«Tutta la vita è risolvere problemi» (Karl Popper)
«Se non c'è soluzione, non c'è il problema» (Paul Watzlawick)
Queste due citazioni, apparentemente semplici, racchiudono un grande insegnamento. La vita ci pone di fronte a sfide continue e trovare una soluzione è spesso il modo in cui costruiamo il nostro percorso. Ma cosa succede quando i problemi sembrano irrisolvibili? Oppure, quando la soluzione che adottiamo non solo non risolve il problema, ma lo aggrava? È proprio per affrontare queste difficoltà che il “Problem Solving Strategico”, sviluppato dal Professor Giorgio Nardone nel Centro di Terapia Breve di Arezzo, si propone come uno strumento efficace e non ordinario per superare gli ostacoli.
Sette le fasi che compongono il modello:
1. Definire il problema
La prima fase del Problem Solving Strategico è la “definizione chiara e concreta del problema”. Spesso, si tende a dare per scontato questo passaggio, considerando ovvio ciò che ci sta creando difficoltà. Tuttavia, definire correttamente il problema è il primo passo per poterlo risolvere. La nostra mente tende a cercare conferme delle proprie convinzioni e, così facendo, rischiamo di focalizzarci solo su ciò che ci sembra di sapere già. È fondamentale, invece, analizzare la situazione da più prospettive, magari immaginando come una persona esterna vedrebbe la questione. In questo modo, possiamo evitare di cadere in trappole cognitive e autoinganni che potrebbero impedirci di vedere il problema nella sua reale complessità.
2. Concordare l'obiettivo
Dopo aver chiarito il problema, è necessario stabilire “quale obiettivo vogliamo raggiungere”. Questo passaggio richiede una riflessione attenta su cosa significhi davvero "risolvere" il problema. Spesso ci limitiamo a voler "non avere più il problema", ma è importante descrivere in termini concreti il cambiamento desiderato. Ad esempio, se il problema è l'ansia sociale, l'obiettivo non può essere semplicemente "non provare più ansia", ma potrebbe essere "essere in grado di parlare in pubblico senza paura". Definire un obiettivo chiaro ci aiuta a indirizzare le nostre azioni e a renderle più efficaci.
3. Valutare le tentate soluzioni
La terza fase consiste nel “valutare le soluzioni che abbiamo già provato”, ma che non hanno funzionato (Tentate Soluzioni Ridondanti). Spesso, tendiamo a ripetere gli stessi comportamenti, pensando che, con il tempo, funzioneranno. In realtà, molti problemi vengono mantenuti proprio dalle soluzioni inefficaci che continuiamo a mettere in atto. Un esempio comune è quello delle persone che, per evitare la paura di parlare in pubblico, evitano ogni occasione di farlo. Questa strategia rinforza la paura, poiché non si affronta mai la situazione temuta. Analizzare questi tentativi falliti ci aiuta a capire cosa non funziona e a prepararci per provare qualcosa di diverso.
4. La tecnica del "come peggiorare"
A questo punto, entriamo in una fase più creativa e paradossale del Problem Solving Strategico: “immaginare come peggiorare il problema”. Questa tecnica consiste nel chiedersi: "Cosa potrei fare per aggravare la situazione?". Sebbene possa sembrare controintuitivo, questa riflessione ha due effetti potenti: primo, ci rende consapevoli delle azioni fallimentari che stiamo già attuando e ci spinge ad evitarle; secondo, aiuta la mente a trovare nuove prospettive e soluzioni inaspettate. Paradossalmente, pensare a come peggiorare il problema ci permette di capire più chiaramente quali sono le dinamiche che lo mantengono vivo.
5. Lo scenario oltre il problema
Una volta identificati i comportamenti da evitare, possiamo procedere immaginando “lo scenario ideale una volta risolto il problema”. Questa tecnica ci invita a proiettarci mentalmente nel futuro, visualizzando nel dettaglio come sarà la nostra vita quando il problema sarà scomparso. Cosa faremo? Come ci sentiremo? Quali benefici otterremo? Questa fase non è solo un esercizio di immaginazione, ma un vero e proprio strumento per scoprire quali aspetti del cambiamento sono realizzabili e quali potrebbero presentare difficoltà. Visualizzare uno scenario positivo ci aiuta a motivarci e a pianificare le azioni concrete necessarie per raggiungere l'obiettivo.
6. La tecnica dello scalatore: piccoli passi
Dopo aver visualizzato lo scenario ideale, dobbiamo tornare al presente e “definire i primi passi concreti da compiere”. Qui entra in gioco la tecnica dello "scalatore", che consiste nell'immaginare di partire dalla vetta del nostro obiettivo raggiunto e di "scendere" fino al punto di partenza, ovvero il momento attuale. Questo metodo ci aiuta a identificare i piccoli passi che possiamo fare subito, rendendo il percorso verso la soluzione più gestibile. Come uno scalatore che pianifica il suo percorso dalla cima alla base della montagna, anche noi possiamo suddividere il nostro cammino in micro-obiettivi più semplici e concreti.
7. Aggiustare progressivamente il tiro
L'ultima fase del Problem Solving Strategico consiste nel “monitorare i risultati e aggiustare progressivamente il tiro”. Non sempre la prima soluzione che adottiamo sarà quella definitiva e spesso è necessario fare aggiustamenti in corso d'opera. La flessibilità è fondamentale: man mano che affrontiamo il problema potrebbero emergere nuovi ostacoli o nuove opportunità. L'importante è non scoraggiarsi e continuare a modificare la strategia fino a quando non si ottiene il risultato desiderato. In questa fase, è utile mantenere una visione globale del problema, affrontandolo un passo alla volta, ma senza perdere di vista l'obiettivo finale.
Il “Problem Solving Strategico” è uno strumento potente e versatile, applicabile a una vasta gamma di problemi, sia personali che professionali. Attraverso un processo strutturato in sette fasi, questo modello ci permette di affrontare le difficoltà in modo efficace, evitando di ripetere soluzioni inefficaci e trovando nuove prospettive. La sua forza risiede nella capacità di adattarsi alla complessità della realtà umana, utilizzando non solo la logica lineare, ma anche quella non ordinaria, fatta di paradossi e contraddizioni. Grazie a questa metodologia, possiamo imparare a vedere i problemi non più come ostacoli insormontabili, ma come opportunità per crescere e migliorare.
Come diceva Albert Einstein: "Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose”
Mauro Pinna