Negli anni più recenti si stanno osservando diversi fenomeni di trasformazione dei modelli e dei processi di business che portano a riflettere sulle nuove opportunità (se non anche sulle necessità) di cambiare la gestione della manutenzione per garantire la competitività in un mondo che sta mutando.
La digitalizzazione è un primo fenomeno che si può citare: oggi ampiamente all’ordine del giorno, è una tematica importante ma non lo è più di altri fenomeni che sono altrettanto di rilievo. Non dimentichiamo, ad esempio, la trasformazione dell’offerta da parte dei costruttori orientata a creare valore con l’integrazione di servizi al prodotto/asset fisico. Ricordiamo, anche, lo sviluppo sostenibile e, quindi, l’opportunità di impostare la sostenibilità industriale in base a solidi “pilastri” economico, ambientale e sociale. Tutti i fenomeni di trasformazione ora citati – la digitalizzazione dei processi, l’innovazione con i servizi (o servitizzazione), e la sostenibilità industriale – hanno una storia evolutiva evidente nelle macro-tendenze in corso: possono, quindi, svilupparsi anche all’interno di un’organizzazione aziendale in una co-evoluzione che porta a creare nuove opportunità anche per innovare la manutenzione.
Per innovare non è solo necessario un buon project management (dello specifico progetto attraverso il quale si porta l’innovazione) ma anche, come elementi fondamentali, servono una struttura per la governance e la gestione del cambiamento. E’ anche opportuno, ancor prima, riflettere sul nuovo paradigma di “pensiero” per cogliere appieno le nuove opportunità che arrivano con l’innovazione. Su questo punto, non ho dubbi ad affermare che “so di non sapere”, e posso farmi solo domande come la seguente: “Come cambiare il modo di pensare per innovare la manutenzione sotto lo stimolo dei vari fenomeni di trasformazione in corso?”
Dovendo esprimere una mia opinione, non penso che sia la tecnologia ad essere il fattore determinante: l’innovazione è certamente stimolata dallo sviluppo delle tecnologie, tuttavia ritengo ancora centrale, per il cambiamento, il ruolo dell’uomo e la capacità di organizzare e gestire le decisioni all’interno del sistema (socio-tecnico) di gestione della manutenzione. Volendo anche sostanziare il nuovo paradigma di “pensiero” che è, a mio parere, alla base del cambiamento, prendo spunto dalla pubblicazione intitolata “New Thinking Paradigm for Maintenance Innovation Design”, scritta con altri co-autori per il World Congress IFAC (International Federation of Automatic Control) del 2014. Nell’articolo, iniziammo da una review generale di alcuni fenomeni in corso, come quelli già citati, per motivare l’introduzione di una matrice delle aree di innovazione della manutenzione.
Nella matrice sono considerate due variabili interpretative dell’innovazione manutentiva, vale a dire: l’approccio alla risoluzione o all’eliminazione del problema (i.e. problem solving piuttosto che problem avoidance), e le evidenze visibili e invisibili (i.e. visibile o invisible evidences) a partire dalle quali prendere decisioni per la cura e/o il miglioramento dello stato di “salute” degli asset fisici. Ogni volta che si pensa ad aumentare la trasparenza sul funzionamento degli asset, si va ad “attaccare” ciò che inizialmente è un’evidenza invisibile. Quando, invece di focalizzarsi solamente sulle misure per la risoluzione dei problemi con la conseguente limitazione delle cosiddette “perdite”, si pensa a nuovi modi per aumentare le performance operative degli impianti, si va ad “attaccare” in anticipo le cause per eliminare i problemi futuri per il business, spostando così più in là l’“asticella” che si vuole superare.
Non sto dicendo nulla di nuovo, è solo una riflessione che può valere per diverse innovazioni della manutenzione, sia le innovazioni più tradizionali e del passato, sia le innovazioni del futuro più o meno prossimo. Prendendo ad esempio un’innovazione tradizionale, pensiamo al TPM (Total Productive Maintenance). Il TPM, nel momento in cui viene introdotto in un’azienda, è un’innovazione del processo manutentivo che, come prima ricaduta, porta tipicamente al miglioramento continuo con la sistematica risoluzione dei problemi monitorati con evidenze visibili (così, in genere, si trovano soluzioni per la riduzione dei guasti osservati con maggior frequenza e a più alto impatto). Come ulteriore esempio, si può pensare allo sviluppo di programmi di monitoraggio dell’efficienza energetica, e la definizione di piani a garanzia del miglioramento di questa performance operativa: in questo caso, si va oltre all’evidenza fisica del guasto, per spostare l’“asticella” più in là, misurando anche altre evidenze, inizialmente non scontate e quindi invisibili, con lo scopo di eliminare uno spreco che non è apparente quando ci si concentra solamente sulla disponibilità dell’asset. Se poi, come ultimo esempio, si pensa all’uso congiunto dello storico di eventi manutentivi, dei dati di produttivi e qualità, considerando anche i dati resi disponibili dall’automazione industriale, per determinare la correlazione tra funzionamento dell’asset e qualità del prodotto, si va ancor più alla ricerca delle evidenze invisibili per aumentare la qualità in toto, orientandosi a comprendere a fondo il processo produttivo per evitare che la non-qualità insorga per anomalie di funzionamento dell’asset.
Sono casi presentati a titolo di esempio con il solo scopo di arrivare ad alcune riflessioni conclusive sull’innovazione manutentiva.
L’innovazione della manutenzione può avere due obiettivi, che sono da comprendere in relazione allo status quo: l’attacco delle evidenze invisibili e la ricerca dell’eliminazione dei problemi possono essere intesi come evoluzione dello status quo in cui si riscontrano e analizzano le evidenze già visibili per cercare, in prima battuta, di risolvere i problemi.
Il valore creato dalla gestione dell’asset, piuttosto che il valore che può essere distrutto, è il vero “motore” che porta all’innovazione. La creazione del valore, in particolare, richiede di andare oltre alla risoluzione dei problemi in base alle sole evidenze visibili; per creare valore per il business è, cioè, sempre più necessario guardare alle evidenze invisibili, per mettere a fuoco aspetti che, in genere, vanno oltre al compito manutentivo primario. Tali aspetti possono indirizzare, ad esempio: l’eliminazione dei problemi nella qualità e nell’efficienza energetica dei processi produttivi; l’eliminazione, con approcci cost-effective, di problemi che possono essere fonte di rischi operativi con effetti di varia natura che ricadono nel quadro dei diversi “pilastri” (economico, ambientale e sociale) della sostenibilità industriale; la garanzia e, se necessario, l’estensione (pianificata) della vita degli asset, evitando problemi che possono insorgere a causa dell’invecchiamento fisico e dell’obsolescenza tecnologica/funzionale degli asset.
Prof. Marco Macchi, Direttore Manutenzione T&M