Stati generali, Cop26 e Manutenzione

Lo scorso novembre è stato teatro di numerosi interventi legati all’ecologia, alla transizione energetica e alle emissioni climalteranti che a partire dal contenimento del cd “effetto serra”, coinvolgono fenomeni devastanti come l’innalzamento de

  • Gennaio 14, 2022
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    Stati generali, Cop26 e Manutenzione

Il Cop26, evento annuale che fa il punto sulle problematiche legate al cambiamento climatico, sotto questo aspetto non ha bisogno di presentazioni. A fine ottobre, a Rimini, si è tenuto Ecomondo, meno noto al grande pubblico: è l’evento di riferimento in Europa per la transizione ecologica e l’economia circolare.  Ma soprattutto manifestazione che organizza al suo interno gli Stati Generali della Green Economy.

Cosa abbia a che fare questo con la manutenzione lo vediamo più avanti.

L’argomento che più ci riguarda presso gli Stati Generali è la sessione sulla Economia Circolare, e nello specifico la situazione delle risorse.

Stefano Leoni (Circular Economy Network), nella relazione introduttiva, ha evidenziato come in Italia, nel 2019, c’è stato un input fra produzione e consumo di 637 Mt di materiali, dei quali 316 Mt importati, 152 Mt esportati e 484 consumati internamente.

Di questi 484 Mt consumati, circa 180 Mt sono diventati rifiuti, dei quali 125 Mt sono andati al recupero di materia e 55 Mt (poco più del 10%) sono andati allo smaltimento o in recupero energetico. Il nostro indice di circolarità è stato del 19%, ma l’impronta ecologica risultante è stata di 2,7 volte la superficie del nostro paese.

In parole povere, nel corso del 2019, per soddisfare il nostro modello di produzione e consumo senza intaccare il capitale naturale avremmo dovuto disporre di una superficie grande ben 2,7 volte l’Italia. Il deficit ambientale italiano va poi ad alimentare quello mondiale, che nello stesso anno, per essere in equilibrio, richiese una superficie pari a 1,7 volte quella della terra: stiamo vivendo alle spalle delle future generazioni.

Dei 484 Mt consumati, una quota di circa 270 Mt rappresentano materiali durevoli che non sono diventati rifiuti e sono stoccati nei beni presenti nel mercato ancora in fase di utilizzo.

Questo significa che ogni 4 anni accumuliamo nel mercato più di 1 Gt di materiali durevoli, che potrebbero diventare le miniere di approvvigionamento per il futuro, considerando il nostro ruolo di paese trasformatore e povero di risorse naturali.

La conversione verso la circolarità è dunque una via obbligata per un’economia manufatturiera come quella italiana, che permetterebbe fra l’altro di coniugare vantaggi ambientali, economici e sociali.

La Commissione Europea ha da tempo una propria strategia sull’economia circolare che nel 2020 è divenuta uno dei pilastri del Green Deal, il piano che al fine di contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici impegna l’UE a raggiungere la neutralità carbonica nel 2050.

I governi si stanno impegnando ad accelerare la transizione verso un modello di crescita rigenerativo che  restituisca al pianeta più di quanto prenda. Ciò comporta la creazione di prodotti e servizi sostenibili, agendo sui consumatori e aiutando economicamente le imprese che intraprendono questo percorso.

Analizzando le strategie previste per i prodotti sostenibili, osserviamo l’impatto che possono avere in progettazione e in gran parte anche nella manutenzione, ci riferiamo a:

  • Maggiore durata, riutilizzabilità e riparabilità dei prodotti
  • Aumento del contenuto riciclato nei prodotti
  • Possibilità di ri-fabbricazione e di riciclaggio di elevata qualità
  • Limitazione dei prodotti monouso e lotta alla obsolescenza prematura
  • Introduzione del divieto di distruggere i beni durevoli non venduti

Ciò comporterà inevitabilmente modifiche e miglioramenti ai processi produttivi. Possiamo solo immaginare quale impatto avranno queste strategie sui fabbisogni di manutenzione e in particolare sugli interventi di ammodernamento degli impianti per garantirne la rispondenza ai nuovi requisiti.

La manutenzione, come abbiamo visto nello scorso numero della rubrica, ha un ruolo centrale anche nel riutilizzo dei rifiuti RAEE, parte importante delle cosiddette Miniere Urbane.

Non tanto, però, la manutenzione come servizio aziendale dedicato al mantenimento in efficienza degli impianti e al contenimento dei loro costi di gestione (il cd Asset Management), ma la Manutenzione come principio guida per affrontare le strategie di riuso e di recupero dei materiali.

Per dar vita a queste strategie di recupero, nelle imprese più grandi, si dovrebbero affiancare i servizi di manutenzione con delle imprese di utilità sociale dedicate al recupero, come già avviene in alcune grandi isole ecologiche. Potrebbero diventare delle Isole Verdi o “Smart” con il duplice compito di agire per il recupero e di creare la cultura e la consapevolezza su questi temi così importanti per la riduzione del consumo di risorse.

Sarebbe una palestra invidiabile per i giovani tecnici che avrebbero la possibilità di conoscere e praticare le tecnologie sottostanti in componenti non direttamente impiegati in contesti produttivi.

Ancora una volta penso al metodo montessoriano seguito da numerosi makerspace dove i giovani sono stimolati a far emergere l’ingegno, lo spirito di adattamento e di gruppo, quel “paciugamento” che facilita l’apprendimento durante il fare, complementare all’apprendimento scolastico.

Non vi è dubbio che il difficile percorso di transizione ecologica che sta seguendo il governo nell’ambito del più generale Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), passa anche per umili attività quotidiane che possono fare la differenza sia nella mentalità delle aziende sia in quella dei cittadini nella loro veste di consumatori. Attività quotidiane che richiedono competenze specifiche per essere eseguite. Appare facile parlare di decarbonizzazione, efficientamento energetico, sostenibilità ambientale, se poi non si dedica impegno nella  formazione e nell’adeguamento degli operatori ai nuovi compiti che ci attendono.

Anche il sindacato è mobilitato su questo tema, agli Stati Generali, Gianna Fracassi (CGIL) ha evidenziato l’importanza della formazione continua e straordinaria (per i settori decotti) e di una formazione permanente dei tecnici, come già avviene per i professionisti. Considerando anche l’impatto della digitalizzazione sul lavoro.

A ciò si aggiunge la formazione scolastica e la programmazione didattica degli Istituti Tecnici che sono centrali verso qualsiasi tipo di innovazione industriale ed in particolare per sostenere le transizioni necessarie a promuovere l’Economia Circolare.

Parole come riciclo, riuso e ammodernamento diventeranno sempre più diffuse nel nostro paese e con esse la cultura manutentiva che sottendono.

Maurizio Cattaneo Amministratore, Global Service & Maintenance