Da anni le principali strategie manutentive aziendali prevedono di rivolgere un’attenzione particolare alla gestione degli asset, costruendo attorno ai macchinari strategici di un impianto una “rete” fisica e virtuale di connessioni in grado di valutarne il degrado, la produttività, etc.
Il semplice LCC di un sistema (inteso come mera ponderazione amministrativa del valore del bene fisico, in vista di un ammortamento programmato, ed anche alla luce di un eventuale revamping funzionale) è considerato superato ed oggi sono richieste una miriade di informazioni in più, rispetto al passato. Le nuove macchine (per quelle più anziane il processo non è così semplice) sono oramai dotate di sensori in grado di fornire informazioni puntuali su “dove” come e quando intervenire per garantirne un funzionamento da manuale.
L’efficacia del sistema produttivo e la imprescindibile Qualità del prodotto finito, non possono tralasciare l’efficienza generale del processo. Il “processo cardine” della cosiddetta Industria 4.0, partendo dallo “IoT” e tutte le molteplici implicazioni a livello di gestione dei “big data” conseguenti, è ancora in fase di sviluppo; ci troviamo in una situazione work in progress che produrrà molteplici effetti a livello di miglioramento dell’efficienza generale, della Sicurezza operativa, etc.
L’asset-management d’impianto (definito attraverso le normative ISO 55000-1-2) racchiude il significato della manutenzione per il mantenimento e la crescita del valore. Con tale strategia manutentiva quindi si prende in considerazione il bene strumentale (attraverso figure preposte che abbiano le giuste competenze, conseguite tramite formazione puntuale) nei suoi molteplici aspetti funzionali. Allo scopo di garantirne una “vita utile” priva di sorprese o incidenti, coniugando efficacia delle azioni manutentive, alla efficienza operativa. Molto spesso il nostro macchinario ha dimensioni imponenti, addirittura (ed a livello fiscale tale attributo può ancora significare una grande peso % in termini di ammortamento) può essere “imbullonato” in solido al substrato, diventandone una sorta di complemento strutturale.
Ma per funzionare in maniera ineccepibile, in condizioni di carico a volte esasperato, il sistema richiede che si provveda ad inserire - nei modiappropriati - la “giusta” quantità di lubrificante della “giusta” formulazione; allo scopo di ottenere una testimonianza in tempo reale del reale (speriamo positivo) funzionamento dell’impianto.
Di questi argomenti, ovvero delle prospettive di una “Lubrificazione 4.0” si è parlato in un recente convegno a Houston, con gli esperti di www.noria.com; società leader nel campo della formazione sulle best practices in campo lubrificanti. Dopo la Conferenza “Machinery Lubrication” diHouston - 2018
In particolare con Jim Fitch (Ceo di Noria corporation e grande conoscitore della realtà industriale italiana) abbiamo avuto l’occasione di discutere dei progressi nel campo della “intelligenza artificiale” a servizio dei sistemi di gestione e controllo degli oli lubrificanti. Il percorso di miglioramento, verso una realtà industriale in cui la gestione delle cariche di olio (tramite una rete di sensori interfacciati mediante “A.I.”) segue protocolli condivisi, tesi ad eliminare i più comuni errori del service tradizionale, legati ad una scorretta manipolazione e controllo, è ancora lungo e complesso.
Tuttavia il processo di automazione e monitoraggio da remoto di asset fisici, è solamente iniziato.
Tra gli asset fisici possiamo annoverare l’asset fluido, il cui processo di automazione e monitoraggio può e deve essere integrato nel sistema di gestione dell’asset fisico, i.e. il macchinario/ impianto industriale. Ciò permetterebbe maggiore efficienza ed efficacia delle numerose procedure collegate direttamente o indirettamente con la lubrificazione, con una visione olistica di asset management. Tra le attività salienti che potranno giovare del sistema integrato ne elenchiamo alcune, sia legate strettamente alla gestione, sia parte essenziale del sistema integrato di gestione dell’asset.
1. Gestione dei lubrificanti (oli e grassi) con un approccio “olistico” come nei confronti di un asset fisico, più in generale.
2. Integrazione delle procedure di analisi e controllo dei fluidi lubrificanti attraverso una rete di “CBM” più ampia.
3. Creazione di una sistema di ronde ispettive col personale in grado di utilizzare degli “smartphone” aggiornati alla bisogna, dotati di specifiche app (Termografia, lettura di QR-codes) capaci di immediata integrazione con la infrastruttura gestionale.
Come fase intermedia, propedeutica ad una sostanziale interconnessione diretta tra asset.
4. I.O.T. in cui i macchinari strategici (previa analisi FMECA) possano comunicarein tempo reale tramite il cloud, le proprie criticità Più semplice affrontare tale passaggio con sistemi nuovi, meno elementare l’adeguamento di asset datati.
5. Impiego di droni o robot dedicati alla attività di survey, per diminuire irischi legati ad ispezioni o controlli/prelievi di lubrificanti in situazioni pericolose.
6. A completare il punto 5, si auspica l’integrazione del tutto con visori perrealtà aumentata e sistemi di comunicazione dati in tempo reale. Il tutto per conseguire una indispensabile agilità e snellezza nel rispondere alle esigenze dei sistemi attuali, in continua evoluzione. In questa particolare ottica si posiziona la nostra “storica” ricerca che ha portato alla creazione di un sistema diagnostico online, a cui giustappunto è stato fatto un riferimento puntuale in tale contesto. In questo settore siamo stati tra i primi ad affrontare la sfida di natura intellettuale, legata al monitoraggio in tempo reale di un “asset sfuggente” come l’olio lubrificante. Le cui caratteristiche mutano fortemente al variare delle condizioni ambientali. Il passaggio da una analisi “statica” in ambito di laboratorio (rispettando le norme ASTM/ ISO previste) ad una in fase dinamica, sul fluido tal quale, con turbolenze molto elevate, non è semplice da gestire. Uno dei problemi chiave è legato proprio allo sviluppo di sensori specifici.
Problematiche specifiche: i sensori
L’olio lubrificante in esercizio (ovvero il fluido in oggetto, analizzato mentre svolge la sua funzione “istituzionale”) raccoglie una miriade di informazioni nell’attraversare i vari circuiti/meandri in cui è impiegato. Da cui scaturisce un immediato – diremmo quasi ovvio – paragone con il sangue circolante nel corpo umano, e tutti i risvolti diagnostici possibili. Di conseguenza l’olio si contamina, ovvero si “sporca” e ciò che trasporta con sé finisce in genere in un sistema filtrante; ma non solo. Una gran parte delle sostanze in sospensione – quelle a maggiore peso specifico – tendono a sedimentare nei serbatoi, o in spazi più ampi in cui il flusso rallenta. Interessante notare come anche le componenti chimico/fisiche più pesanti dal punto di vista molecolare (precursori di Varnish e Morchie) in caso di bruschi sbalzi di temperatura o stasi del fluido, tendono ad agglomerarsi, precipitando. Per cui anche un eventuale sensore inserito direttamente in un circuito è soggetto inevitabilmente a “collezionare” su di sé gran parte di tale “sporcizia” non facile da rimuovere.
Ne risulta una inevitabile deriva, che col tempo può rendere nullo il significato di una simile raffinata indagine a livello diagnostico. Ma rimane indubbio il fascino e l’attrattiva che simili tecnologie possono esercitare a livello di sistemi di analisi multitasking.
Del resto, riprendendo il titolo iniziale del nostro excursus un fluido non ha una sua forma definita (bensì assume quella del recipiente/asset che lo contiene) e in quanto tale il lubrificante – in virtù di questa sua proprietà – è capace di penetrare in tutti gli interstizi del macchinario in cui ne è prevista l’applicazione. Con tutti i vantaggi e le incognite funzionali (ancora in gran parte da esplorare) del caso. Il lavoro di ricerca deve proseguire, basandoci sulle molteplici esperienze di quanti hanno scelto questo particolare campo d’indagine, col presupposto di un obiettivo apparentemente “a portata di mano” mentre in realtà la sfida è ancora tutta in salita.
Giuseppe Adriani, Coordinatore Regionale A.I.MAN. Toscana, Referente Area “Ingegneria di Affidabilità e di Manutenzione” CTS Manutenzione T&M
Ilaria Marsili Libelli, Business Development, Mecoil