La redazione di Manutenzione T&M ha visitato la sede italiana di Siveco Group, a Cinisello Balsamo (MI). Dal 1986 l’azienda sviluppa software per la gestione della manutenzione, ed è oggi uno sviluppatore chiave in Francia e in tutto il mondo. Con il 18% del fatturato investito ogni anno in Ricerca e Sviluppo, è soprattutto nella crescita del mercato italiano che l’azienda scommette per il futuro.
Dott. Fichera, Siveco Group ha recentemente superato i trent’anni di età. Ci può raccontare brevemente la storia dell’azienda e i passi fondamentali che le hanno permesso di confermarsi un riferimento per il CMMS in Europa e nel mondo?
Siveco è stata creata in Francia nel 1986, periodo nel quale i pc si affacciavano al mercato di massa e quando ancora non esistevano le reti locali (LAN) che sarebbero nate di lì a poco. A fondarla fummo in tre, dedicandoci principalmente alla distribuzione di un pacchetto di soluzioni di un’azienda inglese, in quel momento leader di mercato.
L’esperienza acquisita nei due anni successivi ci ha fatto assumere sempre più la consapevolezza delle grandi potenzialità offerte dal mercato, che ci spingeva ad allargare i confini oltre il territorio francese. Dal 1989 al 1992 abbiamo così deciso di spostarci in India, dove abbiamo iniziato a sviluppare i nostri primi software.
Quindi abbiamo pensato di cogliere le opportunità offerte dalle aperture di nuovi mercati, e dal 1992 abbiamo investito in Romania mantenendovi il centro tecnologico fino al 2000.
Col nuovo millennio siamo rientrati in Francia, a Montpellier, dove abbiamo creato il nostro centro di Ricerca e Sviluppo.
In tutti questi anni, parallelamente, ci siamo mossi anche a livello commerciale aprendo diverse filiali in Europa – nello specifico in Inghilterra, Benelux, Grecia e Italia – quindi in Africa (Tunisia), in Sudamerica (Brasile) e in Asia (Cina).
Sommando a queste la nostra rete capillare di partner sparsi in Africa e in altre parti del mondo oggi posso confermare che livello globale lavoriamo in circa 60 paesi, con 22 lingue supportate.
Come siete riusciti ad ottenere questa diffusione così capillare in un mercato complesso e in costante evoluzione come quello della manutenzione?
I motivi sono diversi. Uno è quello di aver sempre avuto, fin dall’inizio, una clientela fatta principalmente di multinazionali. Dover seguire questa tipologia di clientela è stato, ed è, uno sforzo importante sia dal punto di vista commerciale – perché la nostra attività è tutta autofinanziata – che tecnologico, ma anche molto formativo. La multinazionale infatti non è fatta solo di grandi stabilimenti, ma anche di piccole realtà. Eppure le stesse funzionalità devono essere usate facilmente per tutte le tipologie di dimensioni della stessa azienda.
In questi casi, il fatto di poterci dotare di una forza lavoro formata in ambito manutenzione è un grande vantaggio rispetto ad altri concorrenti, che per la maggior parte venivano e vengono dal mondo dell’IT.
Per questo possiamo vantarci che i nostri progetti funzionano non soltanto perché siano tecnologicamente adatti al mercato ma anche perché i nostri consulenti hanno una spiccata formazione manutentiva. Ciò significa che nella fase progettuale – la più delicata – siamo anche in grado di dare consigli al cliente con cognizione di causa e intervenire già in questa fase se necessario. Questo è fondamentale perché poi durante la creazione di un progetto basta sbagliare un dettaglio per creare problematiche importanti. Ecco perché è indispensabile affiancare chi ha competenza pratica del mestiere.
Consideriamo poi che quello della manutenzione è un campo estremamente vasto: oltre alla manutenzione in senso stretto, c’è l’attività legata alla gestione del magazzino, quella legata agli acquisti, ai flussi contabili, al budget ecc. Sono tantissime le competenze che bisogna avere.
Questa trasversalità si rispecchia all’interno del nostro gruppo, dove abbiamo esperti di informatica, sviluppatori, consulenti che svolgono la parte pratica sul campo ecc.
Negli anni avete stretto importanti accordi con numerosi clienti. Ce ne può indicare qualcuno in particolare?
Partiamo da un presupposto importante: la manutenzione ha il vantaggio di essere un’attività estremamente omogenea, attraversa tutti i settori. Il nostro pacchetto CMMS COSWIN è standard e si adatta praticamente a tutte le realtà industriali e terziarie. Questo è l’elemento base che ci consente di poterci aprire a più mercati. Poi ovviamente ogni settore ha le sue specificità, ma le problematiche spesso sono affini.
Il nostro primo cliente è stato il Centro Spaziale in Guyana Francese (lo è ancora oggi). Siamo ovviamente molto forti in Francia: qui abbiamo vinto la gara per la manutenzione delle circa 3200 stazioni della SNCF [le ferrovie statali francesi, ndr], tutti i centri Carrefour in Francia (circa 850), abbiamo una storica sinergia con Naval Group (ex DCNS) per la gestione dell’infrastruttura dei porti con cui svolgono la manutenzione del loro cliente che è la marina militare francese. Il nostro Coswin gestisce anche la manutenzione di tutti questi vascelli Non solo, con Naval Group imbarchiamo anche il Coswin sulle navi che loro vendono ai loro clienti export, ossia marine militari straniere..
Un mercato che ci dà molte soddisfazioni è anche quello africano, con tutte le centrali elettriche dell’Algeria gestite per la manutenzione tramite Coswin. Anche in Italia ci occupiamo di diverse centrali elettriche, oltre a ricoprire alcuni incarichi altrettanto importanti come la gestione della parte immobiliare dei beni della Banca d’Italia. Tra i molti altri clienti, ci sono Ansaldo, Magneti Marelli, ABB ,Leonardo, Cefla SA, Adrigas...
A proposito di Italia, la filiale italiana compie 21 anni nel 2018. Quali sono le caratteristiche del mercato italiano rispetto a quello degli altri paesi e quali settori sono più ricettivi rispetto alla vostra soluzione Coswin 8i?
A livello europeo il mercato italiano è il più industrializzato, dopo quello tedesco, ma è anche quello dove maggiore è il numero di piccole e medie imprese indipendenti. Quindi bisogna anche saper occupare il territorio in maniera diversa, in modo da essere il più vicino possibile ai clienti. Rispetto al resto d’Europa c’è quindi una sostanziale differenza di approccio al cliente: se ad esempio in Francia c’è una maggior tendenza alla centralizzazione, per cui si può trattare direttamente con la sede di una multinazionale e installare allo stesso modo programmi e soluzioni in tutti gli altri stabilimenti del gruppo, in Italia ogni singola azienda ha la sua cultura e le sue diverse problematiche, quindi è necessario avvicinarsi ad essa, capirne le problematiche ecc.
D’altra parte, il fatto che l’aspetto gestionale in Italia sia meno centralizzato si traduce in un grande vantaggio, quello della flessibilità, che permette all’industria del paese di assorbire più rapidamente i cambiamenti e le novità tecnologiche. Le aziende piccole e indipendenti sono inoltre capaci di prendere decisioni e svilupparsi più in fretta, cosa che le grosse strutture non riescono a fare con altrettanta rapidità.
Tuttavia l’industria italiana, più di altre realtà, soffre di un problema culturale, quello dell’utilizzo dell’ERP anche per l’ambito manutenzione. Una tendenza molto diffusa, che deriva da questioni di presunta comodità più che di effettiva efficienza. Posso affermarlo per esperienza: più di una volta è capitato che alcuni nostri clienti abbiano rinunciato inizialmente al Coswin perché avevano l’ERP già installato in azienda e il management abbia deciso di utilizzare solo quello. Dopo qualche tempo loro stessi hanno capito la necessità di tornare a utiliz zare il Coswin, dopo essersi ridotti nella maggior parte dei casi a svolgere il lavoro in Excel.
Questo problema deriva, a monte, dal fatto che spesso investire in manutenzione viene considerato uno spreco di denaro anziché un investimento. E quindi, ogni qual volta vengono pianificati dei progetti importanti, buona parte del budget viene assorbita dentro il gruppo dal comparto finanziario/risorse umane, per cui quando si arriva a discutere della parte manutenzione non ci sono più soldi. In questo senso c’è bisogno di maggiore elasticità mentale, specie nel mondo di oggi, che va sempre più veloce.
Siveco investe ogni anno circa il 18% del fatturato in ricerca e sviluppo. Avete da poco inaugurato un centro R&D a Catania, il TCI. Da dove nasce l’idea di investire in questo polo proprio in Italia? E che ritorno vi aspettate da questa scelta?
È una scelta in controtendenza, un po’ come tutta la nostra storia: quando l’abitudine era sviluppare in Europa noi siamo andati in India, quando siamo tornati in Europa andava di moda l’Off-Shore. C’è ovviamente una ragione strategica: anzitutto stiamo crescendo molto in Italia, abbiamo raddoppiato il fatturato negli ultimi tre anni e nei prossimi tre pensiamo di fare la stessa cosa. Per il gruppo, l’Italia è diventato il secondo mercato. Perciò destinare al territorio italiano una parte dedicata allo sviluppo tecnologico, dopo aver già dislocato vendita e consulenza, era un passaggio necessario.
Inoltre a livello territoriale eravamo già molto presenti dal Nord Italia fino a Napoli, passando per Roma. Ci mancava il profondo Sud.
Ma non è solo questo il motivo per cui abbiamo scelto la Sicilia e Catania. C’è anche una componente altrettanto strategica, che è quella della qualità della vita. Ed è lo stesso motivo per cui abbiamo stabilito il Centro di Ricerca francese a Montpellier anziché a Parigi. Perchè la gente che ha un lavoro, a parità di condizioni lì vive meglio. Questo ci garantisce anche una maggior stabilità delle risorse, e per noi è fondamentale riuscire a mantenere al minimo il tournover del personale. Oltretutto a Catania c’è un eccellente polo universitario di Scienze Tecnologiche, e i giovani neolaureati sono contentissimi di lavorare nel proprio territorio. Come da nostra filosofia inoltre anche il centro è autofinanziato, senza alcun contributo esterno. Abbiamo cominciato con 4 unità impiegate a fine 2017 e contiamo di arrivare a 10 entro fine 2018. In linea con l’evoluzione del mercato stiamo puntando a centralizzare a Catania anche tutta l’attività di supporto per i nostri clienti italiani.
Il tema dell’Industry 4.0 si sta via via radicando nella cultura aziendale, e in questo passaggio il ruolo dei software di manutenzione è fondamentale. Dal vostro punto di vista quanto il mercato è pronto oggi a passare una “manutenzione 4.0” e quanto invece c’è ancora diffidenza/difficolta a comprenderne appieno i vantaggi/metterla in pratica?
Quella dell’Industry 4.0 è effettivamente una realtà che si sta ormai diffondendo anche nella nostra vita quotidiana; tutto è sempre più automatizzato, stiamo diventando sempre meno proattivi nell’attesa che siano i dispositivi a dirci cosa dobbiamo fare. Lo Smartphone è diventata ormai quasi un’estensione di noi stessi, senza ci sentiamo persi.
Nell’industria stessa questa è un’evoluzione inevitabile. Quasi senza rendercene conto, i fornitori cominciano a proporre di default macchinari capaci di comunicare tra loro. Poi c’è anche la spinta derivata da un mercato che investe nell’innovazione, perché quando il mercato è saturo è solo innovando che si possono ottenere nuovi guadagni.
Noi da diversi anni stiamo rispondendo a questi input, ma ultimamente stiamo decisamente accelerando perché il mercato è finalmente pronto per questo, e sono i clienti a chiedercelo.
In realtà se ci pensiamo è come un cerchio che si chiude: da quando lo Smartphone è entrato nelle nostre vite, è la massa a dettare le regole al mercato dell’industria. In passato era l’ambito industriale a dire al pubblico come agire e cosa comprare, oggi in un certo senso si è rovesciato questo paradigma. La gente non vuole quasi più scrivere a mano, vuole parlare, comunicare tramite immagini, avere i dati direttamente dalla macchina e il mercato si regola di conseguenza.
Nello specifico, su quali direttrici sta investendo maggiormente Siveco in ottica 4.0?
Al momento ci concentriamo su tre grandi linee di sviluppo operativo: il BIM, ormai del tutto utilizzato anche nell’industria, è completamente integrato con le norme IFC al Coswin; permette di navigare in 3D e poi interagire graficamente con i dati all’interno del sistema. È un asset che stiamo sviluppando con intensità perché la domanda è forte in questo campo.
La seconda riguarda i SIG per la geolocalizzazione, anch’essi completamente integrati col Coswin. Sono sistemi necessari per le linee ferroviarie, elettriche, per i contatori intelligenti di luce e gas, sono in grado di comunicare con noi quando c’è un disfunzionamento, e offrono la possibilità di pianificare l’intervento manutentivo.
Terza linea di sviluppo è quella riguardante l’IoT, un mercato che sta crescendo molto velocemente e forse al momento in maniera confusa, dove spesso si naviga ancora a vista perché non offre soluzioni standard, ma decisamente eterogenee: dal fornitore che ha già la macchina con la sua intelligenza integrata a quello che vuole installare il sensore senza fili, senza contare le tante variabili come il livello di comunicazione disponibile (wifi o ethernet, LoRA...), gli obiettivi, oltre a tutto il problema dell’analisi dei dati, che riguarda chi fa questa analisi, con quale intelligenza ecc. È un territorio ancora relativamente vergine, ma noi in questo campo stiamo cominciando a sviluppare i presupposti per poter esserne protagonisti.
In questo caso ci stiamo muovendo a livello di singolo paese, perché abbiamo situazioni diverse e molto specifiche in ogni territorio. Molte soluzioni IoT sono inoltre in Cloud, ma non tutti sono disponibili a utilizzare questo sistema perché temono di perdere il controllo dei propri dati strategici.
In Italia abbiamo sviluppato un’offerta con un partner specializzato sulla parte hardware (installazione, sensoristica ecc.) in modo da fornire una soluzione chiavi in mano che dal sensore, dal dato e anche in locale, senza uscire necessariamente via SaaS, permette di gestire tutta l’attività.I sensori mandano i dati e Coswin IoT permette l’analisi di quest’ultimi e di creare automaticamente richieste e ordini di lavoro in caso di allarme. Il tutto evidentemente programmabile dal cliente stesso.
Ovviamente disponiamo anche di soluzioni SaaS, per cui offriamo la possibilità di gestione di questo tipo di infrastruttura informatica per i nostri clienti.
Direttamente legata al Coswin è la soluzione Nom@d. Quali sono le sue caratteristiche e i suoi benefici?
Già col Coswin di default riusciamo a lavorare senza fili e a livello touch, ossia su tablet. La soluzione Nom@d si aggiunge per supportare l’utilizzo in mobilità sugli Smartphone e lavorare in modo connesso o disconnesso. Questo perché non dappertutto ci sono le reti, spesso si opera in sottosuoli dove non c’è linea e dunque l’operatore deve essere in grado di lavorare anche offline.
È una soluzione che offre enorme flessibilità perché permette al lavoratore di accedere a tutti gli ordini di lavoro, i pezzi di ricambio, i piani e disegni scaricabili. È un modo di operare estremamente pratico, e per questo la volontà è di continuare a svilupparla, perché il margine è molto ampio e ci sono vari settori che chiedono applicazioni specifiche legate a tale tipologia. È una soluzione che probabilmente il Centro di Catania prenderà in carico come sviluppo futuro.
Organizzate periodicamente eventi con i vostri clienti e siete presenti alle principali fiere/convegni di settore. In un mondo sempre più digitalizzato, quale importanza hanno per voi e che tipologia di ritorno avete da queste manifestazioni? Continuerete a investirci anche nel 2018?
Sicuramente miriamo a confermare quanto fatto negli ultimi anni, cercando di essere presenti sul mercato per poter dare anche il nostro apporto a determinate argomentazioni. Proseguiremo anche quest’anno con l’organizzazione di eventi pubblici e fiere, e prepareremo anche un evento tutto nostro come già facciamo da due anni a questa parte: una giornata non tanto di semplice promozione, quanto più di condivisione culturale con un numero ristretto di persone. Lo sharing nel nostro ambiente è molto importante, nel senso di condividere problematiche e soluzioni. e anche programmare il futuro. È l’obiettivo che ci poniamo nel nostro campo. Industria e manutenzione 4.0 ce ne danno l’opportunità
In definitiva, quali sono gli obiettivi di Siveco Group per il prossimo futuro?
Continuare a mantenere quella flessibilità che rappresenta la chiave della nostra attività. Noi non siamo un integrator, ma un editor e come tale l’obiettivo è essenzialmente quello di far funzionare i nostri programmi presso i clienti. Un cliente che smette di utilizzare il Coswin, o è scontento, per noi rappresenta un fallimento. Semplificare la vita del nostro utilizzatore e rendere il suo lavoro più efficiente è ciò che vogliamo più di ogni altra cosa. E per questo che abbiamo creato COSWIN SMART GENERATION.
Alessandro Ariu