Ancora un nuovo anno...
L’anno che si chiuso si può definire a buona ragione un “annus horribilis” nel settore dei trasporti. Punta di diamante in questa negatività è naturalmente il crollo del ponte Morandi di Genova, dove la manutenzione è stata chiamata pesantemente in causa.
Poi registriamo i “soliti” incidenti su strada e in ferrovia, i crolli di strade, ponti, dighe legati sia a fattori climatici che a fattori costruttivi e di manutenzione. A riempire il vaso ci si è messa infine la politica, con le polemiche infinite su TAV, terzo valico, ecotasse ed ecobonus, eccetera. In tutto questo calderone la Manutenzione ha fatto da bersaglio preferito di chi, a torto o a ragione, pensava di avere qualcosa da dire. Non vogliamo entrare in polemiche sterili, riteniamo solo che prima di fare affermazioni “tranchant” bisognerebbe approfondire le cose.
Negli ultimi numeri della rivista, con articoli mirati ed editoriali di direzione, si è cercato di valutare ed approfondire gli aspetti legati alla manutenzione relativamente a quanto successo in generale e nel trasporto in particolare. È emerso, e sottoscriviamo, che se da un lato è stato ed è facile dare addosso alla Manutenzione, dall’altro appare chiaramente che la Manutenzione ha le sue colpe. Quanto al fatto poi che queste colpe siano in parte legate ad impostazioni ed imposizioni dall’alto, soprattutto di carattere economico ma non solo, non ne viene diminuita la gravità.
Quindi la Manutenzione se da un lato deve finalmente alzare la testa, assumere definitivamente un ruolo attivo e non passivo, dall’altro deve rimettere in discussione principi e processi usufruendo dei nuovi strumenti che l’evoluzione tecnologica mette a disposizione (paradigma 4.0), consapevole del ruolo centrale che le viene assegnato dalla nuova impostazione che si sta affermando sull’Asset Management e sull’Asset Integrity.
Solo così si potranno cominciare a limitare, e poi evitare, i disastri di questi tempi, purtroppo presi a pretesto di attacchi e strumentalizzazioni, senza o con poca attenzione a quello che dovrebbe essere il bene comune. In questo numero ManTra continua nella sua opera meritoria di approfondimento sulle strutture manutentive, i loro pregi e le loro mancanze.
Bruno Sasso
Torniamo sul concetto di “officina sicura”, affrontando questa volta il tema delle pavimentazioni. Chiunque abbia frequentato depositi-officina autofilotranviari, officine di riparazioni di veicoli per l’igiene ambientale, impianti di manutenzione ferroviaria, ha ben presente lo stato di molte pavimentazioni, scrostate, in alcuni casi sfaldate, sottoposte all’azione di oli e grassi e non di rado a quella degli agenti atmosferici. Tanti parametri da controllare Oggetto di alcune controversie in ordine alla sua effettiva efficacia, il test basato su metrica BCRA non è mirato alla misura della scivolosità, ma solamente l’attrito dei materiali: ciò può creare problemi con pavimenti bagnati o sporchi non riuscendo a ricreare l’effetto aquaplaning causa dello scivolamento stesso. Va tuttavia ricordato come la valutazione e prevenzione del rischio di caduta in piano rappresenti un obbligo e in questo senso la certificazione antiscivolo delle pavimentazioni contenuta nel DVR aziendale sia ormai indispensabile. La sentenza depositata dalla Corte di Cassazione n. 10145/17 il 21 aprile 2017 a partire da un caso di incidente dovuto a uno scivolamento su una superficie viscida e bagnata ha confermato la responsabilitàdell’impresa e del datore di lavoro in assenza di una prova liberatoria da parte dell’impresa che potesse interrompe il nesso causale diretto fra pavimento scivoloso e infortunio.
Quello della certificazione resa da un laboratorio terzo accreditato attestante che a seguito del trattamento il pavimento risulta essere antiscivolo non è l’unico adempimento cui occorre abituarsi.
Sia il metodo BRCA (detto anche metodo “Tortus”, in vigore in Italia in quanto richiamato dal DM 236/89 per la sicurezza delle pavimentazioni) sia il metodo UNI EN 12431:2004 (metodo la densità dei fumi generati. Ogni classe determina dove è possibile utilizzare il prodotto rispettando le normative di sicurezza.
Emissione di formaldeide: determina il grado o l’assenza di sostanze contenenti formaldeide. La normativa europea di riferimento definisce un risultato in base al volume o in base al peso del prodotto e un apposito pittogramma certifica che il prodotto stesso risulta sicuro e innocuo.
Resistenza elettrica: esiste anche una certificazione relativa al comportamento elettrico: per essere ritenuto antistatico, un prodotto per la pavimentazione deve raggiungere valori di resistenza elettrica verticale noti, e viene definito isolante un materiale la cui resistenza superficiale è maggiore di 1012 Ohm/m2. Il tema è regolato dalla norma UNI EN 1081:2001, che specifica la determinazione della resistenza elettrica verticale, della resistenza elettrica superficiale e della resistenza a terra di un rivestimento per pavimentazione dopo l’installazione. La capacità dissipativa delle scariche che possono formarsi durante le lavorazioni industriali (protezione da eventi ESD - ElectroStatic Discharge) è richiesta non solo persale operatorie o laboratori di ricerca, ma anche in specifiche aree delle officine di manutenzione: si pensi alle aree di lavorazione di autobus o autotelai alimentati a CNG/LNG.
Certificazione antiscivolo: i requisiti di sicurezza sono stabiliti dalla norma EN 14041 (Rivestimenti resilienti: caratteristiche essenziali).
Uno dei principali è la resistenza allo slittamento la cui prova ha lo scopo di misurare il coefficiente dinamico di attrito. Se la pavimentazione ha un coefficiente di resistenza allo slittamento maggiore o uguale a 0,30 può essere compresa nella classe DS (“superficie antisdrucciolo bagnata”). Una pavimentazione antiscivolo e antistatica è già prescritta in tutti i capitolati di acquisto per autobus, sarebbe paradossale non affrontare tale tema per i luoghi di lavoro in cui questi autobus vengono manutenuti.
Stabilità dimensionale: la relativa certificazione determina il comportamento di un prodotto relativamente a parametri di restringimento e allungamento. Nella definizione degli investimenti, saper leggere i dati di stabilità dimensionale è indispensabile per capire se un prodotto sia adatto o meno a ricoprire ambienti di grandi dimensioni e con variazioni di condizioni ambientali, temperatura, umidità, anche in presenza di elevato calpestio da parte uomini, di mezzi e attrezzature.
Comportamento alla luce: la solidità dei colorialla luce, ossia la capacità di non sbiadirsi è misurata dalla ISO 105.B02, su una scala crescente da 1 (scarsa) a 8 (eccellente). Per avere una buona performance il prodotto deve avere un risultato di grado minimo 5.
Compatibilità con riscaldamento a pavimento: le officine situate in luoghi freddi spesso risultano fortemente energivore per la presenza di impianti di riscaldamento. La normativa sulla idoneità di un pavimento d’essere posato su un sistema di riscaldamento a pannelli, è basatasulle EN 14041, EN 1307, EN 1470, EN 13297, EN 12524 e EN 12667. Di norma occorrono tre condizioni: la conducibilità termica deve essere inferiore a 0,17 m2K/W; i requisiti antistatici devono essere rispettati e l’aspetto deve mantenersi costante in condizioni normali di invecchiamento e usura.
Per venire incontro a tutti questi vincoli si stanno sempre diffondendo anche nelle officine di manutenzione le pavimentazioni in resina, scelti per le loro performance note e stabili: le elevate resistenze chimiche, fisiche e meccaniche, la facilità di pulizia, il basso spessore e l’impermeabilità sono elementi fondamentali in un ambiente di lavoro aggressivo come gli impianti di manutenzione veicoli.
Sicurezza ma anche ergonomia
Che il comfort nei luoghi di lavoro impatti sulla produttività è un concetto noto da tempo e applicato ormai in ogni luogo del mondo in occasione di progettazioni o ristrutturazioni degli stessi.
Non è però un’esclusiva degli uffici: proprio impianti industriali particolari come le officine di veicoli, per la loro caratteristica di comprendere spazi all’aperto e al chiuso, si prestano particolarmente a uno studio dell’illuminazione e dei colori che rispecchi non solo le normative di sicurezza e le “corporate identities” aziendali, ma sia esso stesso un elemento funzionale alla manutenzione.
In tema di illuminazione nei luoghi di lavoro la norma UNI EN 12464-1 fissa parametri numerici la cui applicazione richiede competenze di lighting designer per attuare un approccio centrato alle reali esigenze dell’individuo all’interno dei luoghi di lavoro e garantire fruibilità degli spazi e benessere degli utilizzatori.
È peraltro un obbligo di legge considerare tutti gli aspetti che agiscono sullo stress-lavoro correlato, non a caso contenuti del DVR aziendale: vale dunque la pena considerare anche l’applicazione dei colori di muri, impianti, segnaletica e pavimentazioni così da ottimizzare per ogni area il design degli stessi.
Come suggerito da numerosi e ormai consolidati studi di psicologia sociale, colori caldi tengono viva l’attenzione, mentre tinte neutre favoriscono il relax. Non è un caso, ad esempio, che a partire da queste considerazione negli anni Ottanta vennero forniti alle allora FS due gruppi di carrozze denominate Medie Distanze: quelle destinate ai servizi regionali, contraddistinte da porte di maggiori dimensioni e maggiormente equispaziate, avevano pareti interne basatesull’arancione per rendere più allegro il viaggio dei pendolari, mentre quelle dedicate ai collegamenti “intercittà” adottavano gli stessi motivi geometrici ma con toni di grigio. Per le officine vale il medesimo principio, applicabile tenuto conto della necessità di evidenziare i passaggi pedonali, la presenza di fosse di ispezione, le aree dedicate a lavorazioni particolari.
Come affrontare il problema Il fai da te non è indicato ed espone i manager di manutenzione a responsabilità aggiuntive a quelle che già derivano spesso dal rivestire anche il ruolo di RSPP. Un approccio più indicato consiste in un mix di competenze interne ed esterne che consenta - quale reale valore aggiunto - di sfruttare le ricadute di esperienza maturata in altri luoghi o in settori affini. L’associazione Manutenzione Trasporti, nell’ambito della definizione di un manutentore esperto riconosciuto nella costruzione dei sistemi di manutenzione attraverso idoneo disciplinare, ha impostato un metodo di valutazione degli investimenti sulla sicurezza nelle officine che a partire dai responsabili di manutenzione investe via via altre figure aziendali (RSPP, responsabili HR, sistemi informativi direzione) definisce una serie di step logici; solo al termine degli stessi è possibile per un sistema manutentivo avere un’idea chiara e completa dei gap rispetto alla reale applicazione del paradigma “officina sicura”:
- Primo controllo, per valutazione dello stato dei pavimenti e delle superfici negli ambienti di lavoro - a cura di un fornitore qualificato
- Assessment di tutti gli aspetti che incidono sulla sicurezza di officina per individuazione degli aspetti critici e analisi ABC degli eventuali interventi - a cura di un esperto qualificato
- Definizione di un piano tecnico/economico di interventi quale strumento di pianificazione a disposizione della Direzione - A cura di un gruppo di lavoro costituito dagli stakeholderinterni e dall’esperto qualificato
La criticità di questo approccio è rappresentata dalla presenza sul mercato di molti consulenti di settore (luoghi confinati, antincendio, pavimentazioni sicure, sicurezza del lavoro) ma di pochi esperti qualificati nel settore delle officine di manutenzione che garantiscano, un approccio completo. Negli anni, ManTra sta accumulando esperienze in tal senso che stanno conducendo a una linea guida basata anche sulle considerazioni riportate in questo scritto.
Alessandro Sasso, Presidente ManTra, Coordinatore Regionale A.I.MAN. Liguria