoraggio statico e dinamico delle infrastrutture

In un piano di Building Asset Management il monitoraggio statico e dinamico delle infrastrutture è uno strumento imprescindibile, che permette di affiancare a una grande affidabilità costi abbastanza contenuti. Sappiamo che la vita media della maggior parte delle strutture civili si aggira attorno ai cinquant’anni. Ma cosa avviene dopo tale periodo? È possibile continuare a fruire della struttura in sicurezza?

Gli edifici storici, o più semplicemente quelli datati, sono soggetti nel corso della propria vita a modifiche e cambi di destinazione d’uso, aggravio di carichi, azioni degli agenti atmosferici. Tutti questi fattori concorrono a modificare le caratteristiche resistenti dei materiali costitutivi e a variare lo stato di sollecitazioni per le quali l’edificio è stato progettato. Si pensi ad esempio a un ponte stradale, uno dei tanti realizzati nella nostra penisola nel dopo guerra. È facile immaginare la differenza di sollecitazioni statiche e dinamiche a cui la struttura è stata soggetta negli anni. Il traffico veicolare degli anni Cinquanta è solo una piccola frazione di quello attuale. Lo stesso dicasi dei carichi eccezionali, dovuti ai trasporti pesanti. Il cambio delle condizioni di sollecitazione e il naturale degrado della struttura concorrono a creare situazioni di grave pericolo, qualora l’infrastruttura non sia oggetto di regolare piano di manutenzione.

Scrive il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) in una nota: “A carattere ancor più generale, va ricordato che la sequenza di crolli di infrastrutture stradali italiane sta assumendo, da alcuni anni, un carattere di preoccupante regolarità: nel luglio 2014 è crollata una campata del viadotto Petrulla, sulla strada statale 626 tra Ravanusa e Licata (Agrigento), spezzandosi a metà per effetto della crisi del sistema di precompressione; nell’ottobre 2016 è crollato un cavalcavia ad Annone (Lecco) per effetto di un carico eccezionale incompatibile con la resistenza della struttura, che però è risultata molto invecchiata rispetto all’originaria capacità; nel marzo 2017 è crollato un sovrappasso dell’autostrada adriatica, ma per effetto di un evento accidentale durante i lavori di manutenzione; nell’aprile 2017 è crollata una campata della tangenziale di Fossano (Cuneo), spezzandosi a metà in assenza di veicoli in transito e con modalità molto simili a quelle del viadotto Petrulla”. A questi dati si aggiunge la tragedia del ponte Morandi di Genova. Dissesto e degrado sono fenomeni che evolvono nel tempo e non eventi improvvisi e incontrollabili.

La Structural Health Monitoring

La moderna tecnica di monitoraggio strutturale (SHM dall’acronimo inglese di Structural Health Monitoring) è un approccio sistemico al rilevamento e all’identificazione dei danni che si possono manifestare nei sistemi strutturali a causa dell’invecchiamento, del degrado dei materiali, nonché di azioni eccedenti le previsioni di progetto o eventi eccezionali di origine naturale o antropica. Le tecnologie di monitoraggio strutturale si basano sull’impiego di reti di sensori installate permanentemente o per lunghi periodi. Tali apparecchiature sono in grado di acquisire in continuo, trasmettere, memorizzare ed elaborare dati relativi al comportamento delle strutture, in modo da prevenire ogni tipo di situazione critica. Oltre al normale monitoraggio, questi sistemi trovano applicazione anche in occasione di cantieri per demolizioni controllate o per manutenzioni straordinarie.

L’SHM può essere utilizzato per edifici e ponti, ma anche per dighe, tunnel, torri di comunicazione, binari ferroviari, sistemi di metropolitana, siti produttivi, e in generale per qualsiasi asset building di importanza strategica per l’azienda. Il monitoraggio può essere statico, quando riguarda il controllo nel tempo dei fenomeni fessurativi, o dinamico, quando ha lo scopo di rilevare nel tempo le vibrazioni meccaniche a cui è soggetta una struttura sottoposta ad azioni variabili: vento, traffico veicolare, sollecitazioni indotte da macchine o impianti di produzione, rumori forti.

Quattro componenti base

I sistemi SHM sono costituiti da quattro componenti: i sensori, le unità di trasmissione dati, le unità di processo ed elaborazione e i software di interfaccia, che permettono all’utente finale di leggere i dati in formato aggregato di grafici e tabelle.

I sensori sono lo strumento che permette di effettuare la lettura dei dati. Possono essere di tipo tradizionale (estensimetri, trasduttori di spostamento o forza, accelerometri, sensori termici, anemometri, rilevatori di Ph) oppure a fibra ottica, puntuali o continui. Questi ultimi sono in grado di rilevare vari tipi di informazioni, anche su strutture molto grandi, come tunnel ferroviari o metropolitani. Esistono infine sensori remoti, non a contatto, che utilizzano tecnologie ottiche, laser, radar o satellitari. La maggior parte dei sensori sono wireless. Ad esempio, con una catena di certi sensori wireless, che trasmettono dati continui ad una postazione remota, è possibile monitorare l’inclinazione di una struttura rispetto all’asse di gravità e l’andamento della temperatura. Queste soluzioni sono comunemente utilizzate per il monitoraggio statico di ponti e cavalcavia (possono monitorare la flessione delle campate), edifici, dighe, opere sotterranee e frane. Con sensori di altro tipo è invece possibile misurare oscillazioni anomale di un corpo, studiando le frequenze proprie di vibrazione. La precisione di questi strumenti è impressionante: arrivano a rilevare movimenti fino al centesimo di millimetro. La maggior parte dei sensori funziona con batterie a lunga durata (autonomia da uno a dieci anni) ed ha dimensioni contenute entro i 10 – 20 centimetri. Le unità di trasmissione dati arrivano a coprire distanze chilometriche, a seconda della tecnologia utilizzata per l’invio dei dati. In commercio esistono diverse soluzioni software per l’elaborazione delle informazioni, il cui vantaggio è la capacità di processare in poco tempo migliaia di dati e di archiviarli in forma di data-base storico, sempre a portata di mano. Con questi strumenti è possibile comprendere l’invecchiamento di qualsiasi struttura e stimare l’intensità delle sollecitazioni a cui è soggetta, ottimizzando gli interventi di manutenzione preventiva e predittiva.

Conclusioni

Il Decreto Legge 19/05/2020 n.34 (convertito in legge n.77 del 17/07/2020), meglio noto come Decreto Rilancio, ha stabilito misure urgenti in materia di adozione di misure antisismiche e ha introdotto il Superbonus 110% come percentuale di detrazione per le spese in interventi di riduzione del rischio sismico. Come si evince dal comma 4-bis dell’art. 119, la detrazione riguarda anche la realizzazione di sistemi di monitoraggio strutturale continuo a fini antisismici. La detrazione è riconosciuta a patto che la realizzazione di sistemi di monitoraggio continuo a fini antisismici sia congiunta a un’altra delle attività antisismiche previste dall’art.16 del Decreto Legge 4 giugno 2013 n. 63.

Se fino a qualche tempo fa l’utilizzo di questi sistemi era riservato a grandi opere di carattere strategico e militare, oggi la tecnologia ha permesso di renderle accessibili a chiunque, con spese complessive nell’ordine di poche decine di migliaia di euro. I benefici a livello di risparmio e salvaguardia della vita umana sono infiniti.

 

Alessandro e Riccardo Baldelli, Ricam srl