a cura di Maurizio Cattaneo, Amministratore, Global Service & Maintenance
Lo scorso 16 dicembre si è tenuta a Milano la Conferenza Nazionale dell’Industria del Riciclo. Organizzata dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile (Edo Ronchi) e dal Conai con il supporto di Pianeta 2030 (Corriere della Sera).
Riparazione, riuso e riciclo sono strettamente correlati dato che spesso la riparazione è l’evento che precede la rimessa in servizio di un prodotto altrimenti destinato a essere smaltito in discarica. L’evento che scongiura un fine vita drammatico.
Contrariamente a ciò che si considera parte dei luoghi comuni sul nostro paese, il Sistema Italiano del Riciclo è una eccellenza di livello europeo. E in Romagna, regione nella quale vivo, ci sono esempi virtuosi di recupero di oggetti destinati al riuso e al riciclo, con o senza necessità di riparazione. Il più antico è una comunità di artisti riparatori che fanno manutenzione trasformando poi gli oggetti in opere d’arte, una sorta di Upcycling ante litteram. Si chiama Mutonia ed è situata in una ex cava di ghiaia di proprietà demaniale nei pressi di Santarcangelo di Romagna, sulle rive del fiume Marecchia. La filosofia di base che lega questa comunità è il riuso. Qui ogni oggetto acquisisce una seconda vita e diventa arte.
Mutoid Waste Company è stata fondata da Joe Rush e Robin Cooke a Londra a metà degli anni Ottanta. Due artisti che iniziarono a girovagare per l’Europa finché nel 1989 si stabilirono definitivamente a Santarcangelo dando vita a Mutonia.
La collaborazione delle multiutility con gli istituti tecnici tecnologici, e in particolare il Guglielmo Marconi di Forlì, ha portato alla creazione di luoghi di recupero e di riciclo di oggetti altrimenti destinati a rifiuto. La partecipazione attiva dei ragazzi delle scuole e del FabLab Romagna fa ben sperare che questi approcci virtuosi siano recepiti dalle giovani generazioni e perseguiti anche nella età adulta.
Poi, certo, ci sono le imprese specializzate nel riciclo dei rifiuti: le 4800 imprese che nel 2020 hanno trattato 65 Mt delle quali 54 Mt sono state riciclate, generando un valore che supera i 10,5 miliardi di euro impiegando circa 240 mila addetti.
A 25 anni dall’entrata in vigore del D. Lgs. 22/97 (Decreto Ronchi), in Italia nella raccolta differenziata dei rifiuti urbani si è passati dal 9% del 1997 al 63% del 2020, e nello stesso periodo il riciclo dei rifiuti speciali è salito da 13 Mt a 112 Mt.
Tornando al territorio, un’altra iniziativa aperta recentemente a Rimini ha preso spunto da “Cambia il Finale”, un progetto promosso dalla multiutility locale che opera in tutta l’Emilia-Romagna coinvolgendo 89 comuni e 18 enti no profit. Nel 2021 Cambia il Finale ha operato 5.900 ritiri a domicilio con un totale di oltre 600 tonnellate di ingombranti avviati a riuso.
E allora la Manutenzione?
La Manutenzione non è solo una pratica per sistemare gli oggetti e renderli fruibili nel tempo. È uno stile di vita. È un modo di affrontare la vita e le cose che va appreso sul piano culturale, altrimenti in cosa si differenzia dalle molte discipline legate ai sistemi sottostanti?
Elettronica, elettrotecnica, idraulica, pneumatica, meccanica sono “mestieri”, per citare solo i più comuni, che in una ipotetica matrice attraversano i “sistemi tecnici” sottostanti alle azioni manutentive. Sono numerosissime le tecniche specialistiche per “mestiere” o per “sistema tecnico” o per una combinazione di entrambi. Si studiano, si applicano, sono molto utili nella fase di diagnosi e ripristino delle apparecchiature, ma la manutenzione è anche altro.
In un certo senso la Manutenzione si serve di queste tecniche per affrontare i malfunzionamenti e le conseguenti ansie del quotidiano, ma poi, appunto, c’è anche tanto altro.
Se ne accorsero gli ingegneri del British Standard che agli inizi degli anni ’70 per definire la Manutenzione avevano con lungimiranza coniato un neologismo “Terotecnologia” derivato dal greco antico θέρος o più modernamente τηρέω che significano osservare, vigilare, ma anche conservare, una tecnologia della conservazione, appunto.
La Terotecnologia venne definita come un insieme di management, finanza, ingegneria, e altre discipline applicate ai beni fisici di un’azienda allo scopo di ottenerne il maggior rendimento a vantaggio sia dell’azienda sia degli utilizzatori.
La Cultura Manutentiva è il soggetto di tante iniziative volte a diffondere questo insegnamento a livello degli utilizzatori e dei cittadini. La manutenzione della città, un tema spesso affrontato anche da famosi architetti come Gianfranco Dioguardi e Renzo Piano con la realizzazione dei “Laboratori di Quartiere” come luoghi di diffusione del sapere manutentivo a livello popolare. Un movimento che ha avuto riscontri anche nelle fabbriche con il trasferimento di semplici attività manutentive dal manutentore professionale al conduttore di macchina (TPM).
Il motivo è semplice ed è molto simile all’attuale tendenza a preferire la produzione locale di energia in luogo della produzione centralizzata, a considerare nell’uomo l’intelligenza distribuita di intestino e colonna in collaborazione con l’unità centrale corticale. All’idea che spinse E. F. Schumacher nel 1973 a scrivere “Piccolo è bello”, la svedese ABB ad orientarsi verso il decentramento delle unità operative. O ancora in molti piccoli comuni italiani il “Controllo del Vicinato”.
Si può riassumere con una frase: quattro occhi vedono meglio di due.
Ecco, quindi, che la Manutenzione, avendo una dimensione “Totale” come ci hanno insegnato per primi i giapponesi oltre 40 anni fa, ha nel suo DNA un “Modello Culturale”.
Singolari sono gli argomenti di un gruppo di Makers forlivesi dai nobili obiettivi che cito a braccio: Promuovere la cultura digitale, Sviluppare e diffondere lo spirito della Economia Circolare, Divulgare le discipline STEM, Costruire e Sperimentare prototipi per il risparmio e l’efficienza energetica, Stimolare la creatività dei Makers … e tanto altro.
E se la Manutenzione entra nel lessico dei nostri giovani e dei cittadini forse dobbiamo pensare che il futuro sarà molto meno problematico di quello che possiamo immaginare oggi, nonostante la crisi climatica, l’inquinamento, le pandemie, l’inflazione e l’inevitabile “melting pot” che partito come problema potrebbe diventare in futuro una delle soluzioni.