Mentre preparo questo editoriale siamo a pochi giorni dal 28 aprile, celebrata come “giornata mondiale della sicurezza sul lavoro”, un evento importante in primis per chi si occupa attivamente dell’argomento ma rappresentativo per tutti i lavoratori.
Quest’anno ricorre il 100mo anniversario dell’OIL –”Organizzazione Internazionale del Lavoro”, agenzia specializzata delle Nazioni Unite che raggruppa 181 stati membri ed ha come obiettivo il perseguimento della giustizia sociale e il riconoscimento universale dei diritti umani nel campo occupazionale, attraverso la promozione di un lavoro dignitoso – il cosiddetto decent work. L’organizzazione è conosciuta anche con acronimo inglese ILO – “International Labour Organization” ed acronimo francese OIT –”Organisation Internationale du Travail”. In occasione della giornata, verrà diffuso un rapporto globale con l’obiettivo di cogliere l’evoluzione dal 1919 ad oggi, ripercorrendo i fattori che hanno modificato questo settore: cento anni di lavoro, guardando al futuro attraverso gli importanti cambiamenti quali tecnologia, sviluppo demografico, sostenibilità, cambiamenti climatici e modificazioni dell’organizzazione del lavoro.
Purtroppo riscontriamo anche quest’anno un pessimo andamento: secondo gli Open Data diffusi da INAIL, in Italia nei mesi gennaio-febbraio 2019 le denunce d’infortunio sul lavoro sono state 100.290 (a fronte delle 96.121 nel 2018) con variazione del +4,33%, gli infortuni mortali si sono mantenuti pressochè costanti ed anche le denunce di malattie professionali assestate a 9.937 casi. In particolare si evidenzia che gran parte degli accadimenti sono avvenuti sul posto di lavoro e senza mezzo di trasporto.
In qualità di professionisti della manutenzione e sicurezza, di fronte a tale scenario dobbiamo scandalizzarci: mentre da un lato è indiscussa la maggiore adozione di strumenti per il miglioramento delle condizioni di lavoro, dall’altro lato non vediamo raccogliere in modo congruo ciò che viene seminato. Come più volte ribadito è necessaria maggiore consapevolezza dei vantaggi che possiamo trarre dall’uso di tali strumenti: non si tratta soltanto di seguire pedissequamente attività di certificazione ed adottare sistemi di controllo e monitoraggio, se poi rimangono inalterati fino al successivo audit, generando una pericolosa latenza di comportamenti errati. Una situazione è realmente sotto controllo, e come tale sicura, solo se siamo disposti a metterci in discussione ogni giorno, modificando i comportamenti che fino a poco prima sembravano idonei. Fare impresa è una attività in rapidissima evoluzione e richiede un costante riassetto degli equilibri, concetti quali prevenzione e sicurezza ne costituiscono una diretta conseguenza.
Come cittadini, prima che come lavoratori, dobbiamo pretendere che sia fatto il possibile per la tutela della nostra incolumità. Per indicare un esempio, l’analisi dei Near-Miss (o mancati infortuni) rientra a pieno titolo nella fase di verifica a valle dell’adozione dei sistemi che applichiamo in azienda; ma ancora, non dovremmo limitarci a farlo perché ce lo impongono direttive e sistemi di gestione, ma sfruttare la mole di informazioni che provengono da diversi accadimenti e focalizzare i reali fattori scatenanti, spesso occulti, ed individuare le contromisure necessarie alla loro eliminazione, o quantomeno riduzione.
W. Edwards Deming ci ha insegnato che con l’adozione di opportuni principi di gestione, le aziende possono aumentare la qualità ed essere reattive alla loro stessa evoluzione, diminuendone i costi. Tali principi (es. Ciclo di Deming - PDCA) vengono comunemente usati in ambito qualità ma riescono efficacemente a supportarci anche nella gestione della sicurezza, nella fase di individuazione ad attuazione di contromisure. Nessuno di questi sistemi implica necessariamente costose consulenze ma solo una predisposizione al cambiamento.
Il controllo della conformità delle attrezzature, anche quelle manuali, è un ulteriore campo applicativo, dove possiamo rapidamente controllare derive che nel tempo risultano difficili da individuare e risolvere. Un’ultima testimonianza che ho voluto inserire riguarda le insidie provenienti dall’ambiente di lavoro, dove soluzioni tecnologiche per la climatizzazione (Sistemi HVAC) ci consentono di migliorarne il comfort; se tuttavia ci limitiamo a solo investimento e messa in esercizio, trascurando invece una corretta valutazione dei rischi ed una efficace manutenzione possiamo incorrere in situazioni molto pericolose.
Come evidenziò d’altro canto una ricerca condotta da AIMAN, già nel 2000 il 75% degli infortuni avveniva per azioni condotte dagli stessi infortunati: a ben guardare le correnti statistiche la situazione non è cambiata, con errori comportamentali commessi tanto da lavoratori, quanto da preposti e dirigenti. Aggiungo che ancora una volta ci troviamo a constatare la manutenzione come fedele alleato della sicurezza: laddove esiste una cultura radicata in tale senso, incidenti, infortuni e patologie rimangono una rarità. Vorrei però che il concetto venisse esteso: se infatti è normale pensare alla manutenzione come serie di attività tecniche apportate su impianti ed attrezzature, essa è altrettanto importante se applicata a metodologie di gestione, all’aggiornamento di quello che chiamiamo burocrazia, a rendere i documenti sempre coerenti con quello che rappresentano.
L’habitus mentale che tutti dovremmo avere è la cultura manutentiva non limitata ad una sola fase, del mantenimento, ma costante per tutto il ciclo vita, a partire dalla progettazione fino alla dismissione, con particolare cura dei diversi elaborati grafici e documentali.
Trascurare questi passaggi è una deliberata scelta verso un percorso che nel medio o lungo termine pone a repentaglio la sicurezza dei lavoratori.
Fabio Calzavara, Coordinatore Regionale Triveneto A.I.MAN.