Le grandi multiutility, nell’ambito delle proprie strategie di rinnovo dei parchi, adottano spesso la prassi di mantenere la vita utile dei propri veicoli e attrezzature ambientali maggiormente utilizzate entro un intervallo predefinito, così da evitare costosi interventi di risanamento o un impegno per le proprie strutture di manutenzione troppo esteso rispetto alla garanzia estesa richiesta.
La cessione di questi particolari beni viene a beneficio di privati, piccole aziende spesso costituite in forma cooperativistica, che operano dunque con parchi anche estremamente eterogenei, datati, nei quali la manutenzione viene seguita senza l’ausilio di strutture interne dedicate; gli interventi di preventiva sono dunque facilmente limitati al minimo indispensabile e la correttiva (spesso conseguenza di ciò) affidata ad officine esterne più o meno specializzate.
Il momento di controllare
Nasce dai passaggi di proprietà successivi al primo l’esigenza, imprescindibile, di un momento di verifica delle condizioni dei mezzi, veicoli e attrezzature installate, finalizzato ad un controllo dei costi ma soprattutto al controllo dei requisiti di sicurezza rispetto al decreto legislativo 30 aprile 1992 n. 285 e s.m.i. (“Nuovo Codice della Strada “), la Dir. 2006/42/CE (“Direttiva macchine”) e alle norme tecniche applicabili, in questo caso la UNI EN 1501 nelle sue declinazioni per i veicoli (1501-1 per i rear loader, universalmente i più diffusi per questo tipo di impieghi, e 1501-5 per gli alza-volta contenitori).
La verifica può evidentemente essere effettuata da chiunque, ma si pone in questo caso un’asimmetria di competenze: venditore difficilmente sono strutturati per disporre di un responsabile tecnico esperto ed operano una trattativa diretta nell’ambito della quale l’elemento economico è quello preponderante.
Il terzo soggetto coinvolto è solitamente l’officina che si occupa di favorire la transazione nell’ambito del normale “ritiro dell’usato” tipico del settore automotive, ma in questo caso il parere emesso può apparire (e spesso è davvero così) interessato, giacché oltre alla eventuale fee legata alla transizione commerciale può trarre fonte dall’attività tipica di riparazione da effettuarsi a fronte dell’analisi delle criticità individuate.
Una figura terza rispetto a tutte le parti (in questo caso… “quarta”) è rappresentata da un professionista esterno, di riconosciuta caratura nel settore, che possa emettere giudizi imparziali a tutela soprattutto dell’acquirente, il quale è il maggiore interessato al ritorno del proprio investimento sotto forma di un bene di produzione in condizioni tali da non pregiudicare la continuità del lavoro e la salute e sicurezza dei propri lavoratori, aspetti che al di là della componente etica e morale rappresentano voci di costo di primaria importanza.
Cosa guardare
La lettura attenta della normativa di settore, nata in un contesto europeo complesso, rischia di far emergere aspetti critici sia su elementi minori sia su quelli realmente importanti; ciò considerata anche l’intrinseca varietà delle soluzioni presenti sul mercato anche a cura dei medesimi produttori (tipico fenomeno delle “personalizzazioni” richieste dalle maggiori stazioni appaltanti). Un ulteriore elemento di complessità è dato dal numero dei produttori, che nel mercato italiano è particolarmente elevato, e alle caratteristiche di artigianalità dei prodotti che ne conseguono. Sono noti in letteratura alcuni casi, (che, va esplicitamente detto, sono sporadici e riferiti al passato) di mancato rispetto delle normative fin dal momento della costruzione. Segno di una situazione in evoluzione.
Il professionista esperto deve dunque sapersi districare nella giungla di misure, diversi modi di funzionamento, prescrizioni e interblocchi, focalizzando la propria analisi soprattutto su quegli elementi che davvero possono pregiudicare la salute dei lavoratori e la funzionalità delle attrezzature durante la vita residua delle stesse.
Si propone di seguito, a beneficio degli operatori del settore, un breve esempio di tali aspetti:
- Documentazione disponibile: è opportuno che il venditore disponga della dichiarazione di conformità, del manuale uso e manutenzione e della relazione tecnica prodotta quale stralcio fascicolo tecnico. Qualora non presenti, è possibile rivolgersi ai costruttori (se ancora esistenti…) ed un loro eventuale rifiuto rappresenta il sintomo di una grave criticità da parte degli stessi nel presidiare il mercato post vendita e, in generale, un vulnus rispetto alla loro effettiva abilità ad essere presenti sul mercato italiano. Le piccole dimensioni, in questo caso, non aiutano. Una parte importante dei controlli da check list relativa alla 1501 sono effettuabili proprio previa analisi documentale: l’assenza della stessa non costituisce in sé pregiudizio per la sicurezza (il veicolo si deve in questo caso presumere conforme rispetto al momento della prima immissione in servizio) ma va segnalata all’acquirente.
- Dimensioni: i primi controlli da operare sono quelli relativi alla misura della sponda di carico: nel caso di “ciclo chiuso” la stessa che deve trovarsi a 1400 mm da terra e le componenti mobili che possono produrre cesoiamento di un arto devono risultare ad almeno 850 mm dal bordo della stessa. Non sono requisiti sempre rispettati ed è dunque importante effettuare tali misurazioni per confinare l’ambito operativo dell’attrezzatura ai cicli semi automatico e manuale. Un altro elemento soggetto a misurazione sono le eventuali pedane per gli operatori (“serventi”): lo spazio a disposizione degli stessi deve risultare come un prisma retto di 3500x4500x2000 senza interferenze; queste ultime tipicamente sono presenti e sono dovute all’installazione del dispositivo AVC (alza-volta contenitori)
- Cicli di compattazione: La scomposizione dei cicli manuali deve avvenire per fasi mediante quattro movimenti distinti, comandabili singolarmente mediante leve distinte o una leva a joystick. Sui comandi di compattazione, oltre tasto rosso di emergenza deve essere presente anche un ciclo di arresto manuale, nonché un tasto giallo con funzione di “rescue” che deve avere priorità elettrica su tutti compreso quello di emergenza, per consentire l’estrazione di un eventuale infortunato.
- Accessi pericolosi: gli eventuali sportelli laterali che danno accesso ad aree nelle quali sia possibile il cesoiamento di un arto, così come i contatti della spondina devono essere di tipo performance level C (antimanomissione), ossia corredati da un sensore a riscontro magnetico.
- Dispositivi di scarico: quando la portella posteriore è sollevata idraulicamente (come avviene nella quasi generalità dei casi) è importante che la valvola paracadute risulti applicata direttamente sui cilindri, o al più collegata gli stessi mediante tubazione rigida: unitamente al dispositivo di blocco meccanico tale condizione rappresenta un requisito di sicurezza indispensabile. La chiusura della portella deve avvenire mediante comando esterno a due mani, e il tempo stesso di richiusura deve essere adeguato, non inferiore ai 20 secondi.
Conclusioni
L’attività di perizia è, in primis, una garanzia per l’acquirente che, in conseguenza della stessa, dispone di prescrizioni utili a tutelare la propria attività dal punto di vista economico e di sicurezza del lavoro.
Tali prescrizioni comportano sovente l’attuazione di interventi di modesta entità, tipicamente sostituzioni di componenti usurati o riparazioni dell’impianto elettrico, sostenibili economicamente ma che si suggerisce di far eseguire solo da officine specializzate in attrezzature oleodinamiche con personale competente nel settore dell’igiene urbana.
L’imminente uscita, prevista nel 2021, di una norma specifica sui collaudi di beni e attrezzature nuove, contribuirà a far crescere un pool di esperti, in grado di valutare correttamente beni nuovi e usati, a garanzia dell’intero ciclo di vita di attrezzature così umili, per il servizio pubblico che svolgono, ma così complesse e delicate.
Alessandro Sasso