La Quarta Rivoluzione Industriale ha modificato a grande velocità il lavoro e la domanda di lavoro, con trasformazioni radicali ed intragenerazionali che richiedono competenze di base, competenze digitali, predisposizione al cambiamento ed abilità sempre più articolate e complesse. La tecnologia nella sua evoluzione propositiva stimola ad innovare e digitalizzare i processi produttivi ed allo stesso tempo obbliga ad un approccio di “formazione continua” con un inviolabile comune denominatore: la valorizzazione del Capitale Umano. In questo contesto la manutenzione è tra gli ambiti più interessati in cui l’innovazione e la digitalizzazione possono impattare e rivoluzionare i modelli operativi e le competenze.
Valorizzazione del fattore umano tra competenze digitali e soft skills: i profili “ibridi”
Un prerequisito fondamentale per affrontare la profonda trasformazione che sta pervadendo la nostra società riguarda la capacità di formare figure con competenze digitali. I nuovi assetti geopolitici ed economici mondiali stanno imponendo una seria riflessione sulle priorità strategiche dei prossimi anni. In questo contesto, la trasformazione delle fabbriche e delle imprese, con l’introduzione di nuove figure professionali con nuove competenze digitali ha un ruolo chiave nel definire la strategia dell’impresa. Assicurare un ambiente di lavoro che massimizzi l’intelligenza creativa distintiva dell’attività umana e lo sviluppo di competenze digitali attraverso una formazione adeguata rappresenta un fattore di successo per ogni ambiente di lavoro. Ciò è vero a maggior ragione per gli ambienti industriali e complessi dove la competizione globale richiede livelli di eccellenza per poter sviluppare il proprio business. La formazione è, infatti, un requisito fondamentale per lo sviluppo della competitività. In questo contesto, è evidente che la Digital Trasformation, intesa come digitalizzazione dei processi ed evoluzione della catena produttiva, sta contaminando anche il settore della manutenzione anche se a volte non in maniera consapevole. Il cambiamento in corso interessa inevitabilmente l’impresa a tutto tondo, nei propri modelli di business, organizzativi e produttivi. E’ bene però osservare che le competenze tecniche, per quanto necessarie, non sono più (da sole) sufficienti, come non lo è più il semplice investimento in tecnologia, che ormai da solo “non garantisce il raggiungimento e il mantenimento di un vantaggio competitivo; anche la forza lavoro deve essere opportunamente informata e formata”. Le principali società di recruiting, come cita il Rapporto “Randstad Research 2021” concordano infatti sulla necessità di sviluppare nuovi profili professionali in grado di gestire la crescente complessità tecnologica, ma anche sull’urgenza di riqualificare i profili già esistenti, all’insegna di una maggiore autonomia e del rafforzamento delle competenze trasversali o soft skills. L’orientamento di base è quello del lifelong learning, ossia dell’apprendimento continuo sia dal punto di vista dei lavoratori, in quanto le nuove competenze necessarie si manifestano molto più velocemente di quanto ci mettano le vecchie a scomparire, sia da quello delle aziende, che dovranno selezionare i propri collaboratori non tanto e non solo sulla base delle conoscenze acquisite, bensì valutando la loro capacità di apprendere competenze nuove. In questo senso, crediamo soprattutto nell’importanza di una collaborazione sistemica fra il mondo delle imprese e il mondo della formazione (istituti superiori, università, ITS), al fine di concentrare le risorse e di creare profili in linea con il mercato già nel momento dell’uscita dai percorsi di istruzione istituzionali. Le professioni più richieste negli ultimi anni evidenziano il crescente interesse verso i cosiddetti profili ibridi, cioè ruoli caratterizzati da una forte competenza tecnica, ma anche da spiccate competenze relazionali come la capacità di lavoro in team, il problem solving, la comunicazione; addirittura, si prevede una crescita a doppia cifra nella richiesta di tali figure, caratterizzate da forti abilità di giudizio e di analisi. In effetti, la realtà in cui viviamo è ormai invasa dalla tecnologia in ogni suo aspetto. Se allora la tecnologia potrebbe essere destinata paradossalmente ad utenti sempre meno specializzati in un contesto d’uso sempre più ampio, si intuisce che anche che alle professioni più tecniche, come il manutentore, saranno richieste sempre più competenze trasversali e non solo tecniche, per sviluppare empatia nei confronti dell’utente finale e sapersi coordinare all’interno di un team di progettazione interdisciplinare. A tutto ciò si aggiunge, inevitabilmente, la necessità di potenziare le competenze digitali in ambienti complessi, cioè le capacità di interagire con dimestichezza e spirito critico con l’ICT, diventate imprescindibili anche per professioni in cui prima non erano determinanti.
Manutenzione del futuro: La formazione sarà esperienziale
Poiché l’evoluzione non si può fermare e non si deve farmare, la domanda che ci si pone è: chi si occupa di manutenzione, chi opera nel settore della manutezione sarà in grado di essere al passo di questa rivoluzione tecnologica?
La sensazione è che esiste ancora un certo divario tra chi ha accesso alla tecnologia e chi deve operare nel campo, così come evidenziato dal Digital Economy and Society Index (DESI 2022). Occorre, pertanto, avviare un processo in cui la formazione dovrà puntare in prima battuta sulla tecnologia, sulla digializzazione. Ancora, l’apprendimento costante (continuous learning) dovrà rappresentare un obiettivo cruciale per tutti i lavoratori. La formazione del personale è un pilastro ineludibile dell’evoluzione organizzativa dell’azienda. Si tratta, infatti, di un’esigenza concreta paragonabile (per i più lungimiranti) alla necessità di disporre di nuovi macchinari produttivi quando si prevede che la domanda di mercato cresca. I cambiamenti che impatteranno maggiormente sulle imprese nei prossimi 5-10 anni mostrano la necessità di specialisti in grado di ottimizzare i processi di manutenzione e di controllarne i costi. In ottica di digitalizzazione, quando parliamo di manutenzione bisognerebbe essere consapevoli dell’importanza di cogliere tutte le sfide digitali al fine di “portare” la manutenzione ad un livello superiore, che punta all’eccellenza ed all’innovazione. La digitalizzazione nell’ambito della manutenzione consente, infatti, la connettività delle macchine, degli operatori e il monitoraggio diretto delle macchine. Ma richiede anche nuove competenze.
Piattaforme software per condividere competenze tra gli operatori geograficamente distribuiti a supporto delle attività di manutenzione (sfruttando le opportunità offerte dalla Mixed Reality e dalla Augmented Reality e dagli strumenti di IoT) potrebbero rappresentare una delle nuove diverse modalità di interazione degli addetti alla manutenzione. Oggi, infatti, grazie alla digitalizzazione nel settore della manutezione è possibile fornire nuovi metodi di apprendimento per il personale, addestrando per esempio un tecnico ad utilizzare un macchinario senza che questo sia mai a contatto con il veicolo reale. Soluzioni che consentono di migliorare la formazione dei dipendenti, di fornire in tempo reale istruzioni per il montaggio e la manutenzione di un componente incrementando così il livello di competenza, sicurezza ed efficienza complessiva.
In definitiva, la tecnologia si sta declinando per rispondere agli standard di qualità e di sicurezza richiesti all’interno di uno scenario produttivo complesso, garantendo una riduzione dei tempi di formazione e un miglioramento della qualità dell’addestramento. La nuove soluzioni digitali consentono e consentiranno così un approccio learning by doing per formare le competenze; per gestire le criticità on site con l’ausilio di informazioni erogate in real time; per favorire l’ntegrazione diretta con smart tools per raccogliere i dati senza interrompere il work flow; oppure per gestire i dati in cloud e consentire la tracciabilità degli interventi ed analisi ex-post dei dati.
Ci si potrebbe a questo punto chiedere come la tecnologia impatterà sulle aziende e qual è la reale funzione dell’utilizzo della tecnologia. La risposta a nostro avviso che meglio sintetizza la questione è la consapevolezza che quello che stiamo vivendo è un momento epocale. La rivoluzione digitale è così profonda da investire l’essenza stessa della realtà. In quest’ottica, l’evoluzione ed il futuro passano attraverso le persone e la “trasformazione” delle competenze secondo un approccio human-centric, per abilitare la cooperazione uomo-macchina puntando sulla sostenibilità e sulla resilienza dei sistemi. Non sarà, a nostro avviso, una sola tecnologia a risolvere le grandi sfide del settore manuntentivo, ma piuttosto una integrazione di tecnologie che porterà verso una collaborative industry caratterizzata da cross transversal skills che consentiranno di gestire sistemi complessi in modo sempre più efficace ed efficiente.
Fabio De Felice, Professore, Università degli Studi di Napoli “Parthenope”
Antonella Petrillo, Dipartimento di Ingegneria, Università degli Studi di Napoli “Parthenope”