Risparmiare con il TPM

Ottenere vantaggi economici con il Total Productive Maintenance è possibile solo se si applicano le corrette strategie

  • Maggio 14, 2014
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  • Impianto con Fotocellule di sicurezza ad intervento immediato ma senza ripari per ripristini rapidi
    Impianto con Fotocellule di sicurezza ad intervento immediato ma senza ripari per ripristini rapidi

 

Il TPM (Total Productive Maintenance) è nato all'origine come approccio per gestire gli impianti ed i relativi costi di manutenzione. Nel tempo questo approccio si è evoluto tanto che oggi molti gruppi internazionali lo adottano come approccio strategico per tutte le funzioni dell'azienda.

 

Ormai si parla sempre più di WCM (World Class Manufacturing), approccio che recepisce tutte le tecniche del TPM ma che "entra" in azienda dal punto di vista dei costi analizzandoli e riducendo tutte le causali che "non aggiungono valore". Nella corsa ormai spasmodica della riduzione dei costi - unica via per mantenere margini di profitto rispetto a prezzi che vengono continuamente ribassati dalla concorrenza a livello mondiale - le attività importanti sono quelle che hanno o che aggiungono "valore" al prodotto determinato dal cliente con le sue preferenze. Un cliente ormai difficile, spietato, esigente perché vuole prodotti personalizzati, in quantità ridotte, consegnati in tempi brevi a costi sempre più bassi.

 

A riflettere bene il TPM aiuta moltissimo a ridurre soprattutto tutti quei costi che una volta venivano definiti "indiretti", perché non riguardavano direttamente la composizione del costo di prodotto (tipicamente concepito come somma di materiali e di manodopera).

 

Grazie al TPM è possibile ad esempio ridurre le scorte in azienda. Le scorte servono soprattutto a rendere compatibili la necessità di avere valori accettabili di efficienza da parte della produzione con la richiesta delle vendite di avere sempre la merce pronta; oppure per compensare variabilità o anomalie ritenute inevitabili ( guasti, difetti, avviamenti ecc.). Il "nocciolo" del tema consiste nel ribaltare completamente la logica adottata per compensare queste variabilità:

  • I tempi di attrezzaggio e/o di avviamento dell'impianto sono lunghi e pertanto la produzione vuole "ripartirli" su un lotto abbastanza grande? La soluzione vera è che bisogna ridurre questi tempi di 3, 4 anche 10 volte permettendo così di produrre lotti anche 10 volte più piccoli senza per questo aumentarne i costi.
  • Le scorte sono necessarie perché le macchine si guastano? La soluzione vera è porsi l'obiettivo di "zero guasti", cosa possibile avviando programmi di manutenzione con logiche di gestione avanzate, coinvolgendo le risorse della produzione. Oggi si parla ormai diffusamente di Manutenzione Autonoma.

La manutenzione autonoma affida all'operatore una serie di operazioni semplici di manutenzione (pulizia, ispezione, lubrificazione, serraggio) e ormai, considerando che gli operatori spesso hanno una scolarizzazione maggiore, anche piccoli interventi di Manutenzione.

 

Cambia così l'organizzazione del lavoro: l' "operatore ideale" è una risorsa preziosa che diventa "pentavalente":

  1. Conduttore della "sua" macchina
  2. Controllore della "sua" produzione
  3. Manutentore delle "sue" attrezzature ed impianti
  4. Propositore delle "sue" idee di Miglioramento
  5. Coordinatore delle "sue" attività per raggiungere giorno per giorno gli obiettivi di produttività ricevuti

Si realizza così l'evoluzione dalla "manutenzione autonoma" alla "manutenzione integrata" sempre più "incentrata" nel personale di produzione.

 

Con il ridimensionamento dei consumi molte aziende si ritrovano con impianti di capacità sovrabbondante che continuano a gestire con le logiche "tradizionali".

 

Ormai è chiaro che la gestione ordinaria degli impianti va affidata agli operatori, ai quali dovrà essere riservata grande attenzione non solo per "coinvolgerli" ma anche per "motivarli", mentre il vero compito dell'ente manutenzione è di adattare le macchine alle nuove esigenze:

  • rendendole più flessibili = facili da riattrezzare;
  • più affidabili = facili da manutenere;
  • riducendo il più possibile tutto ciò che può essere "superfluo" per le nuove necessità;
  • eliminando con determinazione tutto ciò che è "inutile".

Il risultato a tendere è di avere impianti facilmente accessibili, trasparenti (se occorrono dei carter di protezione), automatizzati "quanto basta" per facilitare il lavoro di quell'"operatore pentavalente" che la governa con il "minimo" della fatica ed il "massimo" della produttività.

 

Si trovano così macchine ormai prive degli accessori che non sono utilizzati, prive di carter sostituiti da barriere fotoelettriche, "scarnite" per realizzare le funzioni richieste col minimo di configurazione necessario. E' anche così che si realizza l'obiettivo "zero guasti": eliminando quello che non serve si diminuiscono i particolari di cui è composta la macchina e quindi "c'è meno roba che si può rompere"! È ovvio il vantaggio che si persegue anche dal punto di vista delle ispezioni, dei ricambi e del  magazzino di manutenzione.

 

Il TPM in tal modo realizza una visione del personale che solo pochi anni fa era considerata "rivoluzionaria". Il più grande spreco in azienda erano i "cervelli" delle persone. Nelle aziende "tradizionali" normalmente solo il 10-15% del personale aveva il compito di pensare al miglioramento: il TPM dà questa possibilità a tutti, proprio perché parte dal presupposto che nessuno conosce il modo di migliorare il lavoro come chi lo svolge giorno per giorno!

 

Questa visione, che è stata subito percepita e resa propria da molte aziende, ha fatto sì che partendo con un programma TPM si desse molta enfasi al coinvolgimento delle persone ed al loro cambiamento culturale.

 

Errore comune ad alcune multinazionali è stato che, dando troppa enfasi al cambiamento di "cultura" e ai comportamenti, hanno trascurato di perseguire con altrettanta enfasi degli obiettivi tangibili, col risultato che l'approccio si è molto "burocratizzato" rendendo tutto "pesante" da implementare e smorzando gli entusiasmi che erano nati sull'onda della novità.

 

I giapponesi, ed anche il nostro Aristotele, invece ci insegnano che bisogna imparare soprattutto "facendo" e che per promuovere coinvolgimento bisogna spingere le persone verso "cose pratiche". Una volta verificato che i nuovi concetti funzionano, si può passare ad un approfondimento metodologico che "razionalizzi" quanto si è imparato, senza mai esagerare con la parte burocratica!

 

Chi ha provato davvero ad applicare il TPM ha consuntivato risultati di tutto rispetto:

  1. Riduzione dei tempi di attrezzaggio fino al 70-90%
  2. Riduzione delle scorte dal 30-50%
  3. Riduzione del Lead Time (tempo di attraversamento) degli ordini in produzione anche del 50 - 75%
  4. Eliminazione di intere aree destinate ai magazzini con risparmi di affitto e noleggio
  5. Aumento dell'Efficienza Globale degli impianti anche del 100%, passando dal 30% al 65-70% . E chi stava già al 60-70% ha incrementato ulteriormente arrivando ad oltre l'80-85%.
  6. Le aziende più virtuose hanno raggiunto livelli di emissioni molto ridotti realizzando, con investimenti molto più bassi del "normale" , impianti rispettosi dell'ambiente.
  7. C'è infine da considerare che un impianto che passa da un'efficienza del 50% al 75% realizza, a parità di produzione, un risparmio energetico di circa il 30%.

Negli uffici e nelle aree diverse dalla produzione le tecniche utilizzate sono comuni anche ad altri approcci (che hanno nomi diversi), ma in definitiva quello che è importante non è tanto come chiamarli quanto applicarli concretamente ed in modo diffuso.

 

Si possono notare negli uffici e nelle sale riunioni tabelloni che illustrano gli obiettivi aziendali o di area con grafici chiari del loro andamento e con le attività pianificate, le priorità da gestire, i progetti per il miglioramento, gli schemi con la semplificazione di procedure: ovunque traspare ordine, pulizia e soprattutto pochi "mucchi" di carta!

 

Quest'ultima osservazione può essere anche un "punto di controllo": "se camminate nella vostra azienda, negli uffici così come nei reparti, quanti mucchi (di qualsiasi genere) osservate?" Ricordatevi che osservando bene e chiedendosi "perché c'è il mucchio?", la risposta rivelerà il problema che il mucchio nasconde.

 

Per i tempi di realizzazione e soprattutto per mantenere alto il coinvolgimento delle persone è fondamentale adottare forme organizzative dei Team che siano efficaci e concrete. Se occorre verificare se un'idea è valida, è importante "provarla" subito: è uno dei pochi modi che conosco che permettono di dare una risposta corretta a un'idea in poco tempo, senza cascare in "discussioni" teoriche o di metodo, molto spesso inconcludenti. In tre ore si può senz'altro provare un'idea semplice, mentre non basta spesso una discussione di tre ore per stabilire "chi ha ragione".

 

Ecco un altro dei segreti del TPM: le idee devono essere possibilmente semplici, facilmente realizzabili, efficaci per l'obiettivo posto e poco costose.

 

Difficile? Chi ha provato a mettere insieme 4-5 persone e a stimolare la loro creatività nel proporre delle idee per la risoluzione di un problema sa bene che superata la soglia critica delle prime 4-5 idee, "scontate e comuni per chi è del mestiere", proponendo nuovi schemi di pensiero e di logiche alternative è possibile ottenerne molte di più, fattibili e spesso anche "originali", in poche decine di minuti.

 

Il "provare subito", realizzando un prototipo o una simulazione, permette di verificare l'efficacia e quindi di confermare la validità dell'idea. La conferma gratifica chi ha proposto l'idea e motiva lui, ma anche i suoi compagni di team, a generarne altre, innestando così un processo "virtuoso" dove non c'è più la "ricerca del colpevole" e della "scusa che giustifica il problema" ma la "gara" a chi propone delle soluzioni valide.

 

Possiamo quindi affermare che il TPM, se applicato bene, è il "toccasana" che risolve tutto?

 

Rispondo con una metafora: "Immaginiamo di dover ristrutturare un palazzo e che questo palazzo abbia diverse entrate al piano terra e sia sviluppato su più piani: si può entrare da una qualsiasi delle porte perché una volta dentro si dovrà comunque vederlo tutto".

 

Il palazzo è l'azienda, le porte rappresentano i "punti d'ingresso" tipici di ogni approccio, se si entra con il TPM, spesso preferito dalle aziende dotate di assets produttivi importanti, una volta avviato il programma di miglioramento occorrerà ristrutturare tutti gli ambienti utilizzando, di volta in volta, le tecniche più adatte.

 

 

Vincenzo De Falco,

Consulente TPM, Gruppo Galgano

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